Sessantacinque naufraghi alla deriva nella zona Sar maltese, a 54 miglia da Lampedusa, con onde di 2 metri, il motore in panne e nessuno soccorso in vista. Nelle stesse ore, ieri mattina, si decideva alla Camera sulle missioni all’estero, passate con 453 sì e 9 astenuti. Per il capitolo Libia è stato necessario un voto separato: il via libera è arrivato (come già al Senato) ma con 401 sì, 23 no e 2 astenuti. Il quorum di 213 è strato raggiunto grazie al centrodestra perché la maggioranza si è fermata a 206. Italia Viva non ha partecipato al voto mentre hanno detto no 7 di Leu, 8 del Pd, 5 del Misto e 3 5s. Una frattura nello schieramento giallo rosa già emersa ma che ieri si è consolidata.
Nella risoluzione, sottoscritta da 22 parlamentari, il primo firmatario Erasmo Palazzotto di Leu ha sottolineato: «La missione in Libia apre una contraddizione nella maggioranza». E poi in sede di voto: «Non sarò complice. A chi diamo le nostre motovedette? Chi stiamo addestrando? Coloro che trafficano esseri umani? Inaccettabile». Gli interventi in aula hanno messo sotto accusa una linea politica che si perpetua di governo in governo: «La Libia non è mai stata un porto sicuro – ha detto Laura Boldrini -. Sostenere la Guardia costiera libica significa sostenere la violazioni dei diritti umani». Il dem Matteo Orfini: «Finanziarla significa appoggiare chi uccide, stupra, tortura. Farlo dicendo che chiederemo loro di comportarsi bene è solo una gigantesca ipocrisia». Dallo stesso gruppo parlamentare Giuditta Pini: «Il rifinanziamento della Guardia costiera libica è stato votato anche dalla maggioranza del Pd nonostante l’assemblea del partito avesse espressamente dato parere contrario. Due partiti su quattro della maggioranza non vogliono più sostenere questa missione. Mentre il Pd ha votato insieme a Lega e 5s».
I Dem sotto accusa. Da +Europa Riccardo Magi spiega: «Un anno fa il Pd non partecipò al voto sulla proroga della missione sostenendo che la strategia andava cambiata e i centri di detenzione svuotati. Oggi (ieri ndr) il governo italiano ha disposto la proroga con l’aumento del finanziamento e il Pd, tranne pochi, ne ha votato la prosecuzione. Esito schizofrenico». Emma Bonino: «Il governo ha appena rifinanziato la Guardia costiera libica come se esistesse davvero. L’Italia paga per fermare con ogni mezzo, anche il più disumano, i flussi nel Mediterraneo, è il bancomat di queste operazioni». Ma la viceministra dem degli Esteri, Marina Sereni, non si è scomposta: «Stiamo lavorando per la modifica del Memorandum con Tripoli per favorire l’accesso delle organizzazioni internazionali nei centri per migranti con l’obiettivo del loro superamento».
Il fronte del no ieri ha scritto all’esecutivo: «Una parte della maggioranza, trasversale a tutte le forze, chiede discontinuità nella gestione del fenomeno migratorio. La collaborazione nei respingimenti illegali verso un paese in guerra, dove le persone subiscono violenze inenarrabili, si configura come una nostra corresponsabilità nelle violazioni di diritti umani». Una trentina di deputati più tre europarlamentari hanno quindi chiesto un tavolo per affrontare il tema.
La ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, è volata ieri a Tripoli per discutere di migrazioni, sicurezza e anche affari. La delegazione è stata ricevuta dal premier del Governo di accordo nazionale, Fayez al Sarraj, e dai principali esponenti del suo esecutivo. Dopo la sessione plenaria c’è stato un incontro bilaterale con il suo omologo, Fathi Bashagha, uomo forte di Misurata. Oggetto dei colloqui la cooperazione nel campo della sicurezza, la lotta all’immigrazione clandestina, il ritorno delle compagnie italiane in Libia, la rimozione delle mine lasciate dalle forze di Haftar, la riapertura dei pozzi di petrolio. Lamorgese ha messo sul tavolo una posizione che sarà piaciuta al protettori turchi di Sarraj: «Confermiamo l’orientamento, già espresso dal governo italiano, secondo il quale l’impegno profuso dall’Ue nell’ambito dell’accordo con la Turchia possa e debba essere replicato anche nel quadrante centrale del Mediterraneo».
Il patto con Ankara del 2016 per bloccare i flussi sulla rotta orientale, sponsorizzato dalla Germania (6 miliardi di euro alla Turchia), verrebbe replicato con la Libia mentre, intanto, la guerra non si ferma e le milizie continuano a fare affari con i migranti. Orientamento emerso lunedì scorso alla conferenza di Trieste, promossa dall’Italia d’intesa con la commissione Ue e con la presidenza di turno tedesca, e la partecipazione dei governi del Nord Africa da cui provengono i principali flussi. Proposta che nel 2016 aveva già fatto l’allora ministro Alfano.
Lamorgese ha ribadito «la necessità di controllare frontiere e flussi nel rispetto dei diritti umani. Attivare operazioni di evacuazione dei centri gestiti dal governo attraverso corridoi umanitari organizzati dall’Ue e gestiti da Oim e Unhcr». È stata poi verificata l’attuazione del progetto del Viminale, cofinanziato dall’Ue, per migliorare le forze di sicurezza: ieri sono stati consegnati 30 automezzi per il controllo delle frontiere terrestri.
ADRIANA POLLICE
foto: screenshot