Carige, la banca in crisi e il sistema senza credibilità

Un delicato percorso che evidenzia la preoccupazione di tutte le principali istituzioni del governo finanziario (dalla Bce alla Banca d’Italia) sulla fragilità del sistema italiano e la mancanza di credibilità del segmento bancario, elementi mancanti per una ripresa economica

Il commissariamento di Carige, istituto di credito di medie dimensioni, è il primo provvedimento del genere assunto dalla Bce nei confronti di una banca italiana e motivato dal potenziale di rischio costituito dalla banca ligure per la «stabilità finanziaria». Le crisi bancarie in Italia proseguono e ruotano attorno a realtà medio-piccole che preoccupano più per la generale debolezza del sistema in cui operano, perciò per possibili ricadute di ordine sistemico. La parabola della Carige è indicativa di un processo in corso. Da banca locale inizia a ingrandirsi a partire dagli anni Novanta con un crescendo di acquisizioni di piccole banche, fino a giungere all’acquisto in varie regioni di una serie di sportelli persino di Banca Intesa e Unicredit. Sono gli ultimi acquisti, però, a fotografare un settore che rincorre le proprie difficoltà con crescente affanno: è del 2010 l’acquisizione di 22 sportelli da Monte dei Paschi.

L’esplosione della crisi dei debiti sovrani nel 2011 costituirà il fattore deflagrante dell’ascesa di Carige. Dal 2012 l’istituto non avrà più il bilancio in attivo. La crisi economica ha determinato grandi difficoltà per una banca orientata ad attività tradizionali che hanno prodotto un notevole aumento nei crediti inesigibili. A questi si sono aggiunte irregolarità e inchieste durante la presidenza del discusso Giovanni Berneschi. Crisi e malagestione dunque. Sul versante strettamente economico i dati della Liguria, principale territorio di riferimento per Carige, descrivono un’area depressa ormai lontana dall’essere un vertice del triangolo industriale. Dal 2008 al 2016 hanno chiuso circa seimila imprese, pari a oltre il 4% del totale, il valore aggiunto si è contratto di quasi il 3,8%, con punte negative pari al 19% in agricoltura e al 15% nell’industria. Solo i servizi hanno sostanzialmente tenuto. L’occupazione negli ultimi dieci anni è diminuita di oltre 18 mila unità, pari a oltre il 3%. I tassi di povertà, infine, accomunano la Liguria alle regione del Mezzogiorno. Alla crisi dell’economia reale vanno aggiunti gli illeciti perpetuati ai danni della banca da una parte dei suoi stessi dirigenti (con alcune prime condanne già arrivate in appello). Le accuse vanno dalla truffa ai danni della banca e del suo ramo assicurativo fino al riciclaggio. Acquisti di titoli e immobili a prezzi gonfiati per generare plusvalenze da investire all’estero.

Dal 2014 inizia il calvario fatto di ripetute ricapitalizzazioni, stress test della Bce falliti, crollo continuo dei titoli in Borsa. Ripetuti ricambi dei vertici e acquisizione della maggioranza relativa delle quote da parte dei Malacalza, famiglia che ottiene i suoi successi nel manufatturiero e poi diversifica anche nel settore del credito. Ripetute tensioni tra i vertici e la proprietà fino al recente rinvio per una nuova ricapitalizzazione, quest’ultima resasi necessaria dopo che i nuovi manager quest’autunno hanno realizzato un’ulteriore pulizia del bilancio, svalutando una parte dei crediti per circa 250 milioni. La ricapitalizzazione necessaria ammonterebbe a circa 400 milioni, di cui 320 servirebbero per rimborsare il supporto ottenuto dal Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi al prezzo di un rendimento del 13%. Ma i Malacalza, principali azionisti, a fronte di una continua erosione del valore della banca (nell’ultimo anno il titolo ha perso oltre l’80%) non sono convinti di investire ulteriormente. Ecco allora la messa in amministrazione controllata con i dirigenti uscenti dall’ultima compagine in carica nel Cda, la sospensione sine die del titolo in Borsa, la conferma della volontà di un rafforzamento patrimoniale e, infine, la disperata ricerca di un’aggregazione con altri soggetti.

La politica, regionale e nazionale, conferma la propria attenzione sul caso, ma esclude qualsiasi intervento pubblico per raddrizzare e gestire diversamente il credito a imprese e cittadini. Un delicato percorso, dunque, che evidenzia la preoccupazione di tutte le principali istituzioni del governo finanziario (dalla Bce alla Banca d’Italia) sulla fragilità del sistema italiano e confermano come gli affanni e la mancanza di credibilità del segmento bancario siano tra i tasselli mancanti per una ripresa economica degna di questo nome.

MARCO BERTORELLO

da il manifesto.it

foto: screenshot

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Finanza e capitali

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