Se davvero siete così forti elettoralmente da sbaragliare qualunque percentuale; se davvero non temete il giudizio popolare e sapete che la politica, come ogni altro evento della vita, è rischio e quindi è impatto a volte piacevole altre volte meno piacevole (vedasi il 4 dicembre ultimo scorso); se davvero, oltre a dirlo, siete democratici e quindi ponete alla base di ogni vostra riflessione la tutela del diritto di rappresentanza piena per tutte e tutti i cittadini in virtù della delega elettorale ai propri deputati e senatori… se davvero siete e volete essere tutto questo, perché avere paura di una legge elettorale proporzionale pura?
Le sento già le obiezioni: il proporzionale non garantirebbe la formazione di un governo stabile il giorno dopo il voto. E quando mai la nostra democrazia ha avuto come esigenza quella di ottenere, immediatamente dopo un minuto dallo scrutinio delle schede e dall’assegnazione dei seggi parlamentari, la certezza di formare un esecutivo o di averlo ante-litteram rispetto al voto politico stesso?
Queste sono tutte costruzioni politiche che sono state nel tempo messe in essere per stravolgere i dettami democratici della Costituzione repubblicana e hanno provato a trasformare la Repubblica da parlamentare a governativa già con le tante modifiche delle leggi elettorali (ne abbiamo cambiate più noi in Italia che tutti i paesi del mondo messi insieme).
I fantasmi della cosiddetta “prima repubblica” (una invenzione giornalistico-politica tutta temporale ma de facto e tanto meno de jure, mai certificata dalla nascita di una “seconda repubblica”!) sono stati evocati ogni qual volta si è provato a portare l’Italia sulla soglia del presidenzialismo: con l’abolizione della proporzionale nel referendum proposto da Mario Segni; con altre proposte sottoposte a giudizio popolare e sonoramente bocciate; con stravolgimenti operati direttamente in Parlamento e dichiarati poi incostituzionali dalla Consulta…
Tanti pasticci legislativi costruiti ad uso e consumo del consenso che una data forza politica di governo riteneva di poter capitalizzare in quel dato momento a scapito della democrazia, dell’equipollenza della rappresentanza popolare attraverso la qualità quantitativa del singolo consenso espresso (che non dovrebbe variare “di peso” a seconda del partito che si sceglie di mandare in Parlamento).
Tutto fatto, però, sotto l’ipocrita dialettica propagandistica dell’ammodernamento delle strutture “obsolete” di una Repubblica con governi di breve durata, con farraginose procedure di adempimento dei rispettivi compiti costituzionali: modernizzare, sveltire i percorsi amministrativi, rendere efficiente la pubblica amministrazione attraverso un Parlamento meno impegnato in balzi e rimbalzi di approvazioni di leggi che la controriforma di Renzi e Boschi avrebbe evitato. Magari assegnando al governo un ruolo centrale rispetto agli altri poteri dello Stato, sbilanciando l’armonia tra legislativo, esecutivo e giudiziario, ma passando all’attualità (perché alla Storia sarebbe stato davvero troppo!) dell’inconscio collettivo italiano come la migliore soluzione a tutti questi presunti problemi.
Il problema invece è il tipo di azione politica che un governo intende mettere in campo. Ed un secondo problema è il dirsi “democratici” e poi tentare di avere la maggioranza parlamentare non con la maggioranza dei voti attraverso una legge elettorale proporzionale pura ma attraverso premi di maggioranza alla lista che supera il 20 o il 25% dei voti. Le proposte si sprecano, ce ne sono più di quaranta che giacciono negli scaffali della Commissione ad acta della Camera che le ha esaminate.
L’Italicum 2 ora è la proposta in campo più accreditata per passare al vaglio proprio della Commissione parlamentare: ma è troppo proporzionale per il Partito democratico che preferirebbe, insieme alla Lega Nord, un 50% di maggioritario e un 50% di proporzionale.
La naturale regola del voto uguale per tutti sembra sfuggire sempre di mano, scivolare via come una viscida anguilla che, grazie alla sua pelle oleosa, è imprendibile a mani nude. Serve un guanto, qualcosa che faccia attrito: in questo caso contro la stabilità democratica della Repubblica, del Paese intero.
Non dovete avere paura del proporzionale. Dovete avere paura di governare fingendo di avere la maggioranza degli elettori dalla vostra parte, quando, invece, il consenso – anche grazie al grande astensionismo creato in questi anni dall’enorme sfiducia dei cittadini verso le istituzioni – si riduce ad essere il 30% di un 60% di elettori.
Può un governo avere una dignità politica su basi così effimere e ristrette? Se la può attribuire formalmente, in base alle regole del gioco che sono state truccate e con cui si è eletto un Parlamento che sarebbe tutt’ora in carica per la mera amministrazione e il disbrigo dei minimi affari correnti e non per fare nuove leggi. E’ un Parlamento dichiarato eletto con una legge incostituzionale e, quindi, come più volte abbiamo detto e scritto, è un Parlamento purtroppo “incostituzionale”.
Eppure questo Parlamento ha approvato una riforma che avrebbe stravolto la Costituzione e che, grazie all’unità di differenti tipologie di opposizione, è stata annichilita dal voto dello scorso dicembre. Un grande spartiacque quel voto, un solco incolmabile e non eliminabile: da una parte chi ha curato gli interessi popolari attraverso la tutela della vigente Costituzione e dall’altra parte chi ha cercato di arrivare ancora più vicino, dopo i tentativi con le leggi elettorali che sarebbero dovute essere applicate immediatamente dopo la “grande vittoria” del “sì”, ad un semipresidenzialismo non dichiarato, ma nei fatti imposto con tanti piccoli cambiamenti che avevano davvero del parossistico se non fossero stati realmente concepiti e messi su carta e votati dalla maggioranza governativa.
Non abbiate, dunque, paura della legge elettorale proporzionale pura. Cercate non la deregolamentazione, la partecipazione come ratifica popolare di un consenso già scritto e determinato con gli stratagemmi dei premi di maggioranza a coalizioni o liste. Cercate, piuttosto, il vostro consenso. Se ancora riuscite a trovarlo.
Noi comunisti siamo abituati a risalire la china da pericolose discese. Ma chi pensa di essere Giove e precipita dalle nubi, per ritornare nell’empireo dei cieli ha molta più strada e fatica da fare.
MARCO SFERINI
12 maggio 2017
foto tratta da Pixabay