TERZA PARTE
Il passaggio dal muto a sonoro fu uno dei più sensazionali eventi nella storia del cinema, nulla sono a confronto il colore o il 3D. L’avvento del sonoro portò nuovi sogni (come ascoltare la voce dei propri beniamini) e nuovi generi (ad esempio il musical grazie a Fred Astaire e Ginger Rogers), ma, unito al crescente peso delle cosiddette “majors” (oggi diremmo “combinato disposto”), distrusse un’intera generazione di attori e autori.
Ad essere colpito fu soprattutto il genere comico. “La comicità visiva ha ben poco a che spartire con quella verbale” (Cremonini). Harlod Lloyd, dopo il suo primo film sonoro, Welcome Danger (Evviva il pericolo!, 1929) di Clyde Bruckman, realizzò solo più sei pellicole. Sorte non dissimile per Harry Langdon. Laurel e Hardy passarono, invece, dalla MGM alla FOX e dopo poco finirono di far ridere. Incurante, il solo Chaplin continuò a fare film muti, “ma è un lusso che solo lui può concedersi” (Cremonini) o come disse David Wark Griffith: “Non aveva nulla contro il sonoro in sé. Quel che cercava di fare era conservare il silenzio di Charlot”. Invece per il genio di Keaton, nel nuovo cinema, non c’era posto. La MGM lo relegò a semplice attore.
L’industria cinematografica aveva subito meno di altre la crisi del ’29, la Metro-Goldwyn-Mayer navigava in buone acque e nel 1929 produsse The Hollywood Revue of 1929 (Hollywood che canta) di Charles Reisner in cui le star della MGM, con l’eccezione di Lon Chaney, Greta Garbo e Ramón Novarro, si esibirono in brevi sketch in omaggio al sonoro. Keaton rispolverò il suo passato nel vaudeville per l’episodio Dance of the Sea in cui diede vita ad una danza grottesca in abiti femminili. In omaggio alla nuova “scoperta” fu anche il successivo The Voice of Hollywood (La voce di Hollywood, 1930) diretto da Louis Lewyn.
Successivamente la MGM affiancò Keaton al regista Edward Sedgwick che lo aveva diretto in The Cameraman e vennero così realizzati Free and Easy (Chi non cerca… trova, 1930) e Doughboys (Il guerriero, 1930) in cui la satira militare è davvero annacquata. Seguì, sempre per la regia di Sedgwick, Parlor, Bedroom and Bath (Io… e le donne o Salotto, camera e servizi, 1931) tratto da una pièce teatrale risulta “immobilizzato in una staticità di scena seconda solo a quella delle inquadrature; la povertà linguistica è perfino imbarazzante” (Cremonini). Seguì Sidewalks of New York (Il milionario, 1931) di Jules White e Zion Myers
Il lavoro successivo di Keaton fu The Stolen Jools conosciuto anche come The Slippery Pearls (I gioielli rubati, 1931) di William McGann, un cortometraggio di beneficienza a sostegno della National Vaudeville Artists Tuberculosis Sanitarium cui parteciparono molte star di Hollywood (Wallace Beery, Stan Laurel, Oliver Hardy, Joan Crawford, Gary Cooper, Douglas Fairbanks Jr.).
Ma fu davvero l’avvento del sonoro a schiacciare Keaton? Egli stesso aveva voluto una versione sonora di Spite Marriage e i primi lavori “parlati” furono tutt’altro che fiaschi: Free and Easy, ad esempio, fu tra i maggiori successi del 1930 per la MGM. Il problema, infatti, risiedeva nella “major”, che non voleva lasciare alcuna libertà a Buster. Tuttavia, resasi conto delle difficoltá che l’attore stava affrontando, decise di affiancargli Jimmy Durante (New York, 10 febbraio 1893 – Santa Monica, 29 gennaio 1980) che recitò con lui a partire dal successivo The Passionate Plumber (Chi la dura la vince, 1932) ancora di Edward Sedgwick. Più interessante Speak Easily (Parlami dolcemente o Il professore, 1932) ancora diretto da Sedgwick.
L’ingenuo professore di letteratura greca Timoleon Zanders Post (Buster Keaton) si unisce ad una troupe di avanspettacolo guidata dal manager James (Jimmy Durante). L’amore per la giovane Pansy Peets (Ruth Selwyn) lo porterà a calcare con successo il palcoscenico, nonostante i tentativi della perfida Eleanor Espere (Thelma Todd, già protagonista al fianco dei Fratelli Marx).
Un film che unì, seppur in maniera caotica, una sorta di parodia di L’angelo azzurro (Der blaue Engel, 1930) di Josef von Sternberg con Emil Jannings e Marlene Dietrich e un’anticipazione dei Hellzapoppin (1940) di Henry C. Potter. Le gag migliori, tuttavia, sono quelle “mute”. In fondo i personaggi di Keaton parlarono sempre poco.
Un nuovo lavoro promozionale uscì nel 1933 Hollywood on Parade diretto da Louis Lewyn. Nel successivo What! No Beer? (Viva la birra), girato nel 1932, ma distribuito nel 1933, sempre per la regia di Edward Sedgwick, il nome di Keaton era ormai in secondo piano rispetto a quello del modesto Durante. Buster trovò conforto solo nell’alcol e venne licenziato dalla MGM nel febbraio del 1932.
Lo stesso anno divorziò, dopo undici anni di matrimonio, da Natalie Talmadge che gli portò via gran parte del patrimonio, compresa la lussuosa villa. L’ormai ex moglie ottenne anche la custodia dei figli, cambiò loro il cognome da Keaton a Talmadge e li allontanò dal padre. Come se non bastasse il 29 giugno 1933 morì per infarto l’amico Roscoe “Fatty” Arbuckle.
Keaton, sempre più solo, senza più alcun contatto con i figli, senza lavoro, entrò ancor di più nel vortice dell’alcolismo. Visse per mesi in una roulotte vicino agli studi che aveva contribuito a rendere grandi.
Nel 1933 sposò Mae Scrivens, un’infermiera che la MGM aveva assunto per tenerlo, senza successo, lontano dall’alcol, ma Keaton era troppo ubriaco per ricordarselo, il matrimonio era quindi nullo e Buster accettò una seconda funzione solo per non rimanere solo. Non a caso Keaton nella sua autobiografia scrisse: “Questo matrimonio durò poco e questo fu il suo maggior pregio”. Per poi continuare: “I due anni peggiori della mia vita furono quelli tra il 1933 e il 1935. Mi misi a scolare una bottiglia dietro l’altra e fui colpito da un brutto attacco di delirium tremens. Non so perché dico brutto, dal momento che non ho mai conosciuto una bella crisi di delirium tremens”. Fu più volte ricoverato in clinca per disintossicarsi.
Per sopravvivere e mantenere la neo moglie, accettò di realizzare sedici cortometraggi per la Educational Pictures: The Gold Ghost (1934), Allez Oop (1934), Palooka from Paducah (1935), One Run Elmer (1935), Hayseed Romance (1935), Tars and Stripes (1935), The E Flat Man (1935) tutti diretti da Charles Lamont (poi regista di molte pellicole di Abbott and Costello, in Italia noti come Gianni e Pinotto). Seguì The Timid Young Man (1935) per la regia di Mack Sennett.
Sempre nel 1935 uscirono nelle sale due pellicole interpretate da Keaton in Europa. Ad inizio 1934, infatti, Keaton aveva ricevuto un’insperata offerta di 15.000 dollari per realizzare un film in Francia, ma la produzione non contribuì alla spese di viaggio e Buster fu costretto a vendere 350 dollari di Buoni di Risparmio di Guerra che aveva tenuto dai tempi della Prima Guerra Mondiale. Ma questi soldi “Bastarono appena per andare in Europa nel modo meno costoso che riuscii a trovare: su una nave da carico che andava da Los Angeles a Glasgow, passando dal canale di Panama”.
In Europa Keaton, molto ben accolto soprattutto in Spagna, recitò in Le roi des Champs Élysées (Il re dei Campi Elisi) di Max Nosseck e The Invader conosciuto anche come An Old Spanish Custom (Carambola d’amore) di Adrian Brunel, girati nel 1934, ma usciti nel 1935.
Nel 1936 interpretò un altro film promozionale. Hollywood questa volta festeggiava l’arrivo del colore con La fiesta de Santa Barbara (1936) un cortometraggio con tra gli altri Harpo Marx e Gary Cooper diretti da Louis Lewyn.
Seguirono le altre pellicole del contratto con la Educational: Three on a Limb (1936), Grand Slam Opera (1936) entrambi diretti da Charles Lamont, Blue Blazes (1936) di Raymond Kane, The Chemist (1936) di Al Christie, Mixed Magic (1936) di Raymond Kane, Jail Bait (1937), Ditto (1937), Love Nest on Wheels (1937) ancora di Charles Lamont. Quest’ultimo da segnalare solo perché insieme a Buster recitarono nel film anche Myra, Harry e Louise Keaton ovvero madre, fratello e sorella dell’autore.
Più in generale questi film, sempre diretti da altri, non avevano nulla del talento di Keaton “i gag sono sfilacciati, lenti, incoerenti, gratuiti” (Cremonini) anche se a tratti mostrarono la sua innata professionalità.
Solo per sopravvivere recitò in dieci cortometraggi per la Columbia (tra parentesi l’anno di distribuzione): Pest from the West (1939) di Del Lord, Mooching Through Georgia (1939), Nothing But Pleasure (1940), Pardon My Berth Marks (1940), The Taming of the Snood (1940), Spook Speaks (1940) tutti diretti da Jules White, His ex Marks the Spot (1940) di Del Lord, So You Won’t Squawk (1941), General Nuisance (1941), She’s Oil Mine (1941) ancora diretti da White. Ma come scrisse nell’autobiografia: “Arrivai al punto in cui non avevo più lo stomaco di fare neanche un’altra scadentissima due rulli”.
A distanza di dieci anni, Keaton tornò quindi a collaborare con la MGM, questa volta dietro le quinte. Alla Metro-Goldwyn-Mayer erano nel frattempo approdati gli irriverenti Fratelli Marx che, con l’esclusione di Harpo, fondavano la loro comicità sull’uso della parola. Keaton collaborò, non accreditato, in A Night at the Opera (Una notte all’Opera, 1935) di Sam Wood e a pieno titolo in At the circus (Tre pazzi a zonzo, 1939) di Edward Buzzell, ma i rapporti tra Buster, da una parte, e Groucho, Cicho e Harpo dal’altra, non furono mai idilliaci. Keaton scrisse nella sua autobiografia: “Tra i comici della MGM con cui non mi trovai bene c’erano Abbott e Costello (Gianni e Pinotto) e i Fratelli Marx. Ma credo ancora che la gag di apertura che creai per il film dei Marx A Day at the Circus fosse così divertente che mi sarebbe piaciuto averla messa in uno dei miei film. […] Quando mimai la gag per i fratelli Marx, Gruocho chiese con una smorfia: ‘E ti sembra buffo?’. Harpo e Chico mi guardarono disgustati”.
Sempre alla MGM Keaton fece da gag man per Red Skelton (Vincennes, 18 luglio 1913 – Rancho Mirage, 17 settembre 1997) e realizzò tre pellicole da una bobina, Life in Sometown (Vita in qualche città, 1938), Hollywood Handicap (1938), Streamlined Swing (1938), ma lo smalto di un tempo sembrava perso.
Anche dal punto di vista personale la vita di Buster Keaton era un’altalena di emozioni. Nel 1937, ormai libero da ogni vincolo matrimoniale, tornò a frequentare l’attrice Dorothy Sebastian (Birmingham, 26 aprile 1903 – Woodland Hills, 8 aprile 1957) conosciuta nel 1929 sul set di Spite Marriage, ma nel 1938 Buster fu conquistato dalla giovane Eleanor Ruth Norris (Los Angeles, 29 luglio 1918 – Woodland Hills Los Angeles, 19 ottobre 1998), ballerina allora ventenne della MGM. La scintilla scoppiò durante una partita di bridge e il loro matrimonio, avvenuto nel 1940, durò per tutta la vita.
Il 1938 fu anche l’anno di riavvicinamento con i figli James e Robert, ormai adolescenti, che incuranti della contrarietà della madre, decisero di iniziare a frequentare il padre. Uno dei momenti più belli della vita di Keaton, a detta del diretto interessato. Col passare degli anni ai figli si aggiunsero le nuore e i sei nipoti.
Tornando al cinema, nel 1939 Keaton recitò per la FOX in Hollywood Cavalcade diretto da Irving Cummings e Malcolm St. Clair che racconta le vicende di un giovane attore che si fa strada agli inizi di Hollywood cui seguirono, per la RKO, The Villain Still Pursued Her (1940) una parodia dei vecchi melodrammi diretta dall’amico Eddie Cline e Li’l Abner (Il villaggio più pazzo del mondo, 1940) di Albert S. Rogell tratto dalla striscia a fumetti creata da Al Capp.
Durante la Seconda Guerra Mondiale Keaton partecipò al film di propaganda Forever and a Day (Per sempre e un giorno ancora, 1943) co-diretto da René Clair, Frank Lloyd, Edmund Goulding, Cedric Hardwicke, Victor Saville, Robert Stevenson, Herbert Wilcox. Nel film un uomo americano si reca a Londra per vendere una vecchia casa di famiglia, ma bloccato da un raid nazista gli verrà raccontata la gloriosa storia dell’abitazione che ripercorre la storia britannica. Tutti, registi, attori, sceneggiatori, lavorarono gratuitamente per raccogliere fondi a sostegno della British War Relief Society.
Seguirono, davvero con poche note, San Diego, I Love You (1944) di Reginald Le Borg, That’s the Spirit (1945) di Charles Lamont, That Night with You (Stanotte t’ho sognato, 1945) di William A. Seiter e God’s Country (1945).
Ad inizio 1946, il 13 gennaio, morì papà Joseph “Joe” Keaton colui che lo aveva letteralmente “lanciato” nel mondo dello spettacolo, ma che inizialmente osteggiò il passaggio al cinema (vedi prima parte).
Keaton proseguiva stancamente la sua carriera di attore. Il lavoro successivo, girato in Messico, fu El moderno Barba Azul (Buster Keaton nella luna, 1946) diretto da Jaime Salvador. Naufragato sulle coste del Messico, il soldato Buster (Keaton) è scambiato per un pluriomicida e per questo condannato a morte, ma uno scienziato lo sceglie come cavia e lo invia sulla luna. Del talento comico, dell’impronta surrealista non v’era più traccia. Non andò meglio il successivo The Lovable Cheat (1949) di Richard Oswald.
Degno di nota fu, invece, In the Good Old Summertime (I fidanzati sconosciuti, 1949) di Robert Z. Leonard, storia dell’amore tra due commessi di strumenti musicali in cui Keaton interpretò uno dei dipendenti del negozio. Remake di The Shop Around the Corner (Scrivimi fermo posta, 1940) di Ernst Lubitsch, la pellicola vide il debutto di Liza Minelli, che aveva solo tre anni.
Il successivo You’re My Everything (Sono tua, 1949) di Walter Lang racconta la carriera cinematografica della famiglia O’Connor. Nella pellicola Keaton diede personalità ad un cameriere suscettibile.
Ma il 1949 fu anche, se non soprattutto, l’anno della sua “prima” riscoperta. Il critico cinematografico James Agee scrisse, infatti, un articolo per il periodico Life riguardante il cinema muto che fece conoscere al grande e nuovo pubblico le comiche di Charlie Chaplin, Harold Lloyd, Harry Langdon e Buster Keaton. Nel dicembre dello stesso anno fece il suo debutto nel nuovo mezzo, la televisione, nel programma di Ed Wynn. La TV divenne la sua nuova casa grazie a comparsate e spot commerciali, e lo fece conoscere ad un nuovo pubblico. Nacquerò così The Buster Keaton Show (18 puntate) e The Misadventures di Buster Keaton (trasmesso anche dalla Rai).
Ma il cinema era il cinema. Nel 1950 uscì, solo nelle sale francesi, Un duel à mort diretto da Pierre Blondy e soprattutto arrivò nelle sale Sunset Boulevard (Viale del tramonto, 1950) di Billy Wilder che racconta la storia di Norma Desmond, una vecchia diva del cinema muto interpretata, quasi autobiograficamente, da Gloria Swanson affiancata da William Holden, Erich von Stroheim e Lloyd Gough (attore marito di Karen Morley). Nel film Buster Keaton interpretò sé stesso in una celebre partita a bridge a casa della “diva” insieme a H.B. Warner (che aveva interpretato Gesù ne Il re dei re di Cecil B. DeMille) e Anna Q. Nilsson. Altrettanto celebre quel faticoso e malinconico “Passo” ripetuto due volte da Keaton, doppiato in italiano da Cesare Polacco.
Una delle battute più famose della pellicola fu pronunciata da Norma Desmond che, rispondendo al protagonista, affermò: “Io sono sempre grande, è il cinema che è diventato piccolo!”. Una frase che ben si adattava a Buster Keaton e ad Harold Lloyd che aveva abbandonato le scene nel 1947 dopo il suo The Sin of Harold Diddlebock (Meglio un mercoledì da leone) diretto da Preston Sturges. Chi invece continuava a fare grandi film, non sempre apprezzati dal pubblico, era Charlie Chaplin.
“A quel punto avevo quasi abbandonato la speranza di recitare di nuovo. Sottolineo la parola quasi, perché chi ha sangue d’attore nelle vene non ammetterà mai a sé stesso di essere finito, non importa cosa dica agli altri” scrisse Keaton, ma nel 1951 accadde l’impensabile, o meglio la realizzazione di un sogno per tutti gli appassionati di cinema. Le discussioni sul quel “qualcosa di nuovo, chiamato comunismo” (Keaton) erano lontane e Chaplin contattò il vecchio amico per discutere la possibilità per Buster di partecipare all’ultimo lavoro di Charlie intitolato Limelight (Luci della ribalta).
Keaton nella sua autobiografia: “Vedendomi sembrò sorpreso. Forse si aspettava un relitto sia fisico che mentale […] ‘Cosa hai fatto Buster?’, mi chiese. ‘Sembri in ottima forma’. ‘Non guardi la televisione, Charlie?’, gli dissi. ‘Buon Dio, no!’ esclamò. ‘La odio. Non la voglio nemmeno a casa mia. L’idea di attori che si esibiscono in quel misero, ridicolo, puzzolente schermetto!’ […] Poi disse ancora: ‘Ma dimmi, Buster, come fai ad essere così in forma? Cosa ti rende così attivo?’. ‘La televisione’, risposi. Sussultò, tossì, divento rosso e disse: ‘Parliamo di questa scena che faremo insieme'”.
La scena in questione è quella che di fatto chiuse il capolavoro di Chaplin. Luci della ribalta racconta la storia di Calvero (Charlie Chaplin) un artista di varietà un tempo celebre, che salva dal suicidio la giovane ballerina Terry (Claire Bloom), le fa tornare la voglia di vivere e la aiuta sulla via del successo. Prima di ritirarsi dalla scene realizza un ultimo spettacolo accompagnato da un suo vecchio partner (Buster Keaton). Calverò morirà poco dopo l’esibizione.
Come scrisse Salvatore Quasimodo sulle pagine di “Cinema nuovo” nel 1953: “La tragedia non era Verdoux, ma è questo Luci della ribalta, costruito con la tenerezza più incredibile e più vera che possa sopportare il cuore dell’uomo”. Nella scena finale, che vide per la prima e unica volta insieme Chaplin e Keaton, il primo nella parte di un violinista, il secondo in quella di un pianista quasi cieco, il senso del tragico è evidenziato dallo sguardo fermo, immobile, fisso, del grande Buster.
Limelight fu l’ultimo film americano per Chaplin. Perseguitato dal maccartismo che lo aveva individuato come “comunista” e “personaggio sgradevole”, gli fu cancellato il visto di rientro negli USA. Realizzò solo più due altri film A King in New York (Un re a New York, 1957) e A Countess from Hong Kong (La contessa di Hong Kong, 1967).
Decisamente più prolifico, non sempre con grande qualità, Keaton. Nel 1952 uscirono L’incantevole nemica di Claudio Gora (poi attore ne I Delfini di Francesco “Citto” Maselli e ne Il sorpasso di Dino Risi) con Silvana Pampanini e Ugo Tognazzi, film inedito negli USA; e Paradise for Buster di Del Lord, pellicola promozionale con immagini di repertorio e poco altro, realizzato dalla John Deere and Company Inc., società leader nella produzione di macchine agricole. Il 21 luglio del 1955 morì la madre, Myra.
Keaton fu uno dei pochi che comprese la portata della televisione, che tra l’altro riportò alla ribalta i suoi capolavori, ma dopo numerose apparizioni tra NBC, CBS e ABC, nel 1956 fece un cammeo, nel ruolo di conduttore del treno, nel film premio Oscar Around the World in Eighty Days (Il giro del mondo in ottanta giorni) di Michael Anderson. Fece quindi un’altra breve apparizione, questa volta come domatore di leoni, nel film The Adventures of Huckleberry Finn (Le avventure di Huck Finn, 1960) di Michael Curtiz.
Nel 1960 “Per il suo talento che ci ha regalato commedie immortali sullo schermo” il produttore B. B. Kahane gli consegnò un tardivo Oscar onorario (meglio noto come Oscar alla carriera). Stessa sorte per gli amici-rivali di sempre: nel 1953 toccò ad Harlod Lloyd (“Maestro della commedia e buon cittadino”) e nel 1972 toccherà a Charlie Chaplin (“Per l’incalcolabile effetto che ha ottenuto rendendo la cinematografia la forma di arte di questo secolo”).
Keaton, sempre nel 1960, pubblicò la sua già citata autobiografia “My Wonderful World of Slapstick”, pubblicata in Italia con il titolo “Memorie a rotta di collo”.
Tornando al cinema, dopo due cortometraggi pubblicitari, The Devil to Pay (1960) di Herb Skoble per i grossisti-distributori della National Association of Wholesalers e The Triumph of Lester Snapwell (1962) di James Calhoun per la Kodak, Keaton fece una nuova breve apparizione nel film It’s a Mad, Mad, Mad, Mad World (Questo pazzo, pazzo, pazzo, pazzo mondo, 1963) diretto da Stanley Kramer, una commedia brillante che fu il penultimo lavoro di Spencer Tracy già gravemente malato.
Seguirono quindi quattro modeste commedie estive: Pajama Party (1964) di Don Weis, Beach Blanket Bingo (1965) di William Asher, How to Stuff a Wild Bikini (1965) di William Asher, Sergeant Dead Head (1965) di Norman Taurog.
Carriera finita per chiunque, ma non per Keaton. Nel 1964 il drammaturgo inglese Samuel Beckett, sempre alla ricerca di nuovi linguaggi espressivi, contattò nell’ordine Charlie Chaplin, Zero Mostel e Jack MacGowran per far loro interpretare l’unica opera cinematografica dell’autore di “Aspettando Godot”. All’impossibilità dei tre la scelta cadde su Buster Keaton che, benchè inizialmente scettico, accettò. Nacque così lo splendido cortometraggio Film (1965) diretto dal regista teatrale Alan Schneider, ma pensato dal drammaturgo.
Un vecchio (Buster Keaton) si prepara alla morte celandosi agli sguardi di qualsiasi essere vivente, animali inclusi, per poi trovarsi da solo di fronte a sé stesso.
“Il tentativo di non essere, nella fuga da ogni percezione estranea, si vanifica di fronte all’ineluttabilità della percezione di sé” disse Beckett, ma la grandezza di Keaton fu quella di dare al protagonista, nonché unico attore della pellicola, una “lucidità nevrotica, quasi disperata nella sua solitudine” (Cremonini). “Ma oltre ad una riflessione filosofica sulla morte e sullo sguardo […] , Film è anche uno straordinario saggio di comicità: il malandato Keaton, ripreso quasi sempre di spalle, distilla nella sua pantomima un senso disperato dell’assurdo, nel quale la poesia di Beckett acquista la leggerezza di una comica del tempo che fu” (Mereghetti).
La pellicola venne presentata in anteprima al Festival di Venezia, che dedicò un’ampia retrospettiva a Keaton, il quale ricevette una lunga standing ovation che lo commosse. L’ultimo capolavoro di Keaton.
Nel 1965 uscirono anche a The Railrodder (Il ferroviere, 1965) di Gerald Potterton e il documentario Buster Keaton Rides Again (1965). L’ultimo ruolo da protagonista lo ebbe in Italia nel film Due marines e un generale (1965), distribuito negli USA col titolo War Italian Style. Il film diretto da Luigi Scattini e interpretato da Franco Franchi e Ciccio Ingrassia non fu certo un capolavoro, ma la simpatia tra due marines siculo-americani (Franchi e Ingrassia) e il generale nazista (Keaton) raggiunge un finale delicatissimo. Per far fuggire il generale i due lo vestono con gli abiti di uno spaventapasseri, gli stessi che Buster indossava negli anni venti, cappello incluso. A questo atto di generosità risponde con la sua unica battuta nel film, un “Grazie” (doppiato da Riccardo Cucciolla) che sembra chiudere un’intera carriera.
Buster Keaton, ormai malato, recitò in The Scribe (1966) di John Sebert e in A Funny Thing Happened on the Way to the Forum (Dolci vizi al foro) di Richard Lester con Zero Mostel un musical ambientato nell’antica Roma, già in scena a Broadway, in cui Buster interpretò il vecchio Erronius.
Ignaro di essere un malato terminale, Buster Keaton morì il primo febbraio del 1966, poco dopo la fine delle riprese, per un tumore ai polmoni. Come se nulla fosse, dopo aver giocato a carte con gli amici. Impassibile come sempre.
Alla sua morte vennero rieditati molti suoi film che ottennero un successo clamoroso. Buster Keaton ebbe, e ha tutt’ora, un grande peso nel mondo della cultura, dello spettacolo, del cinema. Il movimento surrealista attinse a piene mani dai suoi film. A lui, il più moderno tra i cineasti degli anni ’20, si sono ispirati, tra gli altri, l’attore Marty Feldman che volle essere sepolto vicino al suo idolo nel cimitero di Forest Lawn Memorial Park, a Los Angeles; il regista palestinese Elia Suleiman che come Keaton trova divertente la scontrosità; i Monty Python con la loro surreale comicità. Il francese Jacques Tati riportò in auge la sua comicità silenziosa con Monsieur Hulot.
Non solo. L’agente di una giovane attrice, Diane Hall, fece credere che la sua assistita fosse parente di Buster per avere maggiore successo, nacque così Diane Keaton che di successo, peraltro meritato da Il Padrino a The Young Pope, ne ha avuto per davvero. Non così brillante, al contrario, la carriera di una vera parente, la pronipote Camille Keaton da citare solo per il film Cosa avete fatto a Solange? (1972) di Massimo Dallamano, colui che riprese il cadavere di Benito Mussolini a Dongo. Un altro attore prese tuttavia il suo cognome. Michael John Douglas, per evitare di essere confuso con l’omonimo il figlio di Kirk Douglas, scelse di chiamarsi Keaton. Oggi Michael Keaton è oggi uno degli attori più affermati di Hollywood, basti citare Birdman o Il caso Spotlight.
La musica italiana ha reso omaggio a Buster con la canzone “Keaton” scritta da Claudio Lolli e portata al successo da Francesco Guccini. Ma anche David Bowie era un grande ammiratore della “faccia di pietra”.
Buster Keaton fu più abile di Chaplin con la macchina da presa, ma troppo spesso dimenticato. Fu l’attore più muto di tutti i muti, la “faccia di pietra”, impassibile di fronte ad ogni catastrofe, amato e dimenticato da quella Hollywood che lo elevò tra i più grandi degli anni venti e poi lo ricacciò come un arnese inutile. Di sé scrisse: “Chi non vorrebbe vivere fino a cento anni in un mondo in cui ci sono così tante persone che ricordano con gratitudine e affetto un ometto con la faccia impassibile che li ha fatti ridere un po’, molti anni prima…”. Uno dei più grandi di sempre.
redazionale
Bibliografia
“Memorie a rotta di collo” di Buster Keaton con Charles Samuels – Feltrinelli
“Buster Keaton” di Giorgio Cremonini – Il Castoro
“Charlie Chaplin” di Giorgio Cremonini – Il Castoro
“Il Mereghetti. Dizionario dei film 2017” di Paolo Mereghetti – Baldini & Castoldi
Immagini tratte da
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