«Solo una piccola parte di lavoratori stranieri che entrano in Italia grazie al decreto flussi riesce a stabilizzare la propria posizione lavorativa e giuridica». A dirlo è il nuovo dossier «La lotteria dell’ingresso per lavoro in Italia: i veri numeri del decreto flussi» realizzato dalla campagna «Ero straniero» e presentato ieri al Senato.
Lo studio, relativo agli anni 2022 e 2023, fa luce sull’inefficacia del decreto nei passaggi successivi al cosiddetto “click day”, il giorno della presentazione delle domande di nulla osta da parte del datore di lavoro o del lavoratore straniero che intende fare ingresso in Italia per lavoro autonomo.
I numeri degli ultimi click day di dicembre in cui sono state inoltrate 600.000 domande a fronte di 136.000 quote di ingresso disponibili, confermano ancora una volta l’unica certezza legata al decreto flussi: il numero di quote di ingresso disponibili è nettamente inferiore alle domande di lavoratori e datori.
Ma dopo l’ottenimento del nulla osta cosa succede? Il dato più rilevante analizzato nel dossier riguarda il rapporto tra le quote stabilite e i contratti di soggiorno effettivamente sottoscritti, con conseguente rilascio del permesso di soggiorno. Nel 2022 solo il 30% di chi è entrato in Italia con decreto flussi all’interno del canale stagionale (quello più utilizzato dal sistema) ha stabilizzato la propria posizione lavorativa, con 12.708 contratti di soggiorno realmente emanati a fronte di 42.000 ingressi stabiliti dalle quote, e del 26% per i lavoratori non stagionali, con solo 5.243 contratti su 20.000 quote.
Ciò vuol dire che solo un terzo di lavoratori che entrano in Italia riesce a stabilizzare la propria posizione lavorativa e avere i documenti, mentre la maggior parte, impiegata dalle aziende col solo nulla osta, una volta terminato tale impiego, è destinata ad una condizione di irregolarità e precarietà. Interessante è notare che rispetto alla distribuzione territoriale di quote, nulla osta rilasciati e contratti sottoscritti, emerge una netta differenza da regione a regione con una maggiore efficacia della procedura nelle province del nord.
Nel 2022 il tasso di conversione di nulla osta in contratti di soggiorno nelle regioni del nord Italia è, infatti, più del doppio di quello delle regioni del sud. Il che potrebbe essere legato ad un ricorso maggiore, nel mezzogiorno, all’uso strumentale dell’ingresso legale per fini di lavoro nero o di sfruttamento.
Ma facciamo un passo indietro. Già nel primo passaggio previsto dal sistema flussi, ovvero nella trasformazione della domanda in nulla osta, l’apparato si inceppa: un numero consistente di domande esaminate non arriva al rilascio del nulla osta. Quelli rilasciati, infatti, sono inferiori ai posti disponibili, il che si traduce in migliaia di posti di lavoro perduti. Tra chi riceve il nulla osta, invece, una parte di lavoratori non fa ingresso in Italia ampliando ancora di più il numero di posti di lavoro e ingressi regolati persi.
Grazie al dossier e alla luce degli interventi normativi degli ultimi due anni sulla gestione degli ingressi per lavoro attraverso il decreto flussi, attuati soprattutto per velocizzare l’iter amministrativo, sembrerebbe che l’unico vero risultato ottenuto dal governo sia stato quello di soddisfare la richiesta di manodopera immediata, senza curarsi delle conseguenze di una mancata finalizzazione della procedura. Questo ha aumentato il rischio di precarietà e irregolarità per i lavoratori migranti.
Per questo «Ero straniero» ha proposto l’introduzione di percorsi d’ingresso diversificati: l’assunzione diretta da parte del datore di lavoro fuori dalle quote previste dal governo, un permesso di soggiorno per ricerca di lavoro con la garanzia di uno sponsor e uno attraverso garanzie minime di sostentamento. Ha chiesto, inoltre, l’introduzione di meccanismi di regolarizzazione su base individuale, tramite contratto di lavoro o per radicamento sociale.
LIDIA GINESTRA GIUFFRIDA
foto: screenshot