Bruxelles, ancora. Un altro attentato multiplo in Europa e un altro coinvolgimento della capitale belga.
Questa mattina alle ore 8.00, così si riesce a capire dalle prime informazioni, un uomo si è fatto esplodere nell’aeroporto internazionale e un’altra esplosione è avvenuta invece nella stazione della metropolitana più frequentata dai funzionari europei, Maalbek.
Attualmente le notizie che si hanno dal Belgio, parlano di oltre 13 morti e 35 feriti.
La cronaca delle prossime ore si arricchirà di particolari e di tutta la retorica securitaria cui abbiamo già assistito per gli attentati del Bataclàn di Parigi.
Pochi giorni fa era stato arrestato, proprio a Bruxelles, la cosiddetta “mente” degli attentati in Francia, Salah Abdeslam. E, a quanto trapela, i servizi segreti belgi erano al corrente della preparazione di un nuovo attentato in grande stile proprio nella capitale. Uno dei complici di Abdeslam era ancora a piede libero proprio per le vie di Bruxelles.
E’ evidente che gli attentatori siano riusciti non solo a superare i cordoni di protezione e di sicurezza messi a guardia degli obiettivi più sensibili, ma è del tutto palese che si siano mossi praticamente indisturbati con armi, ordigni e quant’altro superando anche i minimi controlli di routine.
Ancora una volta, dunque, presunti o tali militanti dello Stato islamico hanno colpito con il terrore una Europa che scivola sempre più nel canalone della paura e dell’odio, che non mancherà di legare tutto questo orrore ad altro orrore di provenienza completamente diversa: la tragedia dei migranti, della ormai tanto celebre “rotta balcanica”.
Si alzeranno i livelli di sicurezza e si tenterà di far dire alla gente che c’è una stretta correlazione tra immigrazione e terrorismo, mentre la correlazione vera è sempre e solo tra guerra e terrorismo.
La questione siriana è al centro di queste tragedie, una guerra civile e interetnico-religiosa che si protrae da oltre cinque anni.
Guardiamo alla causa e all’effetto: gli attentati e i morti che contiamo da anni ripetutamente sono l’effetto di una causa ben precisa. Questa causa risiede tutta nell’alimentazione di scontri economici che diventano subito dopo politici e, ancora dopo, religiosi. Lo Stato islamico fa affari prima di tutto ed è esso stesso un affare ghiottissimo per stati dell’area mediorientale che commerciano in petrolio, come è ormai ben noto ad esempio il caso della Turchia di Erdogan.
Parigi, Bruxelles e chissà quali altre capitali sono state, sono e saranno il bersaglio di questi scriteriati che pensano di essere al servizio di una causa e che sono invece al servizio proprio dell’imperialismo che li eterodirige dove meglio crede, usando il terrorismo da un lato per gestire la geopolitica di vaste aree del pianeta e, dall’altro, per fomentare la paura e quindi riunire tutti attorno alla sacra difesa dei valori occidentali e all’approvazione delle politiche repressive proprio contro quel terrorismo che genera con le sue economie in competizione.
I morti di oggi di Bruxelles sono altre vittime di una guerra a molti invisibile, tutti attenti come siamo a guardare il “pericolo islamico” e a non vedere invece il “pericolo occidentale”.
MARCO SFERINI
22 marzo 2016
foto tratta da Pixabay