Cinque città al centrodestra, una sola al centrosinistra, più Terni dove vince un civico di area. Per Pd e alleati pesano le sconfitte di Ancona, Brindisi e di tutti e tre i capoluoghi toscani al ballottaggio, Pisa, Siena e Massa. Cinque fa erano state conquistate dal centrodestra, e questa volta Elly Schlein aveva fatto di tutto per recuperarle.

E invece niente. Se Massa era considerata persa (54,4% contro 45,6%), e Pisa era molto complicata visto che il leghista Michele Conti aveva sfiorato la vittoria già due settimane fa (è finita 52,3% contro 47,7%), Siena è stata una botta pesante. Al primo turno Anna Ferretti del Pd e Nicoletta Fabio avevano chiuso in parità attorno al 30%. Ma al ballottaggio la candidata della destra si è imposta 52,2% a 47,8%.

Grande impegno di Schlein anche ad Ancona, dove aveva chiuso la campagna venerdì a fianco di Ida Simonella, erede della sindaca Valeria Mancinelli, battuta nel voto da Daniele Silvetti 51,7 contro 48,3%. Debacle anche a Brindisi, dove i dem avevano scelto il candidato voluto da Giuseppe Conte, Roberto Fusco, scaricando il sindaco uscente dei Verdi Roberto Rossi. Nelle ultime due settimane i tentativi di ricomporre il campo progressista erano andati male. E gli elettori hanno dato il colpo di grazia: 54% per il candidato di Forza Italia Pino Marchionna, 46% per Fusco.

Unica consolazione a Vicenza, dove il trentenne dem Giacomo Possamai vince per 500 voti sul sindaco uscente della Lega Roberto Fusco (50,5% contro 49,5%). Ma è una vittoria dal profilo civico, e Possamai era l’unico candidato che non aveva voluto big nazionali al suo fianco. E nella sua coalizione aveva imbarcato ben due assessori di centrodestra in rotta con Fusco.

Insomma, un successo dal sapore tutto vicentino, che non lenisce le ferite. Il bilancio dei due turni è pesantissimo. Cinque anni fa era finita 8 a 5 per il centrodestra. Questa volta Meloni e soci vincono 10 a 3, compresa Terni dove Pd e M5S (divisi) non sono neppure arrivati al ballottaggio, e il patron della Ternana Stefano Bandecchi ha vinto contro un ex assessore del centrodestra, Orlando Masselli (54,6% contro( 45,4%).

Pessime notizie anche dalla Sicilia, dove le destre vincono con un enorme distacco a Catania, contro una coalizione che vedeva insieme Pd e M5S. Un fronte giallorosso che va male anche a Siracusa, dove Renata Giunta è fuori dal ballottaggio.

In casca Pd è una giornata nera. La debacle nelle città arriva insieme alla crisi del governo spagnolo di Pedro Sanchez, per Schlein più che un punto di riferimento. La leader Pd convoca una riunione della segreteria che dura oltre cinque ore. Poi si concede ai microfoni per ammettere la «sconfitta netta». «Il vento a favore delle destre è ancora forte. Sapevano che sarebbe stata difficile, ci vuole tempo per costruire un centrosinistra vincente. Il fatto che il Pd sia il primo partito nel voto di lista non è una consolazione». Schlein manda messaggi fuori e dentro il partito. A chi è pronto ad aprire il fuoco amico spiega che «non si ricostruisce e non si cambia in due mesi e non passa mai da singole persone».

Ai potenziali alleati, a partire dal M5S, dice che «è evidente che da soli non si vince. C’è da ricostruire un campo alternativo, che credibilmente contenda alla destra la vittoria. Ma la responsabilità di costruirlo non riguarda solo il Pd». Il concetto è chiarissimo: «La destra è divisa su tanti temi ma quantomeno, quando si tratta di andare al voto, si presenta unita anche nei luoghi dove al primo turno era andata separata». Dall’altra parte invece non si è riusciti neppure fare intese per i ballottaggi, ad Ancona e Brindisi soprattutto. E Conte ha rifiutato comizi comuni anche dove l’alleanza c’era. «Noi continueremo a rimboccarci le maniche…», dice.

«Nessuno pensa di fare una traversata del deserto in poche settimane, o di arrendersi alla prima difficoltà», aggiunge il responsabile, enti locali Davide Baruffi, vicinissimo a Bonaccini. Simona Malpezzi, della minoranza interna, chiede subito «una riflessione». Che significa mettere in discussione la linea della segreteria. «Non è cambiato il vento rispetto a settembre», dice Andrea Orlando e parla dell’esigenza di «ricostruire il partito».

Ma tra chi è vicino alla leader si ricorda che «nessuno di questi candidati era stato scelto da Elly, è assurdo dare a lei le colpe della sconfitta». Sinistra e Verdi colgono la palla al balzo: «Non basta una coalizione , serve un progetto alterntaivo per il paese che recuperi il voto degli astenuti». Un numero altissimo, domenica e lunedì ha votato il 49% contro il 58% di due settimane fa.

A destra è festa grande. Salvini ironizza sull’«ottimo effetto Schlein», Meloni parla di «un risultato che ci incoraggia ad andare avanti e a fare ancora meglio». E aggiunge: «Abbiamo ottenuto qualche vittoria che potrebbe definirsi storica come ad Ancona: non esistono più le roccaforti». Tajani esulta per i candidati di Fi ad Ancona e Brindisi e dedica la vittoria a Berlusconi.

ANDREA CARUGATI

da il manifesto.it

foto: screenshot tv ed elaborazione propria