Nelle caserme e nei commissariati nessun fine giustifica i mezzi. La retorica sostanzialista nel lavoro di polizia è quella per cui tutto è lecito pur di ottenere giustizia o di raggiungere rapidamente la verità.
Si tratta di una retorica pericolosa, fuori dall’arco di ciò che è lecito in una democrazia.
Il confine ai poteri di polizia è ciò che distingue un regime illiberale da uno Stato costituzionale di diritto. In quest’ultimo nessuno deve abusare dei propri poteri di custodia. Uno Stato forte è quello che reprime il crimine nel rispetto delle proprie regole. Le immagini che hanno fatto il giro del mondo della persona arrestata, bendata e ammanettata, evocano la retorica sostanzialista delle mani libere.
È del tutto privo di senso logico, strumentale, nonché istituzionalmente scorretto giustificare la condotta dei carabinieri, così come ha fatto il ministro degli Interni Matteo Salvini quando ha scritto che: «A chi si lamenta della bendatura di un arrestato, ricordo che l’unica vittima per cui piangere è un uomo, un figlio, un marito di 35 anni, un Carabiniere, un servitore della Patria morto in servizio per mano di gente che, se colpevole, merita solo la galera a vita. Lavorando. Punto»
Questo breve post del ministro merita almeno tre diverse considerazioni.
In primo luogo contrappone la vittima alla persona arrestata, come se i diritti di quest’ultima non fossero anche funzionali a dare giustizia alla vittima stessa.
Oggi il processo nei confronti dei due americani ha qualche certezza in meno rispetto a quelle che avrebbe potuto avere, se fosse stato condotto, sin dalle fasi iniziali, secondo legge. Cosa avrebbe scritto su Facebook il ministro Salvini se uno dei suoi uomini di partito, finito giustamente o ingiustamente sotto inchiesta, fosse stato bendato e ammanettato durante la fase dell’arresto?
Gli interrogatori formali e informali non possono, come vorrebbe forse il ministro, cambiare modalità e severità a seconda del reato di cui si è accusati. E’ questa un’assurdità scritta e urlata da chi non ha la capacità di ragionare in termini astratti e generali, da chi non si rende conto che se esiste una regola essa vale per tutti ed è a garanzia di tutti, innocenti o colpevoli, custodi e custoditi.
Ogni forma di pressione psicologica o fisica coarta la volontà delle persona indagata, non facilita la ricerca della verità storica, inserisce elementi di paura che inquinano il lavoro degli inquirenti.
In secondo luogo il ministro evoca una pena illegale, i lavori forzati. E su questo dovrebbe esserci la reazione di tutti gli altri ministri, a partire da quello della Giustizia e dal presidente del Consiglio. Chi ha giurato sulla Costituzione si ricordi dell’articolo 13 che sancisce che è punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà.
È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà. Costituzione, art. 13
Non sappiamo se e quale sarà l’ipotesi di reato contestata a chi ha bendato il giovane americano e a chi ha permesso che ciò accadesse, sappiamo però che con quell’operato si è calpestata la dignità della persona sottoposta a indagine e si è messa a rischio l’azione investigativa a ricerca della verità.
Chi sui social ridimensiona quanto accaduto in caserma non ha evidentemente a cuore né una né l’altra delle due questioni.
Infine, due riflessioni.
La prima è che fortunatamente il nostro sistema giuridico non consente l’estradizione verso paesi che praticano la pena di morte.
La seconda è che non è rassicurante ipotizzare cosa sarebbe potuto accadere qualora la persona arrestata fosse stata nordafricana anziché statunitense.
PATRIZIO GONNELLA
Presidente di Antigone
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