L’ondata di caldo continua ad avere effetti devastanti nel nord ovest degli Stati Uniti e in Canada dove il conto delle vittime di queste temperature impossibili nella Columbia Britannica sfiora le 500 persone. Un problema ulteriore è che queste zone non sono preparate a questo tipo di temperature, così come i medici a gestire le complicazioni che ne derivano. «Molti dei nostri servizi sanitari, i nostri primi soccorritori – ha detto durante una conferenza stampa il capo medico legale della Columbia Britannica Lisa Lapointe – non hanno mai sperimentato nulla di simile in precedenza. Ci è voluto un po’ di tempo per aumentare la risposta. Ci sono stati ritardi nel raggiungere i medici e ci sono stati ritardi nel rispondere alle emergenze».
Adesso in Canada l’emergenza sono gli incendi, mentre interi paesi stanno sparendo, distrutti dalle fiamme. A Lytton, cittadina di quasi 300 abitanti nella Columbia britannica, a 150 chilometri da Vancouver, nell’arco di poche ore hanno preso fuoco la maggior parte degli edifici, delle automobili e della vegetazione . Le fiamme hanno attraversato velocemente la cittadina, tanto velocemente che le autorità non hanno fatto in tempo a organizzare le operazioni di evacuazione e di soccorso.
Dopo tre giorni di caldo inesorabile, la gente del villaggio di Lytton sperava in una tregua, le temperature che ad un certo punto avevano raggiunto i 49,6° C (121,28° F), erano leggermente diminuite, alimentando le speranze che il peggio fosse passato, ma quello stesso giorno è arrivato l’incendio fulmineo, al punto che quando verso le 18 era arrivato l’ordine di evacuazione da parte del sindaco, molti stavano già scappando, e in poche ore la maggior parte degli edifici è stata consumata dalle fiamme.
La cupola di calore che ha coperto la Columbia Britannica e che ora si sta spostando verso est, nell’area di Alberta, negli ultimi giorni ha prodotto una raffica di incendi, e i corpi dei vigili del fuoco sono alle prese con più di 26 incendi in tutta la provincia, compito complicato dagli effetti persistenti delle temperature da record. A inizio settimana gli elicotteri destinati a domare il fuoco nella zona di Sparks Lake, sono stati messi a terra perché i motori si erano surriscaldati, ed ora l’incendio ha raggiunto una dimensione di oltre 200 km quadrati. Le condizioni hanno reso impossibile la soppressione degli incendi e la provincia ha ritirato i mezzi per mantenere al sicuro le squadre dei vigili del fuoco.
«Nel Canada occidentale circa 1.000 persone sono state evacuate, e la provincia della Columbia Britannica ha registrato 62 nuovi incendi nelle ultime 24 ore, ha detto il premier della Columbia Britannica John Horgan durante una conferenza stampa. Non posso sottolineare abbastanza quanto sia estremo il rischio di incendio in questo momento in quasi ogni parte della regione», ha sottolineato Horgan, aggiungendo che «oltre che in Columbia Britannica, sono stati emessi avvisi per le ondate di caldo anche nelle province di Alberta, Saskatchewan, Manitoba, parti dei Territori del Nord-Ovest e ora dell’Ontario settentrionale».
La Cameco corporation ha segnalato un incendio tra i boschi nelle vicinanze della sua miniera di uranio a Cigar Lake, nel nord del Saskatchewan. In una dichiarazione la società ha affermato di aver evacuato circa 230 lavoratori dalla miniera mentre circa 80 persone rimangono sul posto per mantenere la struttura in uno stato sicuro e monitorare la situazione.
La Cameco corporation ha aggiunto che anche quell’incendio è derivato dal dalla cupola di calore sul Canada occidentale, la produzione alla Cigar Lake Mine è stata temporaneamente sospesa e la Cameco ha affermato che se la minaccia di incendi boschivi dovesse continuare a crescere, esiste già un piano per mantenere i lavoratori al sicuro. La Commissione canadese per la sicurezza nucleare che regola la miniera, ha twittato di stare monitorando la situazione, ma i racconti che arrivano dai vigili del fuoco presenti nell’area descrivono una situazione talmente lontana dall’essere sotto controllo da spingerli ad inviare messaggi di affetto e di commiato ai propri cari in caso non dovessero tornare a casa.
Negli Stati Uniti occidentali l’ondata di caldo sembra essersi un po’ placata ma le temperature restano comunque al di sopra della media e i rifugi di Portland, Oregon, costruiti per fare fronte alle tempeste di neve particolarmente brutali dello scorso inverno, sono ora utilizzati per l’esatto motivo opposto: come rifugio dall’ondata di caldo devastante che questa settimana ha paralizzato gran parte del Pacifico nord-occidentale. «La gente in questi giorni stava letteralmente strisciando al nostro centro perché faceva troppo caldo. Alcuni vomitavano, altri bruciavano di febbre e altri erano disidratati», ha detto al Financial Times Caleb Coder, organizzatore di uno di questi centri di emergenza, la Cultivate Initiatives che aiuta gli abitanti più vulnerabili della città.
MARINA CATUCCI
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