La guerra infinita afghana continua a mietere vittime con atrocità sempre maggiori. Ieri mattina una cisterna per l’acqua caricata di esplosivo è saltata in aria a Kabul nell’ora di punta, le 8 e trenta, uccidendo almeno novanta persone e ferendone circa 400, molte delle quali medicate all’ospedale di Emergency, a poche centinaia di metri dal luogo dell’esplosione. Un bilancio che mentre scriviamo continua ad aggravarsi e che, nel tardo pomeriggio di ieri, non aveva ancora una paternità. I Talebani, con un messaggio affidato in tempi rapidissimi al loro sito ufficiale, hanno sdegnosamente rifiutato la paternità dell’attentato, chiarendo che il movimento non prende mai di mira la popolazione civile.
L’ESPLOSIONE, che si è udita in tutta la città e il cui fumo ha invaso interi quartieri del centro, è avvenuta poco distante dalla porta d’ingresso della zona diplomatica dove ha sede anche l’ambasciata italiana, lungo una via molto frequentata dagli abitanti di Kabul e spesso intasata dal traffico. Sembra ricordare quella che, nel 2009, fece saltare in aria una cisterna di benzina davanti all’ambasciata tedesca che si trova appunto sull’ingresso della cosiddetta «green zone». Da allora sono aumentati sbarramenti di cemento, poliziotti privati e controlli accurati ma nessuno è ancora riuscito a trovare la ricetta per impedire simili attentati, che colpiscono soprattutto i civili, fuori dai compound blindati della diplomazia.
LA MODALITÀ della strage potrebbe far pensare a una mossa della fazione afghana Haqqani o della branca locale dell’autoproclamato Stato islamico. Da più di due anni il Califfo Abu Bakr-al-Baghdadi cerca di guadagnare terreno con i suoi uomini in Afghanistan. Finora i risultati sono stati deludenti. I barbuti della cosiddetta «provincia del Khorasan» vantano una presenza significativa soltanto in pochi distretti della provincia orientale di Nangarhar, al confine con il Pakistan, dove è scarso sia il controllo governativo sia quello dei Talebani, nemici acerrimi del Califfo. I suoi militanti sono però riusciti a firmare stragi di civili con grandi numeri, come quella che nel luglio 2016 ha colpito a Kabul un’imponente manifestazione della comunità hazara contro un controverso progetto energetico che prevede l’integrazione della rete elettrica afghana in un network regionale. Allora i morti furono 81 e l’obiettivo chiaro: soffiare sulle divisioni confessionali e comunitarie, colpendo gli hazara, la minoranza sciita della popolazione afghana, perlopiù sunnita.
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EMANUELE GIORDANA
GIULIANO BATTISTON
foto tratta da Pixabay