La lunga metamorfosi del M5S è arrivata a un passaggio cruciale. Ieri Conte ha ufficializzato l’inizio del «processo costituente», un percorso che si chiuderà a fine ottobre e che dovrebbe «rifondare» il Movimento. Un processo che vedrà protagonisti iscritti (circa160mila) e simpatizzanti, che da oggi potranno «formulare proposte» sugli obiettivi strategici del M5S per i prossimi anni: proposte che saranno poi ulteriormente selezionate e affinate da 300 iscritti «sorteggiati» e diventeranno l’ossatura del documento che sarà portato all’assemblea di fine ottobre.

Poco prima che COnte, in un video, annunciasse l’inizio del percorso, ieri dal suo blog Beppe Grillo ha provato a fissare alcuni paletti, «per lui «pilastri imprescindibili» del Movimento che «non sono in nessun modo negoziabili». E che lui come «garante» farà di tutto per salvaguardare. I rapporti con Conte sono ormai ai ferri corti, dunque l’Elevato si rivolge direttamente a «attivisti, portavoce e sostenitori» per spronarli ad «ascoltare la vostra coscienza» e a difendere i tre pilastri: nome, simbolo e regola dei due mandati.

«Limitare i mandati è un presidio di democrazia, impedisce che pochi individui si arroghino il diritto di governare in eterno e ci ha resi unici», l’accorato appello del fondatore. Quanto al simbolo, «non è solo un segno grafico, è un richiamo al cambiamento, è l’emblema di un’intera rivoluzione culturale e politica, è la bussola che orienta il cammino verso il futuro, senza mai tradire il passato».

Il post non arriva a caso nel giorno in cui Conte ha deciso di aprire la fase costituente: è un estremo e forse disperato tentativo di fermare le macchine, di spingere i militanti a voltare le spalle all’avvocato, che lui chiama «il democristiano» con una punta di disprezzo, per riprendersi ciò che era suo.

Conte sceglie di evitare trattative e liturgie: il rapporto con Grillo ormai si è consumato, la consulenza da 300mila euro l’anno sulla comunicazione non è bastata a tenerlo a freno e dunque ormai lo scontro è aperto. «Non possiamo ammettere che quando a pronunciarsi è la comunità degli iscritti si debba decidere, da parte di alcuni arbitrariamente e preventivamente, di cosa si può discutere, su cosa si può deliberare», la stoccata dell’avvocato.

«Potremo discutere di tutto per rifondarci integralmente: anche il simbolo, la denominazione, le regole organizzative, quelle consolidate, potranno essere discusse», annuncia nel suo video serale. E del resto, ricorda, «in passato il simbolo è stato cambiato più volte, è stata cambiata anche la regola del doppio mandato con il mandato “zero”, non può essere che quando le decisioni le prendono 4-5 persone tutto funziona e quando è la comunità degli iscritti a esprimersi no».

Conte è molto netto nell’idea di dover «rilanciare la nostra carica rivoluzionaria», nel sottolineare l’esigenza di «riossigenare» un M5S partendo dal basso, «senza gerarchie». «Anche io e l’attuale gruppo dirigente ci mettiamo da parte», spiega l’ex premier, saranno iscritti e simpatizzanti a decidere». Dice che è la prima volta che una forza politica in Italia intraprende un percorso di questo genere, dimenticando forse che si tratta di un congresso per tesi, in cui non è in discussione la leadership ma la linea politica. Il Pci ai tempi della svolta della Bolognina fece ben di più.

Grillo non potrà fare molto per fermare una macchina che è ormai in movimento. E il cui controllo è fermamente nelle mani di Conte, al di là delle affermazioni sul «processo deliberativo» affidato a iscritti e simpatizzanti. Per l’avvocato si tratta dell’ultima tappa della “contizzazione” del Movimento, per Grillo è la stessa cosa.

Il fondatore viene descritto in grande difficoltà, incerto se scendere di nuovo in campo in prima persona (ma ha ormai 76 anni), tentato dalla via delle carte bollate per tenersi il simbolo e la sua creatura, indeciso su un possibile candidato da opporre a Conte, visto che quelli più vicini a lui, a partire da Virginia Raggi, sono bloccati dalla regola dei due mandati da lui strenuamente difesa. Mentre Di Battista ormai gioca da solo come opinionista e influencer.

Con lui restano solo alcuni ex parlamentari, espulsi nel 2021 perché dissero no al governo Draghi che Grillo, praticamente da solo, impose al Movimento. Toninelli lo appoggia, mentre la numero due dei senatori, Alessandra Maiorino, lo stronca: «Quando ci si rinchiude nel dogmatismo vuol dire che non si ha più niente da dire…».

ANDREA CARUGATI

da il manifesto.it

foto: screenshot ed elaborazione propria