Per aver violato la legge sulle carceri del 1975, il ministero di Giustizia è stato condannato dal tribunale civile di Brescia a risarcire con 14 mila 417 euro, più gli interessi, un uomo che ha trascorso 2090 giorni in carcere da innocente e per giunta in condizioni di sovraffollamento tali da ledere ogni diritto alla dignità umana, come stabilì peraltro nel 2013 la Corte Ue di Strasburgo nella cosiddetta «sentenza Torreggiani».
Anche per quello che fu il primo riconoscimento della violazione sistematica dei diritti umani nelle carceri da parte dello Stato italiano, Carmelo Gallico, che oggi ha 54 anni, ha potuto vincere la sua battaglia, combattuta da quando nel marzo 2016 decaddero le accuse per le quali venne accusato di affiliazione alla ’ndrangheta e sottoposto per più di cinque anni a custodia cautelare, rinchiuso – anche in regime di 41 bis – in vari carceri italiane, da Canton Mombello di Brescia a Nuoro Badu e Carros, da Roma Rebibbia a Cuneo (dove mancava l’acqua calda) e, nel 2009, nella casa lavoro di Favignana dove l’uomo trascorse 336 giorni dormendo con altri nove detenuti in una cella di 32 metri quadri.
Il giudice Giuseppe Magnoli del tribunale di Brescia, condannando il ministero di Giustizia per le «condizioni di non umanità vissute dal ricorrente durante il periodo di detenzione», ha citato l’articolo della Costituzione italiana che recita: «Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannati». E nella sentenza scrive: «La legge 354/1975, per quanto qui rileva ed in attuazione del principio costituzionale di cui all’art.27, comma 3, della Carta Fondamentale, stabilisce espressamente che il trattamento penitenziario deve essere conforme ad umanità, e deve assicurare il rispetto della dignità della persona».
Il ministero di Via Arenula ha violato, secondo il giudice, l’articolo 69 della legge n.354/1975, quello che punisce l’«inosservanza da parte dell’amministrazione di disposizioni previste dalla presente legge e dal relativo regolamento dalla quale derivi al detenuto o all’internato un attuale e grave pregiudizio all’esercizio dei diritti».
Per Carmelo Gallico il provvedimento «ha un significato fondamentale e spero – ha commentato l’uomo – serva a trovare soluzioni definitive per la situazione carceraria in Italia. È stata una battaglia che ho portato avanti per ristabilire un principio di civiltà all’interno del carcere». «La speranza è che questa sentenza non si limiti al risarcimento economico – ha aggiunto il suo legale, l’avvocato Andrea Arcai – ma serva all’Italia a mettersi in regola come da tempo chiede l’Europa per le condizioni di vita nelle nostre carceri».
ELEONORA MARTINI
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