Da nord a sud tre anni dopo le prime manifestazioni Fridays For Future ha riportato in piazza decine di migliaia di giovani, 80 mila diranno gli attivisti a fine giornata.
Un movimento che fin dalla nascita aveva detto che la giustizia climatica è connessa a quella sociale, ieri ha allargato definitivamente gli orizzonti dicendo con forza che la lotta per il clima è connessa alle lotte per i diritti civili, sociali e lavorativi. Questa generazione sarà un’opposizione naturale per chiunque da dopodomani governerà l’Italia.
Giorgia Meloni è avvisata, e del resto è stata la più bersagliata negli slogan delle settanta piazze italiane. Ma è avvisato anche il Pd che non gode di alcuna credibilità tra chi ha manifestato. «Siamo stati ignorati dalla politica, queste elezioni sono una sconfitta per le migliaia di giovani che sono scesi in piazza in questi anni per il clima e la giustizia sociale» ha detto sotto al palazzo della Regione Lombardia uno dei portavoce dei Fridays Milano alla fine del corteo. «Tra la destra negazionista e l’alternativa cosiddetta progressista che riaccende il carbone, non scegliamo nessuno».
Parole seguite da un lungo applauso dei 10 mila che hanno sfilato a Milano. «Non sosterremo nessun partito, perché nonostante le differenze tra i diversi programmi nessuno difende le rivendicazioni che abbiamo portato oggi in piazza» ha ribadito uno dei portavoce nazionali, Filippo Sotgiu, dal corteo dei 30 mila a Roma.
Il non voto in realtà è più una questione anagrafica che altro: buona parte di chi ha manifestato è ancora minorenne e non potrà votare. Alla domanda «ma vi sentite rappresentati da qualcuno? Sapreste chi votare?» le risposte variavano tra «no, non mi rappresenta nessuno» e «se votassi sceglierei il meno peggio ma farei fatica a trovarlo».
Tra i più grandicelli è limpida, quasi antropologica, l’opposizione alla destra, ma sui temi concreti anche ai partiti della cosiddetta agenda Draghi. Chi guarda agli altri partiti lo fa più per necessità che per convinzione. Il mosaico che si ricompone a fine giornata è di una generazione distante anni luce dai salotti politici del blablabla, come dice qualcuno citando le parole di un anno fa della fondatrice di Fridays For Future Greta Thunberg in piazza a Milano per la pre-Cop 26.
Un po’ di sfottò li riceve anche il sindaco di Milano Beppe Sala che negli ultimi mesi con gli ambientalisti non ne azzecca una e anche ieri è riuscito a scentrare il commento alla manifestazione: «Andate a votare così poi potrete lamentarvi». Risposta lapidaria di una delle attiviste milanesi: «Grazie del consiglio sindaco, ora però torna a lavorare e rispondi coi fatti a quello che ti chiediamo».
Ambiente e crisi climatica, transizione ecologica tradita, ma non solo. In molte città gli studenti hanno ricordato i loro coetanei morti in fabbrica durante le ore di alternanza scuola-lavoro. A Milano davanti ad Assolombarda, la sede degli industriali, si sono seduti a terra per un minuto di silenzio con in mano decine di cartelli rossi con scritto in bianco i nomi di Giuliano, Lorenzo e Giuseppe, i tre studenti morti negli stage legati all’alternanza in questo 2022.
«Non possono morire anche gli studenti di lavoro» hanno poi urlato agli industriali. A terra una scritta: «Contro un sistema colpevole». A Torino lo striscione d’apertura era per i morti sul lavoro: «Difendiamo il nostro futuro, basta stragi».
A Trieste con gli studenti hanno sfilato anche gli operai della Wärtsilä, ad Ancona su diversi cartelli le scritte «Non si può morire a 18 anni lavorando gratis; sono tutti responsabili della morte di Giuliano, Lorenzo, Giuseppe; «No alla scuola di padroni e Confindustria». Davanti alla sede della Regione Marche gli studenti hanno lasciato dei sacchi pieni di fango a ricordo della strage nella recente alluvione e delle responsabilità della politica.
Diritti ambientali, del lavoro, sociali, civili. Quando si dice «un movimento intersezionale». A Milano hanno parlato ragazze femministe e di seconda generazione, che hanno preso parola per chiedere cittadinanza: «Perché non possiamo essere italiani anche noi che siamo cresciuti in questo paese?» hanno chiesto. «Perché dobbiamo essere marchiati come diversi?». Sui cartelli autoprodotti spazio all’ironia: « Meloni li voglio solo nella macedonia» oppure «Non sciogliamo i due poli, sciogliamo il terzo polo» o ancora «Il Titanic nel 2022 non avrebbe avuto problemi».
Se qualcuno pensava che due anni di restrizioni Covid avrebbero ucciso il movimento dovrà ricredersi. Certo, i numeri delle piazze del 2019 sono un ricordo lontano, ma quello che emerge dalle mobilitazioni di ieri è che questa generazione non parla solo di ambiente, è una generazione che tiene unito quello che i partiti dividono.
ROBERTO MAGGIONI
Foto di Alena Koval