L’ennesima giornata di passione vissuta a Melendugno inizia alle prime luci del giorno. Quando un imponente spiegamento di forze dell’ordine arriva al cantiere dei lavori, sospesi per due giorni, scortando i camion della ditta incaricata dal consorzio Tat di espiantare i 211 ulivi nell’area in cui dovrà arrivare il microtunnel del gasdotto (sino ad ora sono già 183 quelli sradicati), una conduttura sotterranea lunga circa un chilometro e mezzo, destinata a connettersi con il tratto sottomarino del tubo ad una distanza di circa 800 metri dalla costa.
Una ripresa dei lavori di cui la società aveva avvisato la prefettura di Lecce soltanto nella tarda serata di venerdì, ottenendo il via libera dalla questura, cogliendo di sorpresa i manifestanti, in presidio continuo all’esterno del cantiere. Una rottura di una tregua che secondo gli umori degli ultimi giorni sarebbe dovuta durare almeno sino a domani.
Così, alle nove del mattino, con i lavori iniziati da alcune ore e altri 30 ulivi espiantati (diciannove piante cui se ne aggiungono altre undici parcheggiate negli spazi della società di vigilanza Almaroma), in centinaia arrivano dalla campagna per bloccare l’uscita del cantiere e al tempo stesso per impedire ad alcuni camion già usciti su strada, di raggiungere l’area della Masseria del Capitano, ceduta da un privato alla società Tap, dove le piante vengono messe in mora e custodite in attesa di essere reimpiantate nell’area del cantiere a lavori ultimati. Il blocco maggiore viene effettuato proprio all’esterno dell’area dove vengono «parcheggiati» gli ulivi. La tensione è altissima: anche perché questa volta il blocco di persone che si frappone ai camion è costituito soprattutto da donne, bambini, anziani. Gente di Melendugno e dei paesi limitrofi accorsi per dar manforte ai manifestanti e ai tanti sindaci presenti sul luogo e in prima fila, in tutto una quindicina, primo tra tutti Marco Potì, primo cittadino di Melendugno.
A quel punto l’obiettivo diventa quello di trovare una mediazione evitando altre tensioni: inizia così un lungo dialogo telefonico tra il sindaco di Melendugno, il prefetto di Lecce Claudio Palomba, la questura e il ministero degli interni. Dopo un paio di ore, viene deciso che i quattro camion rimasti bloccati su strada, faranno ritorno con il loro carico di ulivi all’interno del cantiere: altri sei camion pronti a partire a quel punto sono rimasti fermi. Al netto di quelli già espiantati e ancora da portare alla Masseria del Capitano (in tutto 25 piante) sono soltanto 18 gli ulivi ancora da sradicare per rendere operativo il progetto. Una decisione salutata con giubilo dai manifestanti, che però appare più una vittoria simbolica che altro. Non fosse altro perché l’accordo raggiunto tra le istituzioni, garantiva una tregua valida soltanto per la giornata di sabato. Già da questa mattina infatti, o al più tardi lunedì, i lavori potrebbero ripartire.
Intanto, in attesa di capire quel che accadrà, i sindaci del territorio salentino hanno realizzato un appello da far sottoscrivere a tutti i cittadini, indirizzato al presidente della Repubblica, al presidente del Consiglio ed al governatore Michele Emiliano. Nell’appello, oltre ad evidenziare ancora una volta la totale contrarietà al progetto che se realizzato «determinerà una violenta ed irreversibile ferita ad un territorio unico», si chiede la convocazione urgente di un incontro tecnico-politico «propedeutico all’avvio di un’attività di ricerca di soluzioni più avanzate». In attesa dell’assemblea pubblica di questa sera nella centralissima piazza Sant’Oronzo a Lecce.
GIANMARIO LEONE
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