La propaganda del Presidente del Consiglio in vista del referendum sulla “deforma costituzionale” sta diventando davvero fastidiosa soprattutto perché stravolge la memoria storica del Paese dipinto come se , nel passato, fosse stato una repubblica di rissosi caudillos sempre pronti al golpe in una ridda di pseudo – governanti capaci soltanto di sollevare polveroni.
Senza alcuna volontà di descrivere tempi passati come quelli dove “si stava meglio quando si stava peggio” e senza entrare nel merito di tante questioni che dovrebbero essere approfondite sul piano storico e politico (ma ci sono tanti testi validi) dal tema della ricostruzione post – bellica, dallo sviluppo economico all’epoca del boom, alla programmazione, alla stagione dei diritti, alla capacità di modernizzazione del paese dotandolo di infrastrutture e tecnologie adeguate alla modernità – da un lato – e dall’assenza di alternanza, alla crescita del debito pubblico (a partire dagli anni’80), al terrorismo, allo squilibrio nord – sud – dall’altro – vale la pena ricordare alcune cose, poste in riferimento al tema della governabilità e della proposta di limitazione a due mandati per il presidente del consiglio (del quale, è bene ricordarlo, nell’Italikum non è prevista l’elezione diretta : soltanto per questo motivo la proposta è appunto pura e fastidiosa propaganda).
Stendiamo un velo pietoso sul binomio clientelismo /corruzione, elevatosi all’ennesima potenza in particolare negli Enti Locali e nelle Regioni (che dovrebbero rappresentare i luoghi d’origine dei futuri senatori) dal tempo dell’elezione diretta in avanti: quando cioè l’attività degli enti ha subito una gigantesca forzatura in direzione della rielezione dei vari “clan” arrivati al potere, naturalmente lasciando concesse alle opposizioni la facoltà di accedere a spese incontrollate per i gruppi.
Anche in questo caso la magistratura sta esercitando una funzione di supplenza, come avvenuto in tante altre vicende accomunanti le varie fasi di vita repubblicana.
Sicuramente in crescita, durante gli anni della “governabilità maggioritaria” il peso della presenza della criminalità organizzata nell’economia, a tutti i livelli con una forte espansione dal punto di vista geografico dal Sud verso il Nord.
Così come agli anni della “governabilità maggioritaria” vanno assegnati gli elementi di subalternità all’Europa dei banchieri che oggi Renzi racconta di voler rovesciare: non si capisce con quali mezzo, stante la firma dei trattati avvenuta a suo tempo.
I temi da ricordare sono semplicemente questi: nei 42 anni della proporzionale (sistema Hare corretto) l’Italia ha sempre disposto di un partito centrale nel sistema ,la DC, e ha visto alternarsi sostanzialmente tre formule di governo; il centrismo dal 1948 al 1960; il centrosinistra in varie forme dal 1960 al 1981, il pentapartito dal 1981 al 1992 salvo due brevi intervalli di solidarietà nazionale piena tra il 1945 e il 1947 e di solidarietà nazionale “spuria” (monocolore DC con appoggi esterni, in precedenza “governo delle astensioni” poi maggioranza vera e propria) tra il 1976 e il 1978.
Anche il numero dei presidenti del consiglio è stato molto limitato e nessuno ha superato le due legislature piene di mandato, pur magari formando un numero elevato di dicasteri: lo stesso De Gasperi è stato presidente del consiglio dal 1945 al 1953 (otto anni, periodo inferiore ai 10 del doppio mandato previsto da Renzi).
Certo sarebbe facile ironizzare sul modificarsi nell’assegnazione dei ministeri, in seguito a crisi dovute a convulsioni interne soprattutto al partito di maggioranza relativa,e sull’applicazione del manuale Cencelli (tuttora di grande attualità, come abbiamo visto, ad esempio,nel meccanismo di assegnazione del Ministero degli esteri in tempi molto recenti) ma questo fatto non può essere considerato come fattore d’instabilità endemica non essendo mai mutata la collocazione internazionale del Paese e il suo assetto economico di fondo basato sull’economia mista (piuttosto c’è da pensare, adesso come adesso, all’assoluta sudditanza verso gli industriali, dopo che il patrimonio produttivo è stato disperso e le privatizzazioni occasione di sperpero e di malversazioni di vario genere: un altro capolavoro della “governabilità maggioritaria”: Come le leggi “ad personam” introdotte dal centrodestra ma sicuramente non cancellate da centrosinistra, tecnici e larghe intese).
Anche nella fase del maggioritario (1994- 2005) imperniato sul “Mattarellum” nessuno è riuscito a sviluppare due mandati pieni, così come nel periodo del Porcellum.
Anzi si realizzò una forma di alternanza e anche un passaggio fugace di bipolarismo (molto complesso) e hanno governato tutti da Democrazia Proletaria a Ordine Nuovo (quello di Rauti, beninteso).
Non c’è stato nessun ventennio berlusconiano (se poi gli altri hanno deciso di adeguarsi al modello personalistico – televisivo lanciato dal Cav è stata questione di scelta e non di imposizione: si può benissimo remare controcorrente anche se non è facile).
Nella sostanza, negli anni tra il 1994 e il 2016 hanno governato: il centro destra i primi sei mesi del 1994, poi dal 2001 al 2006 e dal 2008 al 2011; il centrosinistra dal 1996 al 2001 (tre presidenti del consiglio) e dal 2006 al 2008; governo Dini appoggiato da Lega e PDS dal 1995 al 1996 (marzo); governo Monti, tecnici con appoggio trasversale dal 2011 al 2013 (febbraio), governo Letta (solidarietà nazionale?) dal 2013 al 2014; governo Renzi (formula ibrida, uscito dal cervello di Giove senza nessuna legittimazione elettorale) dal 2014 ad oggi.
Il punto vero di questa vicenda è stato rappresentato dalla subalternità culturale del PDS-DS-PD verso la destra: è stato questo il vero – deleterio – consociativismo degli anni 2000 e che oggi si perpetua e si esalta nel cosiddetto “renzismo” e nelle sue propaggini locali che l’elettorato residuo sembra aver imparato a rifiutare.
Nel frattempo la legge elettorale del 1993 è stata sostituita dalla legge elettorale del 2005 che ha introdotto nel nostro sistema due “pilastri” di illegalità: abnorme premio di maggioranza e deputati nominati.
“Pilastri di illegalità” che si tende a perpetuare nel nuovo sistema elettorale, nonostante che una sentenza della Corte Costituzionale (caso unico a livello europeo e oltre) avesse dichiarata illegittima gran parte della legge elettorale precedente, smantellandone l’impianto.
Il nodo di fondo del periodo del proporzionale fu rappresentato, sicuramente, dalla “conventio ad excludendum” verso il PCI, causa nel tempo del consociativismo ma c’è da interrogarsi (vista la non perfettibilità dei sistemi) se è da preferire un sistema come quello disegnato dal combinato disposto Senato di nuovo conio composto da fiducia da parte di un solo ramo e Camera eletta con l’Italikum il cui esito apre la strada a una legittimazione di regime (premio di maggioranza, nominati, ecc) al consociativismo parlamentare di quell’epoca.
Va posto un quesito di fondo: governabilità che rischia di consegnare il Paese a una maggioranza parlamentare che in realtà è netta minoranza nel Paese e che si muove sul terreno dell’esclusione degli altri (abbiamo visto cosa è accaduto nel corso di questi anni) e della loro possibilità di rappresentanza oppure la Repubblica parlamentare disegnata dalla Costituzione?
Questo è l’interrogativo, ricordando ancora in conclusione come in quegli anni la partecipazione al voto superasse (dal 1948 al 1983) il 90°% degli iscritti alle liste e oggi ci si attesti tra il 50% e il 60% (ci rifiutiamo di considerare questa vera e propria debacle come un “allineamento alle democrazie occidentali”).
Non era eccessivo neppure il numero dei partiti: tra il 1946 e il 1987 7-8 soggetti di dimensione nazionale, presenti in quella dimensione anche a livello locale: altro che le 17 liste “mascherate” presenti in molti Comuni nell’attualità.
Il rischio è quello di consegnare a una governabilità ottenuta a tavolino un paese completamente sfiduciato ed estraneo, pronto a subire qualsiasi avventura che il ballottaggio (non secondo turno) potrebbe proporre.
FRANCO ASTENGO
redazionale
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