Biden in Polonia: «Putin macellaio, non può restare al potere»

Invasione russa in Ucraina. Il presidente americano definisce «sacro» l’articolo 5 della Nato Soddisfazione di Varsavia: il fronte orientale sarà rafforzato

«Siamo al vostro fianco», ha detto Joe Biden, alla conclusione del viaggio di due giorni in Polonia, dopo la maratona diplomatica di Bruxelles (vertici Nato e G7, Consiglio europeo), nel castello di Varsavia. Si è rivolto ieri al «mondo libero» e ha espresso dubbi sulle dichiarazioni del comando russo sul cambiamento di strategia, limitato al Donbass. Poche ora prima, in un incontro con dei rifugiati ucraini, ha definito Putin «macellaio».

E ha detto alla Polonia quello che voleva sentire: l’articolo 5 della Nato, che stipula «assistenza» anche con l’impiego di «forze armate» in caso di «un attacco armato» contro uno stato membro, è considerato «un dovere sacro». Ha messo in guardia i russi: «non un centimetro nel territorio Nato». Biden, per la prima volta con esponenti del governo Zelensky, ha incontrato in Polonia i ministri degli Esteri e della Difesa ucraini, Dmytro Kuleba e Oleksii Reznikov, in colloquio con il segretario di stato Antony Blinken e il responsabile della Difesa, Lloyd Austin.

Per Biden, con i vertici di Bruxelles, la Nato ha mostrato di non essere mai stata «così unita». Biden, ai soldati incontrati venerdì a Rzeszow, a 80 km dalla frontiera ucraina, ha detto: «Siete al centro di un combattimento tra la democrazia e un oligarca». La Polonia, che teme di essere un bersaglio della Russia (il 13 marzo è stata colpita una base militare ucraina a soli 20 km dalla frontiera polacca) ritiene di aver trovato una centralità nello schieramento occidentale, tra la guerra in Ucraina e la pressione della presenza militare russa in Bielorussia, che sta vanificando il gruppo di Visegrad, per la distanza con le posizioni dell’Ungheria, che rifiuta il passaggio di armi all’Ucraina, mentre dalla Polonia passa la maggior parte della armi che la Nato fornisce all’Ucraina.

Per il presidente Andrzej Duda, dopo il viaggio di Biden le relazioni con gli Usa sono «fiorenti e immensamente rafforzate». Varsavia osserva con attenzione l’evoluzione in corso alla Nato, spinta a un cambiamento nella dissuasione: ormai, di fronte alla minaccia russa, l’idea è rafforzare il fronte orientale. Questa svolta sarà discussa al prossimo vertice Nato, a Madrid a fine giugno.

Ma già ora la presenza militare Usa in Europa è aumentata, portata a 100mila soldati (più 25%), in Polonia e nei Baltici i 4 battaglioni multinazionali, di stanza dal 2014, sono stati rafforzati. Varsavia, che già stanzia il 2,2% del pil per le spese militari, adesso intende salire al 2,5%, tra i migliori allievi della Nato.

E la Polonia avverte: non basterà un cessate il fuoco, ci vorrà il ritiro dei russi per avviare un negoziato. Dietro la facciata dei complimenti americani e dell’accelerazione delle visite (la vice-presidente Kamala Harris due settimane fa, ieri la seconda vista di Blinken), non tutto brilla. Biden ha incontrato Duda, l’amico di Trump (che voleva servilmente battezzare «Fort Trump» una base Usa), ma non ha visto né il primo ministro, Mateusz Morawiecki, né il capo del Pis e vero leader, Jaroslaw Kaczynski, che all’inizio di marzo era andato a Kiev in un’autoproclamata «missione di peace keeping», senza nessun sostegno da parte della Ue. Ma Biden non ha neppure incontrato l’opposizione.

Il governo di estrema destra spinge dall’inizio per maggiori sanzioni contro la Russia, con i Baltici ha chiesto ai partner europei, oltre alla fine degli acquisti di petrolio e gas, anche il blocco delle strade, per impedire ogni commercio con Mosca. È andata a vuoto la domanda polacca di inviare in Ucraina una forza di «peace keeping» Nato, l’Alleanza non vuole dare il fianco ad accuse di «co-belligeranza». Tensioni con gli Usa per il caso dei Mig 29, che Varsavia voleva mettere a disposizione dei piloti ucraini, trasferendoli da una base tedesca (in cambio di aerei Nati più efficienti).

L’attivismo dei dirigenti polacchi non ha cancellato i problemi con la Ue, anche se, grazie all’accoglienza di più di 2 milioni di rifugiati ucraini, sono passati in secondo piano in questi giorni: resta la procedura contro Varsavia e la condizionalità sul versamento del finanziamento del Piano di rilancio per il non rispetto dello stato di diritto, sull’indipendenza del sistema giudiziario, la libertà dei media, i diritti delle minoranze.

ANNA MARIA MERLO

da il manifesto.it

foto: screenshot

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