Forte preoccupazione del governo di Raúl Castro, sconcerto nella popolazione che nel processo di normalizzazione dei rapporti con gli Stati Uniti vede le basi per un miglioramento della vita di tutti i giorni. L’elezione di Donald Trump a 45° presidente degli Stati uniti, con il pieno controllo del Congresso e con la rielezione in Florida proprio dei più attivi esponenti dell’anticastrismo, rappresenta per l’isola una vera doccia fredda.
Negli ultimi giorni di campagna elettorale, in Florida, Trump aveva detto chiaramente che «le concessioni» attuate da Barack Obama «hanno beneficiato solo il regime dei Castro»; e che si trattava di «ordini esecutivi», non leggi, e dunque eliminabili una volta insediatosi alla Casa bianca al posto di Obama. Su queste prese di posizioni, Trump ha ricevuto in Florida – dove vivono quasi due milioni di cubano-americani – il 49,1% dei voti contro il 47,7% di Hillary Clinton, conquistando uno Stato chiave per l’elezione. Non solo, la «pancia» della Florida ha rieletto i più noti e attivi avversari delle misure decise da Obama, il senatore Mario Rubio, i deputati Ileana Ros-Lethinen, Mario Díaz Balart, Carlos Curbelo, tutti schierati contro la normalizzazione dei rapporti con Cuba fino a quando vige «la dittatura dei Castro».
La mancanza di reazioni ufficiali ieri mattina all’Avana rendeva evidente la grande preoccupazione del governo e il timore che Trump possa attuare una marcia indietro. Non è che il vertice politico si attendesse molto da Clinton. Più volte nella campagna presidenziale Usa esponenti politici cubani avevano ripetuto che le aperture di Obama rappresentavano il guanto di velluto della vecchia politica nordamericana per un cambio di governo nell’isola e che la il presidente americano non aveva usato tutte le sue prerogative per svuotare di contenuto l’embargo.
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ROBERTO LIVI
foto tratta da Pixabay