Lo so, “La legge è legge”, “L’ignoranza della legge non è una scusa”, “La legge è dura ma è la legge”.
E forse anche per questo, a mio tempo, non ho preso la laurea in giurisprudenza. Sentivo e sento una sorta di prurito quando qualcuno, tanto più se è un potere, vuole obbligarmi a fare qualcosa che ritengo ingiusto.
Più di tutto lo sento quando questa ingiustizia si riversa sulla collettività. Su di me posso ancora “gestirla” su un piano psicologico e combatterla su un piano sociale e politico.
E per questo che oggi, nel leggere le motivazioni che hanno condotto all’arresto di Nicoletta Dosio (“…l’entità del numero e della frequenza delle violazioni, le quali evidenziano una personalità estremamente negativa, intollerante delle regole e totalmente priva del minimo spirito collaborativo…”) mi sento più anarchico che comunista.
Anzi, mi sento quello che dico d’essere quando mi si chiede necessariamente una etichetta da appiccicarmi addosso: sono un comunista libertario che non ama la forma dello Stato come fenomeno da conservare ma da far deperire, da consumare nelle menti e nella percezione comune che sia imprescindibilmente necessaria per la nostra vita.
E poi, ditemi: ma Nicoletta, che non ha fatto niente di male a nessuno, che non ha rubato o ucciso, perché dovrebbe essere “collaborativa” con un potere che le vuole togliere la libertà di esprimere le sue idee e di partecipare con la sua gente della Valle ad una lotta sacrosanta?
Ammiro Nicoletta, perché io non credo che avrei il suo coraggio e vorrei tanto che un giorno mi insegnasse ad averlo.
Un bacio, Nico! Sono con te con il mio cuore e la mia mente.
(m.s.)
foto tratta dal profilo Facebook di Nicoletta Dosio