Al senato nulla era più atteso della «melina» del presidente della commissione giustizia. Con tecnica affinata ai tempi del disegno di legge Zan, il leghista Ostellari ha ricevuto il testo sulla riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario già approvato dalla camera a fine aprile, ed è intenzionato a fissare il termine per la presentazione degli emendamenti dopo quasi un mese, al prossimo 23 maggio.
Così i tempi di approvazione della riforma sui quali contava la ministra della giustizia Cartabia saltano, il testo potrebbe arrivare in aula solo dopo la festa del 2 giugno e a quel punto sarà fatale aspettare l’esito dei cinque referendum sulla giustizia del 12 giugno, prima di votare il testo di legge.
La Lega avrà così un secondo tempo a disposizione, se – come non è improbabile – i referendum non dovessero raggiungere il quorum di votanti necessario per la validità. Leghisti (e radicali) lamentano la scarsa attenzione sui referendum dell’informazione pubblica (vero), ma trascurano di dire che è stata la loro mai spiegata decisione di non presentare le firme (che sostenevano di aver raccolto a sufficienza) ad averli tenuti fuori da spazi e risorse per la campagna elettorale.
In ogni caso dopo il 12 giugno potrebbero tornare alla carica per correggere la riforma. Cominciando dalla separazione ancora più rigida delle funzioni: nel testo arrivato al senato si prevede la possibilità di un solo passaggio tra pm e giudice (e viceversa), oggi sono quattro, il quesito referendario vuole cancellare anche quella sola possibilità.
Intanto ieri sera la commissione giustizia del senato ha iniziato anche una serie di audizioni che offriranno ai magistrati dell’Anm – il presidente Santalucia e una schiera di toghe delle correnti di destra convocate dai partiti di centrodestra – la possibilità di ripetere le ragioni della loro contrarietà alla riforma, ragioni per le quali lunedì prossimo sciopereranno (e ieri Area, la corrente di sinistra, invitava alla mobilitazione perché «soltanto in ragione di un esito positivo sarà possibile cercare nuovi spazi di interlocuzione con la politica e con le altre istituzioni per riaffermare la necessità di una buona riforma»). I tempi della riforma si allungano, i referendum si avvicinano.
La melina della Lega punta proprio a questo obiettivo, ma produrrà un altro effetto: quello di rendere impossibile il voto del Csm con le nuove regole a luglio (scadenza naturale). Il presidente della Repubblica ha detto chiaramente che il nuovo Consiglio deve essere eletto dopo la riforma, ragione per cui l’unica alternativa sarà quella di spostare il voto per la componente togata a settembre, quando il parlamento dovrà eleggere la quota dei laici.
ANDREA FABOZZI
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