Gli operai dell’Ilva di Cornigliano, a Genova, hanno occupato la fabbrica. Era da molto tempo che non sentivo la parola “occupazione” riferita ad un impianto industriale. Confesso che mi ha colpito e mi ha fatto fare un sussulto.
E’ stato, del resto, anche un autunno molto tranquillo, senza grandi agitazioni operaie, senza scioperi e senza manifestazioni di piazza che potessero essere degne di questo nome.
L’inverno, poi, si è aperto con un oscuramento delle questioni del lavoro dietro ai temi più che sacrosanti della controriforma costituzionale e dietro alle dichiarazioni di Renzi su una “Italia che è tornata” e che, quindi, sarebbe in prima fila nella competizione economica europea.
Mentre a Genova i lavoratori della Fiom occupano la fabbrica per garantire una continuità ad un accordo di programma che deve assicurare l’occupazione per tutti i lavoratori, al sud, in quei campi di pomodori dove lavorano i tanti vituperati “stranieri”, sono stati arrestati sei caporali per sfruttamento, per una vera e propria riduzione in schiavitù.
A Sibari, per un euro all’ora, stavano nei campi e negli aranceti per intere giornate e dovevano pagare cento euro al mese per un misero posto letto in un container fatiscente.
Quattro italiani, un bulgaro e un pakistano sono stati quindi arrestati: come si può vedere, sfruttamento, razzismo e anche sadismo sono interculturali, internazionali.
La renziana Italia che riparte, “che c’è”, è questa: fatta di un ripresa che contempla sempre più disoccupazione tra i giovani che vanno dai 24 ai 40 anni, dove i vaucher sono la forma di pagamento e di formulazione contrattuale più diffusa e resa tal dal Jobs act.
Una formula liberista si trova per tutto: dal lavoro alla sanità, dalla scuola alla fruizione della cultura.
Un tempo c’era ancora qualche tenue differenza tra le destre e il PD sui temi della garanzia dei diritti costituzionali, sulla difesa della divisione dei poteri: oggi, con la controriforma che andremo a votare in autunno mediante il referendum (al quale risponderemo tutte e tutti con milioni e milioni di NO!), questa differenza è venuta meno e la combaciabilità quasi perfetta tra “Partito della Nazione” e Forza Italia è un dato politico che si verifica ogni giorno nelle sedi parlamentari.
Non esiste, dunque, nessuna ripresa economica per un Paese dove il governo va avanti a colpi di maggioranza sui temi che dovrebbero essere invece terreno di confronto con le parti sociali.
L’esempio dell’Ilva di Cornigliano è lampante: i lavoratori chiedono un incontro con il governo e il governo non manda il ministro a discutere con loro ma un tecnico, il direttore del ministero.
Di qui l’occupazione di uno dei centri di siderurgia più eccellenti di tutta Italia. Una lotta quella degli operai di Cornigliano che sembra però ancora troppo solitaria: a loro si dovrebbero unire i lavoratori di tutti gli altri settori, per ricreare veramente una unità di classe. Gli operai di Fincantieri e anche quelli di altri piccoli impianti. I lavoratori del terzo settore e anche gli studenti, i pensionati.
Questo Paese ha bisogno di un ritorno di coscienza sociale, di coscienza classista, di solidarietà tra sfruttati, tra lavoratori salariati di tutti gli ambiti.
Può sembrare una lettura semplicistica della realtà, ma in verità è una analisi che tiene conto dei fatti più elementari che sono sotto gli occhi di tutte e tutti: lo sfruttamento del lavoro viene esercitato su più livelli. Comincia dalla cancellazione del tanto osteggiato “posto fisso” e passa per la costruzione di un lavoro a chiamata dove si è pagati con dei buoni che sembrano quelli della mensa. Poi, procedendo su questa strada, si arriva alle tempistiche: è molto difficile potersi assicurare un lavoro a chiamata che duri anni. I lavori che oggi somigliano di più al posto fisso sono quelli di collaboratore domestico, di badante. E anche qui si solleva la canea razzista delle destre sull’ormai usato e abusato teorema accusatorio del: “ci rubano il lavoro”.
Ci aiutano ad incrementare servizi sociali che lo Stato e le amministrazioni decentrate non garantiscono perché proprio il governo ha tagliato loro i fondi con la legge di stabilità.
Il coraggio degli operai della Fiom genovese è un bellissimo campanello di chiamata a raccolta che va raccolto anche e soprattutto da una sinistra comunista che a Genova è praticamente inerte, impercettibile.
L’unità di categorie e forze sociali, politiche e sindacali è la risposta migliore ad un governo che rappresenta una realtà decrepita con le fattezze di una splendida dama riaccolta con tutti i favori presso gli alti consessi economici del Vecchio Continente.
MARCO SFERINI
27 gennaio 2016
foto tratta da Pixabay