CDU ed SPD: a tutto riarmo, un patto opportunistico contro i più fragili

La dimostrazione che la guerra è un «fenomeno che si accompagna inseparabilmente alla società classista», come scriveva Franz Mehring nella sua “Vita di Marx” edita nel 1918, quasi al...

La dimostrazione che la guerra è un «fenomeno che si accompagna inseparabilmente alla società classista», come scriveva Franz Mehring nella sua “Vita di Marx” edita nel 1918, quasi al termine del primo conflitto mondiale, è data – se vogliamo estendere un po’ il concetto e fargli, quindi, anche oltrepassare i confini temporali in cui è stato formulato – pure dalle ragioni prime che stanno alla base dell’accordo di governo tedesco: il patto tra CSU/CDU e SPD è quanto di più conservatore e reazionario si possa trovare su piazza in una Germania che scivola pericolosamente dalla parte del crinale di una mobilitazione bellica permanente.

Quello di Merz, che nascerà si presume nella prima settimana di maggio, sarà un esecutivo in cui di sociale si potrà trovare soltanto un timidissimo rialzo delle pensioni minime; per il resto, a scorrere la sequela di punti compromissori, è tutto un investimento di trilioni di euro sul riarmo e un mettere in pratica politiche di esclusione e respingimento dei migranti come veri e propri corpi estranei di una società che – a detta di chi pretende di governarla – si sente più sicura se si riconosce nei tratti fisiognomici di un nazionalismo ripreso in considerazione per correre dietro alla veloce trasformazione dei tempi.

Una mutazione quasi genetica che riporta al lugubre preambolo del passato novecentesco, poco dopo la Prima guerra mondiale, quando la fragilità democratica di Weimar, schiacciata sotto il peso delle mutilazioni territoriali, sotto quello di una economia distrutta dalle pretese di risarcimento di Versailles, non resse l’urto dell’assalto del movimento völkish e venne travolta dall’incedente (e indecente) protervia del nazionalsocialismo che si affermava, del tutto legalmente sul piano elettorale (con le ovvie forzature operate dalle SA che, al pari delle squadracce fasciste in Italia, seminavano panico e terrore tra gli avversari, in particolare contro i comunisti).

Il fatto che la socialdemocrazia tedesca di oggi ripeta gli errori del passato e approvi nuovissimi crediti di guerra, non fa che dimostrare come prevalgano nelle formazioni politiche moderate istinti e pulsioni ipergovernative che tradiscono anzitempo tutte le promesse elettorali, visto che non possono più tradire i tanti tradimenti storici loro ascrivibili e oggettivamente riscontrabili. Proprio mentre la coalizione di governo si forma, nel nome dello sbarramento della strada al cancellierato per i neonazi-onalisti dell’AfD, i sondaggi danno quest’ultima in sorpasso, per la prima volta nella storia della Repubblica federale, sulla CDU.

Siamo innanzi a due formazioni politiche uscite malconce dalle urne: i democratici cristiani che vincono ma non hanno la forza per un monocolore o una coalizione a loro esclusivo traino; la SPD addirittura al tracollo dopo la disastrosa esperienza di governo di Olaf Scholz. Ci si chiede, almeno da parte della stampa teutonica, se è ancora possibile parlare di “Große Koalition”. Numericamente parlando sì: 328 deputati su 630. Ma nella dialettica parlamentare i toni cambiano radicalmente la scena del confronto a tutto spiano. Basti pensare al fatto che, in un solo colpo, l’AfD ha ottenuto in questa tornata elettorale 69 deputati in più rispetto a quelli che aveva.

Nessuno vuole, per carità di patria o di dio, costringere al confronto con l’ascesa al cancellierato nel 1933 di Adolf Hitler e del suo partito criminale. Ma, anche al più disattento e sprovveduto osservatore della scena internazionale e, nello specifico, di quella tedesca, non potranno non saltare agli occhi tante, davvero tante similitudini che, ne abbiamo prova dalla Storia, non hanno condotto altrove se non in grembo ad una tragedia mai vista su scala mondiale. Le premesse anche continentali ed extra-europee affinché possano prendere il largo nuove ideologizzazioni di ataviche paure, ci sono davvero tutte quante.

Rientra in campo anche in questa fase della tanto esaltata modernità sociale, del “civilissimo” Occidente, il ruolo di un opportunismo politico che non mette in discussione nemmeno per sogno i presupposti militaristi di un neonazionalismo che non tarpa le ali agli estremismi xenofobi, omofobi e antisolidali; ma, così facendo, pone nuovamente i presupposti affinché i timori della povera gente siano fomentati da teorizzazioni razziste che si celano sotto le politiche di compressione dei diritti di tutti: distinguendo tra tedeschi e non tedeschi, tra bianchi e neri, tra europei e non europei.

Il patto siglato tra CSU/CDU e SPD non nasconde affatto lo spostamento a destra dell’asse di governo: sono note, del resto, le pulsioni più estremiste del partito cattolico bavarese che condivide, nel suo ovvio spirito cristianissimo, misure come la messa dello stop ai ricongiungimenti familiari per i richiedenti asilo nei prossimi due anni e l’abolizione della legge sulla “cittadinanza rapida” che fino ad ora aveva permesso di ottenere il passaporto tedesco dopo tre anni di residenza. Non di meno saranno dimezzate le quote di ingresso dei migranti provenienti dai Balcani.

Se si passa al capito dello stato-sociale, il reddito di cittadinanza verrà decurtato o cancellato ai percettori che commetteranno delle infrazioni. Mentre i grandi capitali, le immense ricchezze di gruppi e aziende che hanno fatto le loro fortune nel biennio pandemico e si sono riciclate anche nel solco del dettame iperbellico neoatlantista, saranno preservate da qualunque attacco: nessuna tassa sui grandi patrimoni, nessun aumento di prelievi fiscali in merito. Non c’è più soltanto da registrare un tracollo della SPD sul piano meramente elettorale, ma anche in questo accordo di governo.

Che cosa vi si possa trovare di progressista, di sinistra, è davvero molto difficile poterlo anche solo ipotizzare. Ma, in fondo, dovremmo evincerci del fatto che la politica di forze che pretendono di rappresentare i lavoratori e che, poi, fanno del trasversalismo il loro piano di sviluppo del compromesso costante con il centrismo liberista, è inevitabilmente piegata ad un opportunismo inseparabile con un tatticismo fintamente pragmatista che esige di fare la propria parte sempre e soltanto nel contesto dell’economia di mercato: ne consegue che gli interessi del mondo del lavoro sono traditi e riconosciuti come variabile dipendente dall’andamento profittuale.

Non esiste un “ordine naturale” della struttura economica che, quindi, possa consentirci di rappresentare anche il mondo politico (sovrastrutturale) come qualcosa di imperturbabile: in sostanza, un partito socialdemocratico non può soltanto allontanarsi dai princìpi su cui è stato fondato, come baluardo della difesa delle categorie sociali più deboli, pur nella accettazione del sistema capitalistico e senza quindi più propensioni rivoluzionarie (e questo già ai primi del Novecento…); ma più ancora, può ridefinirsi contestualmente alle nuove cifre dello sviluppo.

Scrive Marx a questo proposito in “Per la critica dell’economia politica” (1867, poi pubblicata postuma nel 1905): «Sarebbe, dunque, errato e non opportuno disporre le categorie economiche secondo l’ordine in cui esse furono storicamente rilevanti. La loro successione è invece determinata dalla relazione in cui esse si trovano l’una con l’altra nella moderna società borghese, e quest’ordine è esattamente rovesciato rispetto a quello che sembra essere il loro ordine naturale o quello che corrisponde alla successione dello sviluppo storico».

La distinzione tra successione consequenziale degli eventi e delle dinamiche, per l’appunto, storicamente intesi, e avvicendamento dei rapporti tra le classi non è ipotizzata ma dedotta da una analisi compiutamente elaborata sulla base di dati oggettivi: nella Germania di oggi tutto farebbe pensare che, da (ex) locomotiva dell’Unione Europea, sia anche la nazione più progredita sul terreno culturale, sociale e civile. Ed invece a tanto sviluppo economico e scientifico, industriale e militare non corrisponde un uguale sviluppo in termini morali e di rappresentanza politica.

L’influenza che i mercati esercitano gli uni sugli altri (proprio quelle categorie economiche che Marx considera non disponibili soltanto in sequenza cronologicamente data dalla loro importanza nei singoli tempi di evoluzione umana) scombussola le alleanze politiche, determina persino la mutazione antropologica delle comunità e, dunque, non può non avere una ricaduta pesantissima sulla tenuta tanto delle democrazie quanto di altri regimi meno disposti al rispetto dei diritti sociali, civili ed umani. Ne abbiamo una prova proprio rispetto al governo che sta per nascere in Germania.

Gli opportunismi che nascono sulla scorta della voglia di gestione del potere sono il presupposto del mantenimento del potere stesso. Cristianesimo sociale e socialdemocrazia non sono le fondamenta culturali e storiche su cui rinasce oggi un programma di governo improntato sul compromesso tra capitale e lavoro. Tutto, o quasi, è sbilanciato a favore del primo e a penalizzazione del secondo. Perché, l’Occidente, così come era stato inteso fino ad oggi, nella sua dualità tra le due sponde dell’Oceano Atlantico, tra Europa e Stati Uniti d’America, non esiste più in questa forma dialettica.

Il trumpismo ha, almeno per il momento, messo fine ad una vera e propria fase storica che sembrava essersi consolidata dalla fine della Seconda guerra mondiale ad oggi. La Germania di Merz sarà un paese in cui, per contrastare gli estremi, di destra e di sinistra, si tenterà ancora una volta una compatibilità di sistema a tutto tondo, penalizzando anzitutto le classi lavoratrici e i più deboli di questa società a rimorchio di un’economia di guerra veramente devastante.

In questo senso, sì, la democrazia che un tempo sarebbe stata definita “borghese” e che, oggi, possiamo considerare con altri appellativi, etichettandola come “oligarchica“, “autocratica“, “imprenditoriale” o, peggio ancora, “democratura”, persevera nel suo essere una trappola per i moderni sfruttati, così come lo era un tempo, molto prima che le resistenza ai regimi totalitari novecenteschi fondassero un compromesso vero che aveva nella valorizzazione del pubblico e dello Stato un dato di primazia rispetto alle pretese del profitto.

Ha ragione Lenin, da questo punto di vista: libertà ed uguaglianza sono parole vuote nei programmi di coalizioni e forze politiche anche sociali e popolari, se non si fa altro che interpretare le esigenze del capitalismo e della guerra che lo interpreta nella sua fase imperialista, mascherando il tutto come emergenza nazionale, continentale e, quindi, globale. Questa emergenza c’è, ma occorre avere ben chiaro che molti che dicono di essere la soluzione del problema sono, invece, gli stessi che quel problema lo fanno nascere e lo alimentano proprio contro i più fragili di questa moderna società delle nuove povertà diffuse.

Le diseguaglianze economiche, aumentate proprio dall’economia bellica, dal trilione di euro messo a bilancio nella Germania del riarmo a tutti i costi, non solo sono destinate ad aumentare esponenzialmente, ma sono, qui ed ora, il presupposto antisociale e impolitico di una politica di governo che non ha nulla di sociale e nulla di democratico. Tanto meno, verrebbe da dire, non ha nemmeno nulla di popolare e di cristiano. Le destre neonaziste a parole contrasteranno i provvedimenti della coalizione CSU/CDU/SPD, ma nei fatti applaudiranno segretamente ad ogni misura che esaspererà sempre più le magre esistenze dei tedeschi.

Per ogni legge che tutelerà i profitti e le grandi finanze e penalizzerà i poveri, decine di migliaia di consensi andranno verso i peggiori approdi di destra estrema. C’è tuttavia una parte della Germania che sta riscoprendo un programma socialista degno di questo nome: la Linke, con tutte le sue ultime vicissitudini, lo propone con un entusiasmo che getta uno spiraglio di luce in tutto questo chiaroscuro dove, per riprendere ancora una volta le metafore gramsciane, nascono veramente i mostri.

MARCO SFERINI

10 aprile 2025

foto: screenshot ed elaborazione propria

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