E dunque oggi le nostre studentesse e i nostri studenti sono tornati a sedersi nei banchi, anche se distanziati. E lo hanno fatto, nella maggior parte dei casi, con grande consapevolezza, impegno e volontà di protagonismo (quello buono). Vederli entrare a scuola, dai piccolissimi ai più grandi, è stata una grande emozione. C’è da augurarsi però che questa non resti solo una bella cartolina, rispetto alla quale commuoversi. Ma che, a questo inizio a singhiozzo, segua l’impegno del governo, in ogni suo espressione, di investire a tutto campo nell’istruzione, per garantire futuro alle nostre ragazze e ai nostri ragazzi, e all’intero Paese.
Ne ha passati di guai la nostra scuola in questi mesi. Negli ultimi sei, per il diffondersi della pandemia, era stato avviato l’esperimento del l’insegnamento a distanza.
Una scelta obbligata per rispondere alle insostituibili responsabilità nei confronti di studenti e famiglie. Organizzazione complicata, tutta da inventare, nonché piena di difficoltà e di inediti problemi. Che hanno reso quell’esperienza non sempre apprezzata e non sempre utile né a studentesse e studenti, né alla scuola nel suo complesso.
Come sempre, mancavano i finanziamenti per una organizzazione assai articolata, per molti aspetti nuova, complicata anche dalla carenza di docenti. Forse poteva essere compiuto un atto necessario, anche se straordinario – la stabilizzazione dei docenti precari- forse si poteva scegliere, in questo momento drammatico di investire di più per avere migliori risultati. Ma tutto questo non è stato fatto. Anche perché sono arrivate le sospirate vacanze estive. Purtroppo, rispetto a questa esperienza, è rimasto un “po’ di amaro in bocca”, l’idea di qualcosa di incompiuto.
È indubbio che nel ministero della Pubblica Istruzione si sia lavorato, e molto, nel periodo estivo. Nell’ultima nota ministeriale si riconosce e si ribadisce che la scuola non riguarda solo una parte della popolazione (studenti, insegnanti, genitori) perché l’efficienza e l’efficacia della scuola rispondono al dettato costituzionale e garantiscono non solo i singoli ma la capacità del Paese di crescere e di competere a livello internazionale. E lo stesso presidente Mattarella ha ricordato in una pubblica occasione «come la comunità della scuola sia risorsa decisiva per il futuro del Paese».
Eppure nel nostro Paese si sono spesso, negli ultimi decenni, tagliate risorse a scuole e Università, invece di valorizzare questi settori, decisivi per la crescita e lo sviluppo del nostro Paese. E si è dovuto fare i conti con proposte organizzative, come, ad esempio, quella del preside “manager”, che mettevano in discussione la capacità di tutti i soggetti della vita della scuola di essere protagonisti, alla pari, della sua vita e del suo governo.
Forse riusciremo a superare quel senso di smarrimento che tutti noi abbiamo provato nel vedere in questi mesi una scuola in “bilico”. E forse il nostro Paese tutto, dal sistema produttivo, alla dirigenza politica, potrà cominciare a capire che la prospettiva di crescita e di sviluppo dell’economia sta nel costruire, con convinzione e con l’apporto di tutti i soggetti politici e istituzionali, un sistema dell’istruzione che potenzi le capacità di tutte e tutti e che sia in grado di non lasciare indietro nessuno. E allora c’è tanto da fare.
ALBA SASSO
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