«Noi avremmo voluto abbattere l’orso sul posto» ha detto ieri il presidente della Provincia di Trento, Maurizio Fugatti, durante la conferenza stampa convocata per illustrare i particolari della cattura di Jj4, l’orsa responsabile dell’aggressione che il 5 aprile ha ucciso il giovane Andrea Papi, mentre correva sul monte Peller. «Abbiamo rafforzato la presenza delle forze dell’ordine davanti al Casteller per eventuali manifestazioni degli animalisti che sono la conseguenza di quanto accaduto» ha aggiunto parlando del Centro di recupero fauna alpina dov’è stato rinchiuso l’animale e addossando di fatto la colpa del tragico incidente a chi negli anni ha protestato contro la sua lotta senza quartiere all’orso in Trentino.
L’animale è stato catturato nella serata di martedì, intorno alle 23, in un’area in prossimità della Val Meledrio, «con le modalità della gabbia tubo» contenente della frutta, ha specificato Fugatti. L’orsa era con i suoi tre cuccioli, di circa due anni e del peso di 35-40 chili, lasciati liberi. «Nei prossimi giorni sarà convocato il tavolo di confronto con il ministero dell’Ambiente per studiare le modalità e la concreta possibilità del trasferimento degli orsi in eccesso» ha aggiunto.
Ieri, intanto, il Tar di Trento ha rigettato l’istanza presentata dalla Provincia per anticipare al 20 aprile l’udienza relativa alla sospensione dell’ordinanza di abbattimento dell’orsa Jj4, confermando la camera di consiglio fissata per l’11 maggio.
Il Tar ha inoltre chiesto a Ispra di depositare la relazione e il parere richiesto sull’abbattimento o il possibile trasferimento dell’orsa «in altro sito senza spese per la Provincia di Trento».
Oggi sarà a Trento anche la Lav, che ha richiesto un incontro urgente a Fugatti. L’obiettivo è organizzare il trasferimento dell’orsa all’estero, nel rifugio-santuario individuato dall’associazione. Lav chiede anche di vedere l’orsa rinchiusa al Casteller «per verificare le condizioni di detenzione e di salute di Jj4». Casteller, una struttura costruita per l’accoglienza provvisoria di esemplari di orso e non per la captivazione permanente, è un’area di bosco e prato di 8mila metri quadrati inserita nel Centro faunistico di proprietà dell’Amministrazione provinciale, sulla collina a sud di Trento.
Sulla vicenda ha espresso il proprio parere anche Paolo Colangelo, dell’Istituto di Ricerca sugli Ecosistemi Terrestri del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr-Iret). Gli orsi non diventano mai aggressivi perché vedono l’uomo come una preda, ma solo quando si sentono minacciati, ad esempio nel caso si tratti di una mamma con i suoi cuccioli, oppure se viene disturbato durante la caccia, ha spiegato intervistato dall’Ansa. «In Trentino – ha aggiunto – si è persa la cultura della convivenza con gli orsi: in quella zona, infatti, questa specie era scomparsa ed è stata reintrodotta solo 20 anni fa. Da quel momento la popolazione animale è aumentata ed è entrata in conflitto con quella umana, che non sa più come comportarsi in queste circostanze».
In Italia, dopo essere scomparso a causa della caccia, per molto tempo l’orso è sopravvissuto solo nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise. «Qui la popolazione è abbastanza ristretta, di circa 50-60 esemplari, e le persone non hanno perso quella cultura della convivenza che invece è stata dimenticata in altre zone» commenta Colangelo. La cultura della convivenza si basa anche su una comunicazione efficace, come racconta al manifesto Daniela D’Amico, responsabile dell’ufficio comunicazione del Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise.
«Gli animali, come gli esseri umani, non sono né buoni né cattivi per indole. Quando si parla di Natura, spesso prende il sopravvento l’emotività, che è senz’altro importante, ma non possiamo fare a meno di considerare anche la razionalità, riflettere sulle condizioni esterne che provocano determinati comportamenti. Altrimenti si racconta che l’animale è “cattivo” e quindi in un territorio antropizzato come quello Trentino non ci può stare».
Secondo D’Amico, a fronte di quanto sta accadendo serve spiegare «l’importanza della presenza dell’orso in un ambiente, perché non ha senso parlare di cambiamento climatico o di diminuzione della biodiversità se non capiamo nel profondo che cosa comporta l’orso nella nostra di vita. Se in un ambiente vivono l’orso, il lupo o l’aquila significa che quello è un territorio sano, anche per noi. Se supporta la presenza dei grandi predatori, supporta anche la presenza degli esseri umani». Il problema, spiega D’Amico, siamo noi, che «giochiamo a fare Dio: levo l’orso, perché sta dando fastidio, poi lo rimetto».
Comunicazione efficace è anche usare i termini corretti. In diversi titoli di giornale nelle ultime due settimane è stato usato il termine «sbranato» per descrivere la morte di Andrea Papi ad opera di Jj4. Ma non è così. «L’orso ha aggredito la povera vittima, probabilmente dopo un incontro che aveva spaventato entrambi. Ma, secondo le ricostruzioni, non c’è stata predazione. Usare quel termine fa parte di una comunicazione sbagliata. È stata l’aggressione di un essere enorme a un ragazzo».
LUCA MARTINELLI
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