Ogni giorno ha il suo barcone. La fibrillante attività di controllo delle coste italiane da parte del ministro dell’Interno è contagiosa, procura ansia non da prestazione ma da individuazione dell’imbarcazione che si sta ad aspettare col cannocchiale ben posizionato.
Una piccola vedetta lombarda che avvista i disperati che tentano di trovare rifugio in terre più ospitali piuttosto che stare sopra ad un albero ad avvisare le regie truppe sabaude dell’arrivo degli austriaci.
Per quanto ogni campagna elettorale non finisca mai, quella di Salvini è davvero eterna o, forse, è proprio il suo modo di intendere l’opera di governo: vigilare, vigilare, vigilare.
Ma per fare questo basta la guardia costiera, il lavoro quotidiano svolto dalle navi della nostra Marina e da quelle delle tanto vituperate organizzazioni non governative.
Eppure, ansiogenamente, ogni giorno escono dichiarazioni riprese da tutti i mezzi di comunicazione sull'”altolà” dato dal capo del Viminale per impedire questo o quello sbarco di migranti.
Tutta l’attenzione popolare deve essere concentrata sul presidio delle frontiere, sull’evitare che l'”invasione” si alimenti, che rimanga ben salda nella testa dei cittadini che prima di tutto vengono gli italiani.
Stando però sempre con l’occhio al cannocchiale, a guardare il mare, a vedere fluttuare le onde per scorgere se, tra un sommovimento e l’altro delle correnti, compare un barcone, un peschereccio. Magari a due piani.
Ed eccolo lì, pare con 450 persone a bordo: “Son mica bruscolini!”, avrebbe detto Totò! Sono in balia delle onde tra Malta e l’Italia.
Sebbene Salvini ringrazi il Presidente della Repubblica per l’alto intervento che avrebbe districato la complessa vicenda della nave “Diciotti”, laddove i poteri dello Stato erano arrivato ad un ennesimo scontro, ora la voce si rialza su questo avvistamento: “Nessun porto” sarà disponibile per la nuova imbarcazione.
Così trasbordo completato su due altre navi: una della Guardia di Finanza italiana e una su una nave del progetto “Frontex”. Ma in Italia non possono sbarcare. Il dito puntato del ministro li ricondurrebbe a Malta o in Libia. Indietro tutta, dunque. E ieri, oggi e anche domani continueremo a parlare di questa frapposizione istituzionale che si mette tra l’Africa e l’umanità, tra la disperazione e la speranza.
Persino quando eravamo bambini e guardavamo “Le avventure di Braccio di Ferro”, con la sigla ci avevano raccontato che il nostro marinaio preferito agiva così: “Son Braccio di Ferro, yes! Son Braccio di Ferro, sì! Se c’è un uomo in mare, lo vado a salvare, mi tuffo tra splash, e sciuf.”. Non c’è più nemmeno la religione dei cartoni animati. O forse si può partecipare ai telequiz senza aver mai visto le strisce o i cartoni di “Braccio di Ferro”…
Continueremo a farci distrarre da una campagna antimigratoria in una estate calda, dove non si ha il tempo per riflettere, per leggere, per approfondire.
Le informazioni arrivano, ancora di più ora che nelle stagioni meno spensierate, con una superficialità disarmante e penetrano nei crani vuoti della gente che attribuisce al governo un consenso mai visto: oltre il 55% degli italiani approverebbe la politica del governo.
Di quale politica si tratti non lo si comprende bene, visto che in questi mesi non sono stati fatti grandi lavori parlamentari. Tra migranti, rom e malati psichici, la quasi totalità dell’attenzione dell’opinione pubblica è stata catalizzata – con grande abilità – dalla piccola vedetta lombarda.
I mondiali di calcio hanno, forse involontariamente, occupato il restante spazio libero di un disco rigido mentale tutto fissato su pregiudizi, razzismo, xenofobia e odio per il diverso.
La paura è la cifra di una democrazia autoritaria che sa imporsi senza il bisogno di autoritarismo: lo fa estendendo progressivamente una cultura legittimista in tema di difesa personale, di ammirazione per la forza, per la repressione, per un Far West all’italiana tutto in costruzione, ma già a buon punto.
Lo si chiami come si vuole, è una forma di fascismo che riporta in auge la percezione degli italiani come persone superiori ad altri esseri umani e quindi in diritto di dettare legge oltre la legge stessa, oltre la Costituzione.
Del resto, se le massime cariche dello Stato producono questi effetti, avranno ragione i cittadini – privi di una coscienza critica – di uniformarsi, di essere pienamente aderenti e fedeli al governo che li comanda.
Il prossimo barcone non si sa quando arriverà. Il prossimo anatema contro sinti o rom nemmeno. E nemmeno si sa quale sarà la prossima categoria debole verso cui rivolgere la speciale osservazione sociale del popolo italiano.
Di sicuro si sa che la propaganda continua, che lo sguardo guardingo verso ogni differenza sarà sempre più alimentato e che bastano anche solo poche parole per distruggere decenni di cultura della solidarietà per sostituirla con quella infida di una finta benevolenza dettata dal falso concetto positivo della tolleranza.
Sentirsi “buoni” è facile: basta per prima cosa sentirsi superiori. Benefattori che decidono a seconda del beneficio che ne hanno se aiutare o meno i loro simili.
Sentirsi superiori per mascherare le proprie miserie morali e intellettuali. Sentirsi superiori per rivendicare dei diritti che nessun migrante ci ruba, a differenza dei padroni e degli speculatori di ogni risma.
MARCO SFERINI
14 luglio 2018
foto tratta da Pixabay