Sul manifesto Antonio Floridia ha richiamato l’attenzione sul congresso del partito della Rifondazione comunista in corso. Il dibattito congressuale per la prima volta da anni è fortemente polarizzato, tanto che sono due i documenti congressuali alternativi presentati. Il cuore del confronto è una questione che riguarda tutta la sinistra di classe, quella che pone al centro il conflitto sociale e non solo i diritti di cittadinanza, pure importanti. Dunque ritengo sia lecito anche a chi non sia iscritto portare un contributo al dibattito in corso.
L’alternativa di fronte cui si trova Rifondazione mi sembra oggi la seguente: bisogna continuare nel tentativo di costruzione di un terzo polo, alternativo al centrodestra e al centrosinistra, partendo dal rifiuto di qualsiasi alleanza elettorale-politica nazionale con il centrosinistra, come è stato fatto dal 2008 e come sostiene il secondo documento facente capo a Paolo Ferrero; oppure bisogna, dopo molti anni di sconfitte, ipotizzare un’altra strada, pur conservando lo stesso obiettivo, come sostiene il primo documento firmato da Maurizio Acerbo?
Dico subito che per più di tre lustri ho condiviso (da semplice simpatizzante) la prima ipotesi. Credo però che sia ora di cambiare strada, per i motivi che cercherò di spiegare. In primo luogo, come dice Rosa Luxemburg, bisogna evitare di sbattere la testa contro il muro, non solo perché fa male, ma anche perché comporta – scrive la rivoluzionaria – delusione, disperazione, quietismo. Se la strada intrapresa fin qui ha fallito, ciò è dovuto a un fattore decisivo: il sistema elettorale maggioritario, che non si è riusciti a cambiare e che è la causa prima della disaffezione al voto, tanto più in assenza di una elevata conflittualità sociale. Se il proporzionale consentiva nella «prima Repubblica» anche ai partiti minori di arrivare in parlamento, oggi il sistema non lo permette. E se l’elezione a due turni alla francese garantisce visibilità ed efficacia politica a un terzo o quarto polo, il nostro sistema elettorale uccide sul nascere tale possibilità.
Articoli sul XII Congresso nazionale di Rifondazione Comunista
Questa situazione determina un’altra conseguenza: una forza non presente in parlamento ha un accesso limitato ai media, in primo luogo alla tv, dove giorno dopo giorno ancora si crea quel senso comune di massa che al momento del voto ne determina in gran parte gli esisti. Per molti, anche politicizzati e persino elettori potenziali, Rifondazione per tale ragione semplicemente non esiste più. Oltre a questi due fattori – il reiterarsi della sconfitta elettorale e la cancellazione della visibilità mediatica – il terzo fattore che sconsiglia di perseverare nella tattica del passato è l’esistenza di un governo di estrema destra che ogni giorno dimostra di voler manomettere alcuni punti fermi della Costituzione e che sta già portando a una accelerazione autoritaria.
In questa situazione, che scenario ipotizziamo per le prossime elezioni? Si andrà probabilmente a un vero e proprio referendum sul governo di ultradestra. Ci sarà spazio per un terzo polo? È facile prevedere che il già forte e deleterio richiamo al voto utile morderà le caviglie di tutti gli antifascisti che vogliono difendere la democrazia rimasta. In una situazione in cui anche l’astensionismo, in totale assenza di forme diffuse di democrazia di base, sarebbe mera testimonianza priva di esplicito e chiaro significato politico.
La domanda dunque è: che fare? Non credo siano venute meno le ragioni per voler costruire un’alternativa al Pd. Bisogna però – oserei dire leninianamente («espellete Turati e poi alleatevi con lui», cioè rispetto delle diverse identità, ma inalterata capacità delle alleanze utili o necessarie) – cambiare tattica, per riconquistare visibilità e ruolo politico. Il che non vuol dire un accordo col Pd, ma può significare un contratto col centrosinistra, contribuendo anche a un riequilibrio del peso preponderante che vi ha il Pd, tale da costringerlo a cambiare linea, ad esempio, sulla pace e sul patto europeo di stabilità – invece di arrendersi al voto utile. Un accordo per sconfiggere il governo dell’ultradestra, per difendere e promuovere la pace, il lavoro, lo Stato sociale.
L’unica alternativa è oggi una sorta di ritorno al socialfascismo (tutti gli «altri» sono ugualmente nemici), al rifiuto di ogni analisi differenziata. Come la storia ci insegna, questo orientamento porta alla sconfitta e all’irrilevanza politica. Forse definitiva.
GUIDO LIGUORI
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