L’ipotesi del segretario di Stato Usa Antony Blinken sulla messa al bando del petrolio prodotto dalla Russia ha dato una frustata al cavallo imbizzarrito dei mercati finanziari. Ieri mattina in Europa sono arrivati a perdere il sei per cento per poi ridurre le perdite in chiusura: la borsa a Milano ha perso l’1,36%, Francoforte il 2,01%. Il prezzo del petrolio si è infiammato fino a 139,13 dollari e ha raggiunto i massimi dalla crisi finanziaria del 2008.
I futures sul greggio del mare del Nord sono poi calati e sono stati scambiati a 122,40 dollari, comunque in rialzo del 3,25% rispetto ai livelli raggiunti venerdì scorso. Nel corso della giornata sono stati in diversi a gettare acqua sul fuoco. Il premier olandese Mark Rutte, ad esempio. Europa e Stati Uniti stanno pensando alle sanzioni contro il petrolio e il gas russo ma «senza per questo motivo compromettere la sicurezza delle forniture energetiche europee – ha detto – La realtà dolorosa è che dipendiamo dal gas e dal petrolio dalla Russia.
Ridurre questa dipendenza richiede tempo». Poi è intervenuto il ministro delle finanze tedesco Christian Lindner il quale ha sostenuto che la Germania non pensa a embarghi su petrolio e gas russo. In un limbo in cui alcuni parlano di embargo e altri a misure di diversificazione energetica i flussi di gas garantiscono ai russi enormi profitti. Il colosso Gazprom ieri ha confermato che l’approvvigionamento attraverso l’Ucraina continua e ha raggiunto i 109,6 milioni di metri cubi.
In Italia i prezzi dei carburanti e delle materie prime stanno crescendo ancora. Ieri i pescatori hanno dichiarato uno sciopero di una settimana. Il caro gasolio, effetto della fiammata del greggio, sta rendendo insostenibile l’attività della pesca. Il gasolio rappresenta il 60% dei costi fissi. Un motopeschereccio medio di 20 metri brucia a settimana 4 mila litri. Il costo ha raggiunto già oggi 4 mila euro. In un mese sono 16 mila euro. Per i grandi pescherecci la spesa è quasi raddoppiata. Così al pescatore non resta nulla.
Domani le associazioni del settore saranno ricevute al Ministero per le Politiche agricole e della pesca. In questo contesto il governo si sta preoccupando di sostituire il gas russo con gas proveniente da altri paesi come l’Algeria o il Qatar. Ieri il ministro delle infrastrutture Giovannini ha ipotizzato anche la realizzazione di un impianto di rigassificazione a Gioia Tauro.
Secondo Coldiretti la guerra di Putin contro l’Ucraina e la crisi energetica stanno contribuendo all’aumento medio di almeno 1/3 dei costi della produzione agricola per un esborso aggiuntivo di almeno 8 miliardi di euro all’anno.
I costi sono aumentati del 170% nel settore dei concimi, del 50% dei mangimi, dell’80% nell’energia. Questo significa prezzi raddoppiati degli imballaggi, della plastica, del vetro , del legno, della carta usati per confezionare il latte, le bottiglie per vino, olio, succhi e passate.
Oltre che sull’energia l’Italia si scopre vulnerabile anche sul modi di produzione del cibo. La crisi geopolitica in corso sta contribuendo a interrompere, o rende più difficile, un’economia fondata sulle filiere lunghe, una caratteristica della globalizzazione già messa in crisi dalle quarantene adottate per rallentare il contagio del Covid. Per Coldiretti il 36% del grano tenero è prodotto in Italia. Il resto è importato.
Così è per il 53% del mais, il 51% della carne bovina, il 56% del grano duro per la pasta, il 73% dell’orzo, il 63% della carne di maiale e i salumi. Nella nuovacongiuntura economica la politica agricola comune (Pac) e il «Pnrr» potrebbero essere inadeguati. Per la Cia-Agricoltori Italiani il prezzo del frumento tenero è aumentato prima del conflitto in Ucraina da 22 a 34 euro al quintale. Le importazioni dall’Ucraina sono contenute e ritenute sostituibili con altre fonti. Aumentano i prezzi del gas naturale, ingrediente usato per i fertilizzanti per i raccolti. Il problema è logistico e legato ai costi energetici.
ROBERTO CICCARELLI
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