Ci sono persone che, con il loro agire politico, spingendosi oltre ogni aspettativa di eccesso, riescono a produrre così vasti campi di opposizione da essere apparentemente soli nella lotta, così da esprimere con la migliore delle interpretazioni il ruolo vittimistico che ad un certo punto gli compete per onorato servizio alla causa dell’ipocrisia.
Queste persone vanno in un salotto televisivo, siedono su comode poltrone, e si atteggiano più e più volte ad esemplificatori del linguaggio comunemente usato in una campagna referendaria, fatto a volte di troppi tecnicismi, ma comunque lasciato alla libera interpretazione dell’elettorato.
Queste persone vanno in un salotto televisivo, siedono sempre e ancora su comode poltrone, e dopo aver esemplificato quanto appena sopra scritto e detto, si atteggiano ad interpreti: non di una lingua parlata ma degli altrui pensieri. Li adoperano come controesempi, ne fanno una mistificazione dai sapori personalistici e provano a denigrare l’avversario scavando nel suo passato, dimostrando quanto tengono al rispetto non soltanto delle regole comuni di confronto libero ed uguale, ma quanto sta loro a cuore la buona fede delle argomentazioni.
Machiavellici è un eufemismo per definire chi, da postazioni di grande importanza istituzionale, ce la mette tutta per incrociare la telecamera e rivolgersi paternalmente ai cittadini, dicendo loro di non farsi ingannare da quegli esponenti brutti, sporchi e cattivi del NO: loro sono degli ingannatori, vogliono turlupinare il prossimo e agiscono solo in contrasto ad una sola persona.
Sembra di risentire vecchie pseudo argomentazioni usate da un cavaliere nero d’Arcore che straparlava di complotti totali contro di lui fatti da tutti i poteri dello Stato e sempre, sempre, sempre dai comunisti. Che faceva finta di vedere ovunque. Così come oggi si vedono ovunque conservatori, persone che non vogliono “cambiare” niente.
Ma i concetti sono sempre parole eteree, vuote, prive di significato se non li si riempie di contenuti pratici, di attinenze con la realtà, di espressioni concretamente verificabili qui ed ora, nell’immediato del quotidiano.
Ma le parole vuote riempiono lo studio e vengono ripetute come nel rosario si ripetono, sgranandoli, i misteri dolorosi e le litanie delle tante preci che li anticipano e li seguono.
Ma forse iddio è più pietoso, accetta quella preghiere lamentose e se ne fa una ragione.
Noi, sinceramente, non possiamo assistere a due ore di propaganda referendaria fondata su una così evidente demagogia del vuoto da essere riempita con la ossessiva voglia di comunicare ai cittadini ciò che si pensa faccia più breccia nella abbastanza diffusa disinformazione regnante, quella che poi alla fine attribuisce solo al costo della democrazia le disgrazie peggiori di una Italia in balia di eventi troppo grandi per essere gestiti con le regole della Costituzione. Bisogna cambiarle, renderle uniformi ai voleri delle grandi banche, degli speculatori finanziari e dell’Unione Europea che, a gran voce, richiede un semplificazionismo, meno parole e più fatti.
E questo richiama alla mente periodi bui della storia d’Italia, quando per avere meno parole e più fatti il Parlamento venne relegato a mero esecutore degli ordini del “Capo”, del “Conducator”. Dell’uomo solo al comando con dietro un re piccolo, piccolo e non per statura fisica ma per capacità di esercizio del proprio alto ruolo.
La menzogna, elevata a dinamica motrice delle argomentazioni vuote, spinge un comunista come me a concordare naturalmente con gli esponenti della sinistra che sostenevano le ragioni del NO nello studio di Rai Uno, ma ad essere curiosamente in sintonia con chi di sinistra proprio non è mai stato, anzi è stato dichiaratamente fascista (e secondo me lo è ancora, anche se mascheratamente, dietro un perbenismo borghese di facciata liberale e di comportamento sociale) e, oggi, fa una battaglia per una Costituzione nata dall’antifascismo.
Già questa è una vittoria del fronte del NO: obbligare i fascisti ad essere fedeli ad una Costituzione che era fumo negli occhi per i nostalgici di Mussolini e della sua repubblichina governata dai tedeschi.
Chi per aumentare il potere contrattuale dopo il voto e la vittoria del NO; chi per mantenere una coerenza di opposizione nei confronti di un governo promotore, attore e autore di una controriforma che sovverte la Repubblica; chi per spirito di necessaria contrapposizione per affermarsi come soggetto politico di una rivoluzione tutta fondata su un concetto banale ma molto poco reale e realmente praticato (l’onestà). E chi, come noi, di sinistra e comunisti pensa che questo NO debba essere sociale e debba riguardare la difesa di una Carta che protegge certi diritti fondamentali tanto nella sua seconda quanto nella sua prima parte e che l’una senza l’altra sono monche, prive di progetto complessivo, prive di una prospettiva che in settant’anni di vita repubblicana ha preservato l’Italia da tutta una serie di avventure e salti nel buio che altrimenti sarebbero stati fatti con estrema disinvoltura.
Io, comunista, giacobino e illuminista (permettetemi d’etichettarmi e definirmi; tralascio altre importante esclusive etichette perché ci vorrebbe un altro editoriale per spiegarle compiutamente), sono costretto dalla banale e vacua demagogia governativa a trovare argomentazioni comuni con una fascista che mi ha fatto anche ridere, benevolmente, ieri sera davanti alla televisione:
Trasposizione a memoria di un breve scambio di battute da poltrone opposte:
“Se non si fosse fatto il Jobs act, se non si fosse fatta la “Buona scuola”, non ci troveremmo nelle condizioni di disagio sociale in cui siamo oggi. Al premier piace fare l’antieuropeo oggi. Si è scoperto populista perché siamo in campagna referendaria e così va bene contrastare Bruxelles dopo aver votato, come PD, per 148 volte su 148 a favore di tutte le proposte della Commissione europea in sede di Europarlamento”.
“Davanti al bel libro dei sogni esposto, ricordo che la situazione è tragica e che questa riforma è l’unica possibilità di cambiamento che abbiamo e che, bocciata questa, per altri trent’anni non ne avremo un’altra. Un’altra che abolisce spese inutili, che taglia i costi del Senato, che semplifica la legislazione e gli iter burocratici.”.
“A me non sembra che i sogni siano sempre irragiugibili. Se poi dobbiamo prenderci per forza questo schifo (la controriforma costituzionale, ndr.) perché i sogni sono impossibili, a detta sua, allora prendiamoci lo schifo.”.
Con una parola di verità, una sola, mi ha fatto ridere. Almeno le due ore e mezza davanti a Rai Uno non sono state poi del tutto sprecate.
MARCO SFERINI
24 novembre 2016
foto tratta da Pixabay