La sentenza della Corte Costituzionale emanata ieri nel merito dei ricorsi avverso la legge elettorale maggioritaria deve essere accolta positivamente, un giudizio che può ben già essere espresso adesso pur in attesa delle motivazioni.
I punti positivi sono soprattutto due:
- Aver stabilito, per la seconda volta in tre anni, la legittimità dell’intervento delle cittadine/i elettrici/ori in quella sede su di una materia di natura esclusivamente istituzionale;
- E’ stato smontato definitivamente l’impianto renziano che mirava, dopo aver cercato di stravolgere la Costituzione ed essere stato seccamente respinto dal corpo elettorale, a far in modo che un solo partito si assegnasse il ruolo di “dominus” in Parlamento in modo da trasferire direttamente la centralità del sistema dai consessi elettivi agli esecutivi suffragando, di fatto, un regime autoritario – personalistico.
Adesso l’augurio che dobbiamo rivolgerci e l’impegno che, per quanto possibile, dobbiamo assumerci è quello, nell’occasione elettorale quando questa si presenterà, del mantenimento dell’impianto previsto dalla sentenza di ieri: anche se questa prevede comunque il raggiungimento di un premio maggioritario.
Suggeriscono questa soluzione le condizioni complessive del nostro sistema politico e il tipo di allineamento che, all’interno appunto del sistema politico, hanno assunto i partiti in riferimento alle stesse contraddizioni da ciascheduno evocate.
Risulterebbe negativo ogni tentativo di “reductio” al vecchio schema bipolare come nel caso del rispolverare il sistema misto proporzionale(25%)/maggioritario (75%) usato per le elezioni del 1994, 1996 e 2001: in questo senso c’è da sconfiggere la banale propaganda già in corso del “collegio uninominale che porta a un ravvicinamento tra eletti ed elettori”. Nella situazione italiana (candidati paracadutati e minorità nel numero dei collegi marginali) si tratta dell’ennesima bufala.
E’ evidente che un eventuale voto con il sistema così come uscito dalla sentenza della Corte (così come per il Senato) si tradurrà probabilmente in una governabilità affidata al duopolio PD – Forza Italia (e cespugli): ovverosia a entrambi i partiti “golpisti”, in tempi diversi, rispetto alla Costituzione Repubblicana (il PD attentatore della Costituzione in ciascheduna delle sue anime non soltanto in quella renziana. E’ bene ricordare infatti la “Bicamerale” presieduta nel 1997 da Massimo D’Alema).
L’occasione però che, in questo quadro, si presenta a una sinistra proporzionalista , non stupidamente nostalgica di un irrealistico centro – sinistra, è di notevole portata.
E’ stato realizzato, infatti, in almeno tre recenti occasioni un dato unitario importante attorno al tema dirimente del dettato costituzionale: sul referendum riguardante le trivelle, nell’occasione del referendum costituzionale e intorno al respingimento dell’Italikum.
Questa base comune deve essere valorizzata e implementata politicamente.
E’ necessaria una sinistra che riparta dall’opposizione, dismetta velleità governativiste del tutto irreali rispetto al concreto.
La sinistra proporzionalista ha il dovere di valutare seriamente le forze in campo per quello che sono, per ripromettersi il conseguimento di una presenza istituzionale che risulti in grado di affrontare le grandi contraddizioni della modernità che pure da più parti si sono ben rilevate dal punto di vista analitico.
Comunisti e socialisti apparentemente appaiono ormai aree politiche marginali nel panorama del sistema politico italiano: uno sforzo unitario che li colleghi in una visione di soggettività comune capace anche di comprendere settori rappresentativi delle fratture post – materialiste (pensiamo a tre filoni di pensiero: pacifista, femminista, ambientalista) ed anche più genericamente progressisti, all’interno del tracciato delineato dalla difesa e dall’affermazione della Costituzione Repubblicana, potrebbe rappresentare la mossa giusta per far ripartire, dall’opposizione (insisto e ripeto opposizione), una presenza di sinistra nel nostro Paese: una presenza che potrebbe aver influenza anche sull’intero quadro europeo.
Una soggettività comune al riguardo della quale si potrebbero individuare forme concrete anche dal punto di vista organizzativo tali da garantire a ciascun soggetto partecipante il mantenimento, rigoroso e coerente con la storia di ciascheduno, della propria identità: anzi muovendosi da una base positivamente identitaria per realizzare positivamente l’auspicato cammino unitario.
Le scarne note fin qui stilate rappresentano soltanto un appunto di riflessione: mi auguro davvero ci siano compagne e compagni, nel caso si sentissero nell’occasione positivamente stimolati, capaci di tradurle in analisi e iniziativa politica.
FRANCO ASTENGO
redazionale
foto tratta da Pixabay