È il caposaldo della Buona scuola. Lo strumento con cui ogni istituto assomiglia più ad una azienda – con un manager a guidarla – che ad un presidio pubblico di formazione. La chiamata diretta dei docenti da parte dei dirigenti scolastici – la norma più criticata dagli stessi docenti – è stata abrogata. Ancor più incredibile lo strumento con cui si è arrivati a questa decisione: un accordo sindacale. L’opposto delle norme imposte ai docenti con la Buona scuola, la «legge 107 del 2015», come preferiscono chiamarla i sindacati.
E proprio Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola e Gilda ieri pomeriggio al Miur hanno firmato il contratto nazionale per l’assegnazione del personale docente. L’accordo prevede che una procedura da parte degli Uffici scolastici territoriali, gli ex provveditorati. Con l’accordo viene archiviato questo contestato istituto anche in considerazione del ritardo sui tempi della mobilità. Si procederà, quindi, ad assegnare le sedi ai docenti mediante graduatoria utilizzando i punteggi delle domande di trasferimento.
In dettaglio, il testo prevede due fasi. Nella prima è prevista la copertura dei posti disponibili prioritariamente con personale che ha ottenuto la mobilità su ambito con una delle precedenze (previste dall’articolo 13 del contratto sulla mobilità). La seconda prevede la copertura dei posti residuati col restante personale, secondo il punteggio di mobilità. Questi ultimi docenti nella presentazione della domanda, che avverrà a partire dal 27 giugno con procedura apposita on line, indicherà la scuola da cui partire. Nel caso di mancata indicazione sarà considerata «scuola capofila dell’ambito». Queste operazioni saranno concluse entro il 27 luglio.
La chiamata diretta è abolita anche per le nuove assunzioni. Successivamente infatti saranno effettuate le operazioni per l’assegnazione della sede per il cosiddetto «personale neo immesso in ruolo». Anche in questo caso si seguirà il punteggio di graduatoria. I vincitori di concorso ordinario precederanno i docenti provenienti dalle graduatorie ad esaurimento, le cosiddette Gae. Una norma, quest’ultima, che rischia però di sollevare critiche da parte dei docenti precari.
L’assegnazione della sede di incarico avverrà contestualmente all’assegnazione dell’ambito di titolarità, superando le discrasie degli anni precedenti.
Un cambiamento così importante è stato comunicato inaspettatamente dai soli sindacati. Il ministro Marco Bussetti – tecnico in quota Lega ed ex provveditore regionale lombardo – non era presente alla firma e ha commentato solo a tarda sera l’accordo: «L’eliminazione della chiamata diretta dei docenti era preciso impegno di governo. In attesa dell’intervento legislativo di definitiva abrogazione, che e’ mia intenzione proporre nel primo provvedimento utile».
«Il ministro non c’era, ma aveva annunciato in un’intervista la contrarietà alla chiamata diretta – spiega il segretario generale della Flc Cgil Francesco Sinopoli – . Per noi è un risultato importante che colpisce al cuore una delle norme più discusse della legge 107. In realtà con l’accordo sulla mobilità dello scorso anno e con l’accordo di ieri con l’anticipo di un anno del bonus docenti allargato ai docenti precari avevamo già cambiato profondamente la riforma con la contrattazione». Sul rapporto con il nuovo governo, Sinopoli ricorda che «la cancellazione era prevista nel contratto di governo: la chiamata diretta non difendeva più nessuno nella scuola, se non qualche renziano giapponese. Sicuramente c’è stata un’accelerazione dei cambiamenti, ma ora ci aspettiamo un intervento sull’alternanza scuola-lavoro, riducendo le ore per i licei e selezionando meglio le aziende»,
Soddisfatti anche gli altri sindacati. «L’accordo prevede che le operazioni avvengano attraverso una procedura trasparente e oggettiva, superando una modalità inutilmente farraginosa», commentano Cisl e Uil. Rino Di Meglio, coordinatore Fgu-Gilda, ricorda che negli ultimi due anni solo la Gilda – insieme ai Cobas – non ha sottoscritto i contratti sulla mobilità proprio per contrarietà alla chiamata diretta. Critici sullo stop invece i dirigenti scolastici. «Ancora una volta si pretende di modificare una norma di legge imperativa con un accordo contrattuale tra parti, cosa che nel nostro ordinamento non sarebbe consentita».
MASSIMO FRANCHI
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