I fintamente democratici sovranisti, neofascisti della modernità attuale, non ce la fanno proprio a dire che sono “antifascisti“. E perché mai dovrebbero, visto che sono fascisti. Il paradosso nasce ogni volta che si pretende di far confessare loro l’inconfessabile, di mentire, di tradire le loro “convinzioni“.
Eppure la ricerca del paradosso diventa necessaria se si vuole provare a sdoganarli ancora di più, facendo credere che siano anche ascrivibili nell’arco costituzionale del nuovo millennio, dove ci stanno un po’ tutti e dove si perde la bussola che indica chi davvero è chi e cosa davvero è cosa.
E’ una forma di revisionismo al contrario, che tende a stabilire come attualisticamente vero – consegnabile quindi all’analisi storica del futuro – un falso, una ipocrisia che suona tanto come alibi per una intellettualità catodica e anche una intellighenzia rigeneratasi trasversalmente e molto lontana da presupposti ideologici che ne facevano un valore aggiunto per la Repubblica.
Pretendere di far dire ai fratelli italici o ad altri di essere antifascisti è fare un torto alla propria intelligenza: fingere di non sapere che, sotto sotto, questi sono ammiratori del dittatore e del periodo più buio della storia italiana, non è fare una cortesia all’inclusione democratica di quelli che vengono considerati, tutto sommato, dei fascisti convertiti al liberalismo (e al liberismo).
Semmai è fare un favore all’inquinante depensamento generale che si impossessa di menti confuse, prive di punti di riferimento e pronte a farsi turlupinare dal primo capitano di turno, dalla prima voce tonante che echeggia sui colli fatali di Roma.
Fateglielo dire a questi fascisti: siamo fascisti. Se poi non lo vogliono ammettere… Beh… questa sarà la prova del nove che lo sono. Modernamente. Ma lo sono.
(m.s.)
7 ottobre 2021
foto: screenshot