Alla riapertura della scuola mancano due mesi, ma lo spettro della Dad è già ben visibile agli occhi di alunni, genitori e insegnanti. A rievocare il fantasma è stato un parere del Comitato tecnico scientifico fornito domenica al ministero dell’Istruzione. Secondo gli esperti, «le misure da applicare per l’inizio dell’anno scolastico 2021-2022 dovrebbero essere le stesse previste all’inizio del precedente anno scolastico», anche per la probabile diffusione della variante “delta”. Questo significa che anche il prossimo anno distanziamento e mascherine saranno la regola negli istituti scolastici italiani. Anche se gli esperti non lo chiedono né lo auspicano, allo stato attuale vuol dire molto probabilmente tornare alla didattica a distanza.
Infatti, per riorganizzare le lezioni garantendo il distanziamento è necessario comporre classi più piccole, con un rapporto inferiore tra alunni e docenti. A questo scopo, si sarebbe dovuto assumere un maggior numero di nuovi insegnanti e adeguare le strutture scolastiche. D’altronde erano proprio questi i punti concordati dal ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi e dalle organizzazioni sindacali nel “Patto per la scuola” firmato il 20 maggio, e da allora rimasto sulla carta. La situazione reale è ben descritta da Francesco Sinopoli, segretario nazionale della Federazione dei lavoratori della conoscenza della Cgil: «Non sappiamo nemmeno se l’anno prossimo sarà confermato l’organico degli insegnanti-Covid», il contingente di docenti assunti con contratti transitori per l’emergenza e retribuiti in molti casi con mesi di ritardo. «Si tratta di personale che noi avevamo chiesto di trasformare in organico di diritto», cioè in cattedre vere e proprie. «Ma il ministero dell’Economia e quello dell’Istruzione non sembrano pensarla allo stesso modo».
Anche gli investimenti infrastrutturali languono e tutto sembra andare nella direzione già imboccata lo scorso anno. Quando in aprile il premier Draghi aveva promesso un ritorno sui banchi per il 100% degli alunni, aveva dovuto scontrarsi con la realtà: senza investimenti sul personale e sull’edilizia, non era stato possibile riportare in aula tutte le classi e allo stesso tempo mantenere il metro di distanza.
La possibilità di ritrovarsi nella stessa situazione a settembre sta gettando nel panico chi dovrebbe affrontare il problema alla radice. Il ministro Bianchi prova a chiedere un supplemento di indagine ai tecnici. «Chiederemo una precisazione al Cts che ha dato un parere sul ritorno a scuola senza considerare le vaccinazioni», fa sapere Bianchi. «Dato che le vaccinazioni stanno andando avanti noi chiederemo che formuli anche questa ipotesi». Raggiungere l’immunità di gregge tra i ragazzi però non è realistico, dati alla mano. Secondo i dati del governo, le prime dosi somministrate sono state finora circa un milione. A questa cifra occorre sottrarre circa mezzo milione di maturandi, ormai ex-alunni. Per i bambini con meno di 12 anni (circa tre milioni) un vaccino non esiste ancora. Dunque, è probabile che la percentuale reale di ragazzi in età scolastica vaccinati sia attualmente ben al di sotto del 10%.
L’altra strategia del governo è scaricare la responsabilità dei disagi di settembre su una presunta diffidenza dei prof nei confronti delle vaccinazioni. «Bisogna cercare di fare di più, di far capire agli operatori scolastici» che è importante vaccinarsi per riaprire a settembre «senza troppi vincoli», dice per esempio il commissario Figliuolo. E rispunta la proposta della vaccinazione obbligatoria, come se la scuola fosse infestata da No Vax. Invece, secondo i dati della stessa struttura commissariale, oltre l’85% del personale scolastico si è già vaccinato, con punte vicine al 100% in 8 regioni.
ANDREA CAPOCCI
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