La aspettavamo da tempo la data per i due referendum promossi dalla CGIL per abrogare i voucher e le limitazioni sulle responsabilità solidale negli appalti. Ora questa data c’è: è il 28 maggio 2017 e inizia, dunque, una nuova lotta sociale per ridare un po’ più di dignità al lavoro.
E’ evidente che, indicendo i due referendum, il governo ha rifiutato la proposta di Susanna Camusso su quell’unica mediazione possibile che avrebbe potuto evitare lo svolgimento della nuova tornata elettorale: la consegna dei voucher soltanto ai nuclei famigliari, a studenti, pensionati e disoccupati di lunga durata per prestazioni occasionali e accessorie, solo in quel caso, sotto controllo dell’INPS (eliminando la distribuzione nelle tabaccherie), allora una possibilità di evitare il referendum c’era. Si sarebbe forse arrivati alla cancellazione di una forma di impiego che ha reso la precarietà ancora più precaria di quel che si era dimostrata essere e si è diffusa così tanto da diventare un vero e proprio “non-contratto” alternativo di lavoro.
Con tutta evidenza il governo terrà la posizione opposta rispetto a quella formulata dalla CGIL: quindi riaffermerà l’attuale assetto distributivo dei voucher, il loro utilizzo così come oggi avviene.
Il ministro Poletti afferma di voler accelerare una nuova normativa sui voucher per evitare proprio la consultazione referendaria ma questa sarà evitabile solamente se l’esecutivo recepirà interamente il merito del quesito proposto dalla CGIL: cancellare definitivamente i voucher dallo schema contrattuale del mercato del lavoro. La cosa sembra francamente molto improbabile.
Si è sempre parlato di “abuso” dei voucher, ma in realtà l’utilizzo che ne è stato fatto fino ad oggi è rientrato perfettamente nella legalità: almeno per quanto riguarda le aziende che, ben disposte ad uno sfruttamento maggiore della forza lavoro, hanno semplicemente adeguato le normative contrattuali e hanno utilizzato il pagamento in voucher così come previsto.
Un abuso si può sanzionare, un utilizzo legale no. Quindi l’unico strumento per poter mettere fine a questo nuovo, ennesimo comportamento schiavistico fondato sui “mini-ticket” è il referendum.
E’ probabile che il governo abbia valutato questa partita referendaria come già vinta dal fronte del “no”: forse per stanchezza popolare, del recarsi sempre alle urne per arginare i danni che può fare un esecutivo liberista; forse perché su questo tema la retorica renziana avrà gioco (facile è tutto da vedersi…) nell’esprimersi con frasi altisonanti sul Paese che deve rilanciare l’economia, che non può regredire, che ormai siamo quasi “fuori dalla crisi”… E così via…
Tutto l’armamentario di eloquenza, volto a dimostrare che chi vuole abolire i voucher e dare maggiori garanzie ai lavoratori e alle lavoratrici mediante un maggior controllo da parte delle imprese nel variegato, vasto e nebuloso mondo degli appalti è un ferrovecchio del passato, sarà riproposto nelle assemblee pubbliche e su ogni televisione dagli esponenti del governo.
Sarebbe già un passo in avanti se chi ha condiviso fino ad oggi le politiche del PD, per smarcarsene e fondare nuovi movimenti, oppure chi anela a ricostruire – anche con un dialogo aperto con Renzi stesso – un nuovo centrosinistra, si facesse portavoce delle giuste istanze rivendicate dal sindacato e appoggiasse senza riserva alcuna i referendum.
Non stiamo parlando della solita galassia sindacale autonoma, ma del più grande sindacato italiano: un fronte tra PD e CGIL su questo terreno si è quanto meno incrinato.
I comunisti e la sinistra di alternativa devono stare dentro questa incrinatura, allargarla maggiormente per rendere visibile a tutte e tutti la distanza siderale che c’è tra l’apparire di sinistra (il PD) e l’essere di sinistra (si spera tutte le forze che non si riconoscono più, con differenti livelli di critica, nel progetto dell’ex sindaco di Firenze.
Quanto i referendum siano funzionali anche ad un riallineamento delle sinistre variegate e divise è molto difficile da dire. Ma, certamente, non sono un ostacolo: sono un’occasione di dialogo tra posizioni molto lontane. Da Rifondazione Comunista fino ad Articolo 1 – Movimento Democratici e Progressisti, passando per le associazioni che avevano fondato e diretto il Comitato per il “no” al referendum costituzionale: ANPI, ARCI, associazioni culturali magari del diritto del lavoro, quindi singoli giuslavoristi.
Si deve ricostruire nei territori quella tensione politica, associativa, morale e civica, quindi sociale, che si era creata nei mesi precedenti al referendum che voleva stravolgere la Costituzione.
E’ stata una grande vittoria, veramente enorme. E il PD renziano ancora oggi ne porta i postumi. Ed è giusto e sacrosanto che sia così.
Replicare una vittoria di tale portata è possibile se la maggioranza delle persone comprenderà che da una parte c’è sempre Renzi, il governo che ne è in qualche modo emanazione diretta, il PD, Confindustria e tutto il padronato italiano. Non è detto che non arrivi anche qualche voce europea a dettare la linea agli italiani: naturalmente per il loro bene. Il loro: quello delle grandi banche, dei grandi interessi economici, del grande capitale nazionale ed internazionale.
Facciamogli del male a tutti questi protettori del privilegio: facciamoli soffrire con milioni di SI’ ai due referendum della CGIL. Quei referendum non sono più soltanto della CGIL, sono di tutte e tutti noi che viviamo nella precarietà, nella disoccupazione e nell’indigenza costante. Sono di tutti i precari, di tutti i senza lavoro. Anche dei pensionati: perché se starà meglio il figlio potrà magari vivere meglio anche il padre.
Il presente condiziona il passato: c’è immanenza, c’è influenza reciproca e deve esserci un legame tra tutti gli interessi dei ceti più poveri e deboli, tra tutti gli sfruttati.
Non bisogna avere timore di dirsi sfruttati se lo si è. Bisogna avere timore di dirsi liberi se invece si è schiavi della tirannia del privilegio economico espresso nello sfruttamento dei voucher che, a loro volta, sono la manifestazione fenomenica, tangibile, reale e purtroppo invivibile di un modello di società inconcepibile. Da cambiare. Radicalmente. Continuando a provarci, senza rassegnazione: a partire da un nuovo inizio il 28 maggio prossimo.
MARCO SFERINI
15 marzo 2017
foto tratta da www.con2si.it