Anni fa mi auguravo l’implosione dell’ “anomalia politica italiana”: il PD. Pensavo allora che dalla fine di questo universalismo che comprende socialdemocratici e cattolici, liberali e liberisti, non potesse che nascere una ridefinizione del panorama politico e sociale più rispettosa degli equilibri culturali e sociali del Paese.
Oggi continuo a pensare che sia meglio l’implosione rispetto al mantenimento in vita del PD.
Ho dei dubbi sul ritorno di aderenza che le parti scisse potrebbero avere: la popolazione è stata modificata nei convincimenti, nelle linee guida, nell’interpretazione anche flebile della società che è essa stessa e che autoalimenta ogni giorno.
Sinistra, centro e destra sono categorie elastiche, liquide.
Troppi che non sono di sinistra si dicono di sinistra. E troppi che sono di destra fingono di essere di centro.
Molti che sono peronisti, quindi una mescolanza di socialismo e fascismo, adottano poi colori differenti e fanno storia a parte.
Le identità contano. Le identità sono espressione della coscienza.
Per troppo tempo, e anche oggi, ci si è allontanati con orgoglio dalla precisione delle identità: ed oggi può dirsi di sinistra tanto Renzi quanto Marco Sferini.
C’è, dunque, qualcosa che non va e continua a non andare per il verso giusto.
Va bene dirsi di sinistra, ma preferisco essere e dirmi comunista in questo 2017 dove nel “campo progressista” andranno a rientrare un po’ tutti quelli che sdegnano gli aggettivi, che vogliono continuare a vivere di sostantivi e che finiranno per sostenere ancora una volta le solite riforme liberiste, illudendosi nel migliore dei casi, ed essendo corresponsabili nel peggiore, di spostare a sinistra l’asse di un governo contro il pericolo delle destre.
L’identità è frutto della coscienza. Ne vedo molta poca in giro: sia di coscienza e, quindi, anche di identità.
(m.s.)
foto tratta da Pixabay