Sono delusi al quadrato, prima dal Pd, poi dai 5 stelle. E ora fanno appello per il voto a La Sinistra perché – a certe condizioni naturalmente – faccia da cerniera fra gli uni e gli altri «deludenti». È il senso di un appello firmato da tre ex sostenitori doc dei 5 stelle: il professore Aldo Giannuli, politologo e storico, il professore Domenico De Masi, sociologo del lavoro, e l’attore e regista Ivano Marescotti. I tre, come molti elettori, avevano votato i 5 stelle dopo una lunga militanza nella sinistra. Tifando poi per l’accordo M5S-Pd. È andata com’è andata, non bene. Marescotti, «comunista e figlio di partigiani» era furibondo per il patto fra Pd e Forza Italia ma poi si è ritrovato con quello fra M5S e Lega. Il «contratto di governo» gialloverde li aveva indignati: «È il giorno più nero per la sinistra. In Italia inizia il governo di destra più a destra dal ’46», aveva dichiarato De Masi al manifesto.
Oggi, alla vigilia delle europee, danno una nuova indicazione. Hanno scelto 5 stelle, è la premessa, «convinti che potesse essere una valida via d’uscita dal sistema della seconda Repubblica ed il portatore di interessi popolari da troppo tempo disattesi». Ma l’alleanza con la Lega «ha spento – almeno per ora – queste speranze». Oggi «c’è una sola possibile alleanza alternativa a quella attuale: quella fra M5s, Pd e sinistra, ma tanto il M5s quanto il Pd non sembrano affatto orientati in questo senso». Ci vorrebbe un disarmo bilaterale, per abbattere il muro fra i due partiti, prosegue l’appello: «Si rende necessario che il Pd faccia una severa autocritica del suo corso neo liberista e delle sciagurate leggi che ne sono derivate e cancelli ogni residuo del renzismo e che il M5s adotti un approccio più meditato e realistico ai problemi politici ed economici del Paese, che torni ad essere il M5s di Roberto Casaleggio e sia più democratico al suo interno». Votano dunque la Sinistra, lista di convergenza fra Sinistra italiana, Prc e l’Altra Europa con Tsipras (più altre sigle minori): «Un successo della lista La Sinistra (unica formazione che ritenga possibile questa alleanza Pd-M5S) avrebbe la funzione di spingere in questa direzione e di creare un gruppo di pressione per il rinnovamento dei due partiti».
Il Pd cancelli il renzismo costi quel che costi, è il senso dell’invito, e il «moVimento» torni alle origini che hanno stregato milioni di elettori di sinistra per condurli dritti sotto le ruspe di Salvini. Giannuli, esperto di stragi ma anche di sistemi elettorali, antirenziano della prima ora (fra i suoi molti saggi il recente e funambolico Da Gelli a Renzi (passando per Berlusconi). Il piano massonico «sulla rinascita democratica» e la vera storia della sua realizzazione, Ponte alle Grazie; alle politiche ha dichiarato di aver votato Potere al popolo), non ha dubbi: la linea fundatora di Grillo era, se non proprio giusta, migliore. «Il movimento di Roberto Casaleggio era molto diverso da quello di Luigi Di Maio», spiega al manifesto. «Intanto nel costume: Casaleggio non accettava deroghe e teorizzava che le eccezioni aboliscono le regole. Di Maio piega, aggiusta le regole alla sua convenienza». «Non è che il M5S dei tempi di Casaleggio fosse molto democratico», ammette, «ma almeno faceva più spesso le consultazioni. A quei tempi la battaglia contro la finanza era integrale, Grillo andava alle assemblee di Telecom. Oggi invece accettano la flat tax e con la finanza amoreggiano». «Casaleggio era contraddittorio», ammette di nuovo, «ma con molte aperture a sinistra. Aveva una sensibilità sociale molto forte. Tentai di convincerlo che il reddito di cittadinanza era sbagliato, lui sul tema era granitico: ma ci credeva sul serio. Di Maio invece crede solo a quello che fa raccogliere voti».
A sostegno della loro ultima scelta citano anche la dichiarazione di voto di Fiorella Mannoia, cantante di classe e di sinistra ma già elettrice dei 5 stelle, oggi « più arrabbiata che pentita». Che però per le europee ha regalato a Nicola Zingaretti e al Pd l’uso di una sua bella canzone, «Il peso del coraggio». Il testo recita una frase che in politica, a sinistra, ha un suono unitario ma sibillino: «Ho imparato che gli amori anche i più grandi poi finiscono, che non c’è niente di sbagliato in un perdono, che se non sbaglio non capisco io chi sono».
DANIELA PREZIOSI