Una lettera di Trotsky a Maurice Paz
Caro compagno Paz,
alla lettera allegata, che non devo caratterizzare come sarebbe opportuno nella mia replica dato che sono sicuro che collaborerò con la maggioranza dei firmatari, che hanno firmato per sbaglio, a tale lettera voi ne aggiungete un’altra che mi dà la possibilità di rispondervi con la massima franchezza, in completa libertà e persino con la massima brutalità.
Voi mi chiamate il “capo” e, designandomi come tale, vi arrogate il diritto di istruirmi e guidarmi. In ogni occasione sottolineate come un “capo” debba comportarsi, come debba organizzare il suo tempo, quali lavori debba tralasciare al fine di dedicarsi agli altri che voi gli assegnate. Forse voi mi permetterete di chiedervi se il vostro tempo e le vostre forze sono organizzate in base al grande compito rivoluzionario di cui voi desiderate essere l’«asse». Perché è questa l’unica domanda su cui verte la vostra lettera: chi sarà l’asse? La vostra rottura con la pubblicazione settimanale, l’ostilità che voi mostrate verso di essa, le vostre accuse contro Gourget prima e contro Rosmer poi vertono tutte sullo stesso «asse».
Non so se io sono il «capo». Soprattutto il capo che voi ritenete adatto. Penso di no. Ma nei miei rapporti con i miei amici e con i miei nemici non ho altra considerazione che la causa rivoluzionaria. I pregiudizi personali mi sono del tutto estranei. Come ho detto molte volte, desidero che “Contre le courant” diventi un settimanale. A Costantinopoli voi avete espresso un’opposizione esclusivamente finanziaria a questo progetto. Mi avete detto, confermando quanto già sapevo, che le spese di “Contre le courant” sono coperte da somme fornite dall’Opposizione Russa e che l’esaurimento di questi fondi avrebbe comportato delle difficoltà nella prosecuzione della pubblicazione settimanale. Questo argomento mi era sembrato strano. Non riuscivo a comprenderlo. Mi sono detto: “È un giudizio passeggero. Non devo esagerarne l’importanza.” È vero che dovetti accettare la vostra proposta di un quindicinale, ma per me (e per voi) si trattava solo di una soluzione temporanea, per due o tre mesi al massimo. In realtà, la decisione presa riguardava un settimanale, con la prospettiva di un quotidiano, come indicato persino nel vostro taccuino. Ma voi non vi siete affatto avvicinato né a un quotidiano né a un settimanale, e neppure a un quindicinale. “Contre le courant” è diventata una raccolta di documenti russi, ora più di prima. Da questa pubblicazione non si impara nulla sul movimento francese. Avevamo messo a punto altri progetti, anche per il lavoro di massa. Non è stato realizzato nulla. In “Contre le courant” non riesco a vedere la minima traccia di un lavoro orientato a tal fine. Dopo aver atteso pazientemente per quattro mesi, dopo aver ripetuto insistentemente che dovevamo uscire dalle riunioni a porte chiuse, voi mi avete risposto solo con storie su Treint e Souvarine e, quattro mesi dopo, mi fornite un estratto del vostro taccuino per giustificare la vostra documentazione. Ma questa è la condotta di un notaio, non di un rivoluzionario. Ed è questo il punto decisivo. Per pubblicare i nostri documenti in Russia, i nostri amici hanno dato tutto quello che avevano e hanno sacrificato tutto ciò che potevano alla causa. A Parigi non era necessario arrivare a tanto. Pubblicare un settimanale avrebbe richiesto semplicemente sacrifici secondari insignificanti, in termini di tempo e denaro. Si inizia, si dà il buon esempio e si fanno richieste agli altri perché si ha il diritto di fare tali richieste nel nome di una causa comune. Ma voi avete iniziato affermando l’assenza di una base finanziaria per poi, al fine di “approfondire” il vostro approccio astensionista, aggiungere l’assenza di una base teorica. Tutto ciò che è stato detto e fatto, fino a questo momento, è nullo e impraticabile. Per fare qualcosa di “concreto”, dobbiamo attendere il vostro pamphlet. Oh, è un pretesto ugualmente scandaloso e voi stesso non avreste deciso, in altre circostanze, su un argomento così inaudito se non vi foste messo da solo in una situazione precaria, che vi ha costretto a fare i conti, a qualunque costo, con questa discussione.
Non trovate espressioni abbastanza forti per svilire i cinque compagni che “hanno tratto ispirazione da Costantinopoli”. Questo sarcasmo è fuori posto e di cattivo gusto. Questi compagni, pur essendo impegnati a guadagnarsi da vivere, sono venuti ad aiutarmi qui, a Costantinopoli, di loro iniziativa e a proprio rischio, in un momento molto difficile. Il loro aiuto è stato prezioso per me. Tutto ciò è opportuno. Ma la storia non finisce qui. Dopo averli osservati da vicino, mi sono detto che i compagni che sono capaci di tale iniziativa e di tale sacrificio personale sono rivoluzionari, possono diventarlo, perché è in questo modo, compagno Paz, che vengono formati i rivoluzionari. Possiamo avere rivoluzionari saggi e ignoranti, intelligenti o mediocri. Ma non possiamo avere rivoluzionari a cui manca la volontà di abbattere gli ostacoli, a cui manca la dedizione e lo spirito di sacrificio. Non mi ero sbagliato. Questi giovani compagni hanno dichiarato di essere completamente pronti a impegnare il loro tempo, le loro forze, i loro mezzi per una pubblicazione settimanale, e per mobilitare altri. Loro stanno facendo ciò che avevano promesso e voi state sabotando il loro lavoro, invece di aiutarli. Ed è sempre per la questione dell’«asse».
Come immaginate lo spazio per un settimanale destinato a diventare un quotidiano in un movimento che deve avere ramificazioni ovunque? Pensate che questo compito possa essere realizzato dedicandogli i ritagli di tempo di una frenetica attività di avvocato? Credete di poter gestire il movimento, o persino una pubblicazione settimanale associata al movimento, come occupazione passeggera o secondaria? Io ho un’idea diversa dell’asse rivoluzionario. Credo che la persona che gestisce una pubblicazione operaia, specialmente in una situazione di grande responsabilità come la nostra, debba essere impegnata esclusivamente in questa attività. Ho riflettuto molto sulla questione dal vostro soggiorno a Costantinopoli, quando appresi per la prima volta da voi stesso che eravate un avvocato estremamente impegnato. Ma mi sono detto che, dato che desideravate gestire il settimanale, avreste tratto le naturali conclusioni. Dato che non consideravo il nostro rapporto come quello che intercorre tra capo e schiavo, non ho sottolineato in che misura il vostro tempo avrebbe dovuto essere distribuito tra la rivoluzione e il tribunale. Penso che sappiate che quando Haase desiderò diventare uno degli assi del partito tedesco ritenne necessario abbandonare il suo studio di avvocato a Königsberg. Al congresso di Jena furono in molti a lodare Haase, incluso Bebel, per aver sacrificato il proprio reddito annuale di 30.000 marchi. Noi russi (anch’io ero presente al congresso) eravamo abbastanza irritati da queste lodi, che ci sembravano squisitamente piccolo-borghesi. Citai questa vicenda in uno dei miei interventi, per enfatizzare la mancanza di spirito rivoluzionario del partito tedesco. Eppure, Haase non era preparato per le situazioni rivoluzionarie e i drammatici eventi che seguirono.
Non mi soffermerò sulle vicende del partito russo nei periodi di attività illegale. La persona che apparteneva al movimento, vi apparteneva non solo con i propri mezzi materiali, ma anima e corpo. Si identificava apertamente con la causa che serviva e fu tramite questo processo di formazione che riuscimmo a creare i combattenti che divennero i tanti «assi» della rivoluzione proletaria.
Compagno Paz, parlo con franchezza e forse anche con brutalità al fine di salvare quello che ancora può essere salvato. Non è tempo di smancerie, dato che la situazione è troppo grave. Non sono né fanatico né settario. Posso comprendere che una persona simpatizzi per la causa comunista senza lasciare il proprio ambiente sociale. Anche questo tipo di assistenza è molto preziosa per noi. Ma è l’assistenza di un simpatizzante. Ho discusso questo aspetto in una lettera ai miei amici americani. Eastman mi aveva informato, anche lui senza alcuna smanceria, che questa era la sua situazione personale. Si definisce un “compagno di viaggio”, non aspira (per usare le sue parole) ad alcun ruolo di guida nel movimento dell’Opposizione ed è felice di fornire assistenza. Si occupa di traduzioni, ha devoluto i propri diritti d’autore al Militant, ecc. E perché? Perché non può dedicarsi interamente al movimento. Ed ha agito correttamente.
Dovete capire che la persona che è l’«asse», ossia il leader o uno dei leader del movimento rivoluzionario, si arroga il diritto di chiedere ai lavoratori di sacrificare quanto hanno di più caro, inclusa la loro vita.
Da questo diritto derivano responsabilità di pari importanza. Altrimenti, qualsiasi lavoratore intelligente si chiederà inevitabilmente: “Se X mi chiede grandissimi sacrifici, ma dedica i 4/5 o i 2/3 del proprio tempo non ad assicurare la mia vittoria ma ad assicurare la sua esistenza borghese, forse non è convinto dell’imminenza della rivoluzione.” E quel lavoratore avrebbe ragione.
Lasciate stare il programma, per carità! Non si tratta del programma. Si tratta dell’attività rivoluzionaria in generale. Una volta Marx disse che un singolo passo in avanti per il movimento vale più di dieci programmi. E Marx era un esperto di programmi, e persino di manifesti, almeno quanto io e voi.
Concludo. Le vostre lettere e soprattutto il vostro atteggiamento politico generale mi dimostrano che il comunismo per voi è un’idea sincera ma non una convinzione di vita dominante. Si tratta di un concetto molto astratto. Ora, nel momento in cui risulta necessario (e che sarebbe stato necessario molto tempo fa) un vostro coinvolgimento profondo, voi iniziate istintivamente a opporvi, a causa di una doppiezza di comportamento. Quando siete invitato a partecipare, voi rispondete: “Non vi sono risorse e le forze sono insufficienti.” E quando gli altri iniziano a cercare le risorse e le forze voi dite: “Se non sono io l’asse mi oppongo”. Ciò che state facendo è inaudito. Anche se non credete nella pubblicazione settimanale, dovreste attendere in silenzio e non sabotarla! Non avete esperienza di queste questioni e vi avviate ciecamente verso una nuova catastrofe. Domani invocherete divergenze teoriche, filosofiche, politiche e filologiche per giustificare la vostra posizione. Non è difficile capire quale sarà il risultato. Se non volete entrare nelle liste, attendete in silenzio, mantenete un’amichevole neutralità e non fornite il triste spettacolo di un’opposizione senza principi, dettata esclusivamente da ragioni personali.
Con il grande desiderio di salvare la nostra amicizia politica,
LEV TROTSKY
1929