Il giorno dopo lo tsunami elettorale che ha travolto l’argine del monopolio Csu, a Monaco arriva l’esito del conteggio definitivo del voto di domenica. Il dato finale conferma lo strepitoso boom dei Verdi che ha fatto sprofondare i cristiano-sociali al 37,2% e colato a picco i socialdemocratici fino a quota 9,7%.
Le urne della Baviera restituiscono, ora ufficialmente, il 17,5% conquistato dai Grünen che coincide con il clamoroso record raggiunto nelle città con oltre 100 mila abitanti, dove gli ecologisti hanno convinto un elettore su tre con un programma europeista, pro-migranti e in difesa dell’ambiente.
Un risultato sintomatico: dal punto di vista politico dimostra – al di qua e al di là delle Alpi – che nelle urne «si vince non seguendo la destra» come riassume la candidata-governatrice, Katharina Schulze, 33 anni, volto della nuova “rivoluzione” verde. Insieme al co-leader Ludwig Hartmann (classe 1978) ha costruito i «Dieci punti per la Baviera» che li hanno condotti al successo. Un decalogo incardinato su finanziamenti al settore sociale, estensione delle aree protette, energia pulita e mobilità sostenibile. Oltre alla promessa di 50 mila nuovi alloggi popolari piaciuta non poco alle migliaia di ex elettori di sinistra: il 42% di loro, fino a sabato scorso, aveva votato per la Spd che domenica è precipitata al 9,7% (dal 20,6 del 2013) facendo registrare un’emorragia di voti perfino più copiosa della Csu.
Ma il vero segreto del successo dei Verdi è legato all’intransigenza sul tema in grado di condizionare le elezioni in Baviera anche più del voto federale che un anno fa fece vacillare Angela Merkel. Per i Grünen i migranti – nonostante gli attentati in Baviera, i sondaggi dell’opinione pubblica e l’agenda-setting suggerita dall’informazione – non sono mai stati il terreno minato che ha letteralmente fatto saltare in aria la politica europea di Merkel quanto la «solidarietà» promossa dalla Spd. Mentre l’emergenza-profughi ha condizionato tutto e tutti, gonfiando i fascio-populisti di Alternative für Deutschland fino alla storica entrata in Parlamento (sull’onda del 10,2% raccolto alle urne che si traduce in 22 deputati, esattamente quanti la Spd) e spaccando la sinistra fra internazionalisti e sovranisti: domenica la Linke non è riuscita a superare il 3,2% che pure rappresenta l’1,1% in più delle scorse elezioni ma non basta a superare la soglia di sbarramento al Parlamento.
Come annota Der Spiegel, i Verdi non si sono lasciati ingabbiare dal problema e soprattutto «non hanno mai perso l’ottimismo». Così «il “Possiamo farcela” scandito nel 2015 dalla cancelliera Angela Merkel, agli elettori è apparso davvero possibile solo a loro. Del resto si tratta di una sfida non meno epocale di quella sull’ambiente, che certo non scoraggia i Grünen».
Per lo stesso motivo, nel segreto dell’urna, sono riusciti a intercettare anche i delusi dalla Csu che non hanno messo la croce su Afd (altro approdo del 10,6% di voti in fuga cristiano-sociali). Probabilmente non credono alla «Baviera aperta e cosmopolita» immaginata dai Verdi, ma si sono convinti a dare fiducia all’unica credibile alternativa al modello del premier Csu Markus Söder.
Allo stesso tempo i bavaresi si sono dimostrati più sensibili del previsto al cambiamento climatico, “cavallo di battaglia” della coppia Schulze-Hartmann. Non ha pesato solo il Dieselgate che coinvolge i marchi locali ma anche questioni-chiave come la minaccia di estinzione delle api che in altri tempi avrebbe fatto sorridere.
L’opposto dell’idea di sviluppo della Csu ma anche il contrario dell’industria del carbone difesa dalla Spd e ben distante dal liberismo “ambientale” di Fdp, che domenica ha conquistato comunque il 5,1% dei voti (+2,6 dal 2013) ritagliandosi, dietro ai “Liberi elettori”, il ruolo di interlocutore nelle consultazioni per il governo.
Ma l’ideologia dei Verdi collima con la visione pratica, al punto che addosso a Katharina Schulze la stampa ha già cucito l’abito di «pragmatica»: altra caratteristica che una volta contraddistingueva la cancelliera. «Dare coraggio invece di fare paura» è il suo leitmotiv, così lontano-così vicino alla xenofobia di Seehofer e all’odio di Afd, affidato ai 38 deputati eletti.
SEBASTIANO CANETTA
foto tratta dal Pixabay