Critica del “Contratto” giallo-verde. Per una opposizione comunista

Al riguardo di un possibile giudizio sul “contratto di governo” in discussione tra Lega e M5S e, al momento non ancora stipulato effettivamente e privo dell’indispensabile riferimento alla figura...

Al riguardo di un possibile giudizio sul “contratto di governo” in discussione tra Lega e M5S e, al momento non ancora stipulato effettivamente e privo dell’indispensabile riferimento alla figura del presidente del Consiglio, un giudizio può essere espresso soltanto in maniera particolarmente articolata.

Prima di tutto è necessario un giudizio politico complessivo, riferito alla qualità d’opposizione che una sinistra alternativa dovrebbe essere in grado di esprimere.

L’OPPOSIZIONE

Sulle colonne del “Manifesto” (18 maggio) Marco Bascetta delinea in maniera sufficientemente convincente le linee di un’opposizione al quadro politico che si sta delineando (credo al di là della formazione o meno a questo punto del governo Lega – M5S) fornendo un giudizio di “mancato sbocco della crisi italiana” anzi ritenendo questo passaggio soltanto come una delle espressioni di questa crisi.

 Evidenzio due punti del discorso contenuto nell’articolo che andranno sicuramente discussi a fondo:

1) Il fatto che le politiche che questa destra formata da Lega e M5S si accinge di mettere in atto non incontreranno probabilmente ostacoli nei mercati, le cui oscillazioni derivano sempre dalla ricerca di un tornaconto e quindi della loro sostanziale internità al processo capitalistico in corso definito (per comodità d’espressione) neoliberista;

2) L’identificazione di un punto comune di visione (ancor meglio di non visione) del conflitto, tra i due possibili stipulanti il “contratto di governo”. Ci si riduce, infatti, ad una schematica contrapposizione tra “onesti e corrotti”, tra “legalità e illegalità”. Aggiungo, senza alcuna visione della complessità delle contraddizioni sociali in atto e dell’estensione del rapporto di sfruttamento verso la classe. La dominanza della contrapposizione semplificatoria cui si è fatto cenno, rende possibile la strutturazione di uno stato di polizia sulla cui ipotesi Lega e M5S mostrano essenzialmente di convergere.

A questo punto, scontato che l’opposizione non potrà essere svolta da ciò che di residuale rimane della sinistra di questo primo ventennio di secolo e dovrà essere affidata a quelle soggettività e a quelle figure sociali che proprio “quella sinistra” ha sempre ignorato marginalizzandole. Figure e soggettività che rappresentano le parti più colpite dall’offensiva neo – liberista e neo – sovranista.

Si tratta del tema di cui si sta discutendo da diverso tempo riguardante la necessità di “rappresentazione immediata delle contraddizioni e dei bisogni sociali” e del rapporto tra queste insorgenze e quella che è stata definita “complessità del pensiero comunista”.

Nel definire la necessità di un’opposizione (insieme sociale e politica, verrebbe quasi voglia di affermare “di civiltà”) sorgono, a questo punto, problemi di diversa natura e di grande portata: dal concetto di rappresentanza, all’uso dell’autonomia del politico, alla presenza istituzionale, alla forma che è necessario dare per fornire sintesi e azione proprio alle soggettività emergenti nella rappresentazione – appunto – delle contraddizioni e dei bisogni sociali.

Questo punto non viene affrontato nell’articolo di Bascetta ed è il tema dell’”involucro politico” all’interno proporsi di raccogliere tutte le forme di opposizione possibili lavorando non tanto per unificarle in una sintesi “politicista” ma per fornire loro il retroterra necessario per una continuità di iniziativa e la determinazione di obiettivi, anche intermedi.

Accertata la pericolosità della situazione e definita l’esigenza di un’autonomia politica dell’opposizione da porre prioritariamente proprio sul terreno della rappresentazione dei bisogni reali è questa a mio giudizio, sulla realtà della strutturazione politica da definire oggi, la discussione più urgente da affrontare si faccia o no il governo Lega – M5S.

IL COMITATO DI CONCILIAZIONE

Il punto di maggior delicatezza da affrontare rimane quello del “Comitato di Conciliazione”, ancorché l’ultima versione compaia nel testo in questione in una dimensione piuttosto “edulcorata” rispetto a quella originaria.

Non si può, però, nascondere una forte preoccupazione al proposito: preoccupazione posta esclusivamente sul terreno della qualità della democrazia.

Infatti siamo di fronte ad un esempio di cultura istituzionale autoritaria, quasi di stampo totalitario: com’era prevedibile analizzando il DNA delle due formazioni.

Un organismo, questo del “Comitato di Conciliazione” che assomiglia molto al Gran Consiglio del Fascismo, parallelo e riservato ad alcuni gerarchi, sia rispetto al Consiglio dei Ministri sia rispetto al Parlamento (del quale si intendeva, almeno nelle intenzioni del M5S esaltare il ritorno alla centralità dopo gli anni dei decreti legge).

Una visione dell’agire politico che non solo discende dall’alto, attraverso elezioni interne – la piattaforma Rosseau – impostate in maniera plebiscitaria, ma che si svolge in sede separata (molti oggi ricordano i tempi dello streaming) e in forma opaca.

E’ questa la nuova “forma – partito”, che non solo affianca ma sovrasta gli organi costituzionali compiendo scelte di governo attraverso organismi non previsti dalla Costituzione?

Un tempo, sui grandissimi temi, intervenivano – è vero – le segreterie di Partito: con tutti i limiti che il caso presentava (quello delle cooptazioni, ad esempio) si trattava comunque di organismi sorti all’interno di partiti di massa e rappresentativi di una partecipazione politica diffusa attraverso aggregazioni di effettivo radicamento sociale e quegli incontri non sono mai stati istituzionalizzati.

Sull’onda del “decisionismo” e della “Grande Riforma” il Governo Craxi incluse come ministri i segretari dei partiti e si formò un “Consiglio di Gabinetto” formato dai titolari dei più importanti ministeri: il tutto però nell’ambito dello stesso consiglio dei ministri, di conseguenza un organismo non parallelo come quello del “Comitato di Conciliazione”.

Abbiamo già percorso nel recente passato passi da gigante sulla strada dell’autoritarismo della decisionalità: abbiamo avuto crisi di governo risolte con soluzioni border – line rispetto alla Costituzione, si sono svolti tentativi di spostare seccamente l’asse dal Parlamento al Governo (respinti dal voto popolare).

Oggi registriamo questo passaggio. Nelle prossime ore ne sapremo di più ma, come ci capita a volte di ricordare, sarà bene tenere alta la guardia della vigilanza democratica.

UNIONE EUROPEA

Il capitolo sull’Unione Europea è stato privato di ogni valenza non solo esplosiva ma anche di una qualche efficacia rispetto all’oggetto.

In sostanza si resta nel solco delle solite richieste, mai soddisfatte: più democrazia, più centralità del Parlamento di Strasburgo, cessione di competenze.

Anche le proposte contenute nella voce “Debito pubblico e deficit”, tolta la richiesta di cancellazione dei 250 miliardi, sono già state avanzate da parecchi partiti e governi.

Anche la proposta contenuta nel capitolo sulle riforme istituzionali di stabilire la prevalenza della Costituzione Italiana sul diritto comunitario non è altro che la ripresa di una disposizione contenuta anche nella Costituzione Tedesca.

CONFLITTO D’INTERESSI

Il capitolo 5 del “Contratto” si occupa del “conflitto d’interessi”, tema sul quale il centrosinistra per oltre 20 anni non è stato in grado di intervenire seriamente.

Anche in questo caso però siamo di fronte a formulazioni del tutto generiche, sostanzialmente in linea con quelle formulate nella stessa “Legge Frattini” e senza mettere mano con rigore alla legge del 1957, quella sollevata subito – nel 1994 – dal compianto professor Sartori sui casi di ineleggibilità, nella quale dovrebbero rientrare tutti i proprietari televisivi.

MEZZOGIORNO

IL Sud, dove il M5S ha fatto il pieno di voti, è un punto dolente. Non esiste una specificità della “questione meridionale” e di progetti per la parte più povera del Paese.

Il contratto liquida in poche righe la lotta alle mafie, riduce di molto il discorso riguardante la contrazione delle spese militari ( per esempio mantiene i famigerati F35).

La formulazione sui destini dell’ILVA di Taranto (dove ieri si è verificato l’ennesimo “omicidio bianco” in circostanze particolarmente drammatiche) appare abbastanza incomprensibile, in una situazione dove il M5S si era pronunciato nettamente per la chiusura totale e la Lega in maniera molto diversa.

IMMIGRAZIONE

La richiesta centrale, sotto questo aspetto, è quella della revisione dei trattati di Dublino:questione del resto già sollevata senza seguito dal governo Renzi.

Per il resto il capitolo si basa esclusivamente sulle proposte della Lega sul fermare gli sbarchi e intensificare i rimpatri.

Il punto più pericoloso riguardala necessità di arrivare ad una verifica delle missioni europee nel mediterraneo, toccando le clausole che prevedono l’approdo nei porti italiani delle navi che hanno in tratot migranti.

In realtà queste norme non esistono più da mesi, cancellate da Frontex con l’avvio della missione Themis.

Di pura propaganda è il punto riguardante il rimpatrio di circa 500.000 migranti irregolari

PENSIONI

In questo caso si prevede l’investimento di 5 miliardi per agevolare l’uscita dal mercato del lavoro e reintrodurre “Quota 100” rilanciando anche l’opzione donna.

La somma “100” rappresenta sicuramente un passo avanti rispetto ai 66 anni e 7 mesi attualmente necessari ma non sposta il centro del problema previdenziale in Italia: garantire a chi ha avuto contributo discontinui di poter andare in pensione

LAVORO

Non c’è traccia della riforma della legge Poletti che ha eliminato la casualità dei contratti a termine, attraverso la quale si sono poste le basi per l’attuale boom del precariato.

Non si legge il ripristino, sbandierato in campagna elettorale, dell’articolo 18.

Si propone, senza precisare come, la riforma del pasticcio post – voucher con “libretto di famiglia” e “contratto di prestazione occasionale”.

L’unica indicazione precisa in materia riguarda il “salario minimo garantito”.

Il “reddito di cittadinanza”, così atteso, appare in realtà come un reddito condizionato dall’obbligo della scelta di un lavoro e rimane l’indicazione dei due anni di durata (costo 20 miliardi circa).

Nessuna indicazione al riguardo di un intervento pubblico in economia nei grandi settori strategici nei quali l’Italia ha carenza di un piano industriale; siderurgia, chimica, agro – alimentare, elettronica , energia.

Nessuna indicazione di voler affrontare il tema del lavoro producendo opportunità di lavoro “vero”.

FISCO

Non mancano riferimenti alla “ridiscussione dei Trattati UE e del quadro normativo principale” con riferimento alla “politica monetaria unica” e a un “appropriato ricorso del deficit”, alla “gestione del debito” e ai “tagli agli sprechi”.

Sulla “flat tax” si presenta una proposta con due aliquote. Rimane comunque l’effetto di redistribuzione verso l’alto. Le aliquote sono al 15% e al 20% in luogo della previsione iniziale di un’aliquota unica al 15%.

Quanto alla “pace Fiscale” leggasi alla voce “condono” che dovrebbe rendere 35 miliardi il primo anno, e 25 il secondo. Valutazioni del tutto illusorie stando alle esperienze precedenti.

GRANDI OPERE

Mentre per quel che riguarda la NO TAV in Vado Susa (dove il M5S ha ricevuto un forte sostegno dal Movimento NO-Tav) ci si limita a invocare la ridiscussione dell’accordo Italia – Francia, nel documento non si trova traccia dal “Terzo Valico” tra Piemonte e Liguria, così come non si trova traccia di MOSE, Tap, Gronda e di altri cantieri.

Sotto questo aspetto il Contratto di Governo rimanda al dopo eventuale insediamento e al Comitato di Conciliazione del quale ci si è già occupati in questo testo, valutandolo ben oltre i limiti imposti dalla Costituzione Repubblicana.

GIUSTIZIA

Al primo punto la separazione tra magistratura e parlamento,da sempre cavallo di battaglia del M5S si concretizza soltanto in una revisione del sistema di elezione dei membri laici e togati del CSM e nello stabilire l’impossibilità di rientro per i magistrati che decidessero di impegnarsi in ruoli istituzionali (e fossero eletti, una volta candidati).
La riduzione della prescrizione non viene citata mentre si scrive di “assunzioni nel comparto giustizia per ottenere un processo giusto e tempestivo”.

Pericolosa l’impronta leghista fornita alla cosiddetta “area penale” sul tema della “legittima difesa domiciliare” estesa attraverso l’eliminazione dal testo di legge di ogni riferimento alla “proporzionalità tra difesa e offesa” che costituisce secondo i contraenti “elemento di incertezza che pregiudica la piena tutela della persona che ha subito un’intrusione in casa o sul posto di lavoro.

Per rendere “certa la pena”, inoltre ci si prepara ad abrogare le riforme di depenalizzazione e l’estinzione del reato per condotte riparatorie anche in assenza del consenso della vittima.

Da rivedere anche le norme che riguardano l’imputabilità, al determinazione e l’esecuzione della pena per il minore”.

Il sovraffollamento delle carceri dovrebbe essere risolto costruendone di nuove.

Il capitolo più in linea, questo della giustizia”, con quello “Stato di Polizia” cui si faceva cenno in apertura di questo intervento.

ISTRUZIONE E RICERCA SCIENTIFICA

Non si esplicita la necessità di investire risorse per raggiungere la media europea in investimenti per l’istruzione (campo nel quale l’Italia è terzultima in Europa) e per i beni culturali.

Si mantiene l’impronta poliziesco – aziendalista nella scuola, limitandosi a pensare all’installazione di telecamere per affrontare il fenomeno del cosiddetto “bullismo”.

No n c’è traccia neppure del tetto di 22 alunni per classe, promesso in campagna elettorale.

FRANCO ASTENGO

19 maggio 2018

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