Il 15 dicembre 2014 ci lasciava la compagna Bianca Bracci Torsi, partigiana, instancabile organizzatrice, giornalista ed intellettuale comunista
Saresti stata come sempre preziosissima in questi anni di difficile vita e sopravvivenza di Rifondazione Comunista. Tu che l’hai fondata, costruita, amata tanto, ci avresti scrollato un poco, anzi tanto.
Ci avresti detto di non rassegnarci, di non rimuginare troppo e ci avresti anche detto che “nei momenti più difficili chi abbandona il Partito è un traditore“. Usasti questa parola forte nel ventennale del PRC, con un piglio severo ma anche tanto amorevole verso la comunità che ancora oggi c’è e prova ad esserci.
Vedendo la tessera con Rosa Luxemburg ho pensato subito a te. Ne avevamo parlato insieme alcune volte.
L’amore per una rivoluzionaria come te, l’affetto che mi porto dentro è molto simile all’amore intellettuale che ho per Rosa Luxemburg.
Perché il comunismo, come ripeteva anche Gramsci, è “umanismo” e non riguarda una lotta di classe fatta con la brutalità delle forza privandosi dei sentimenti. Prima di tutto si è comuniste e comunisti perché si amano gli sfruttati, perché ci si sente trasportati verso quel desiderio, che è allo stesso tempo piacere intellettuale, morale e sociale (nonché civile), di contribuire a cambiare il mondo da questo capitalismo plurisecolare e divorante ogni speranza per l’umanità e la natura verso una società dove “il libero sviluppo di ognuno sia la condizione del libero sviluppo di tutti”, come scrivono Marx ed Engels ne “Il manifesto del Partito comunista”.
E’ già da un po’ di tempo, Bianca, che sei via. Ma il tuo Partito esiste ancora. Esiste e, come ormai mi ripeto spesso nel dirlo, resiste, insiste. Insiste proponendo la figura di Rosa Luxemburg in un 2019 in cui probabilmente pochissimi, anche tra chi si dichiara di sinistra e comunista, conoscono la figura della grande rivoluzionaria polacca naturalizzata tedesca.
Forse il centenario della morte di Rosa ci può offrire l’opportunità di proporre una riflessione su un marxismo sganciato dalla colossalità sovietica, dal Novecento inteso come palla al piede del comunismo, mostrando che donne come la Luxemburg hanno non solo mostrato criticità verso i marxisti del proprio tempo ma hanno aperto la via ad una visione della società mondiale (e nazionale per quanto riguardava la Germania dei primi decenni del secolo scorso) dettata da una chiave interpretativa nuova, che richiamava le masse ad essere protagoniste della costruzione del socialismo e non solo dei “quadri di partito”.
Pur avendo in mente la grande funzione della forma-partito, Rosa Luxemburg ci invita a questo: alla partecipazione di massa nella edificazione di un nuovo concetto di sviluppo delle vite pur dentro il contesto capitalistico da superare. E proprio per questo, vivendone appieno la contraddizione, essendo imbrigliati ogni giorno nelle maglie del capitale, tutte e tutti se vogliamo possiamo soffermarci un attimo nel capire la grandezza dell’alternativa nel momento in cui la si riesce ad immaginare. Diventa possibile se la coscienza è alimentata da un nuovo studio approfondito di ciò che siamo, di ciò che viviamo e di ciò che subiamo.
Senza studio non c’è coscienza di sé, ma soltanto mera “coscienza in sé”. E non basta ad avanzare, a far progredire i diritti sociali, le conquiste che rischiano sempre di essere controvertibili se non si sovverte il sistema e non lo si capovolge.
Così, ti ricordo, Bianca. Tutto questo mi viene alla mente quando penso ad una vita spesa tra la Resistenza antifascista, il PCI e Rifondazione Comunista.
Così mi servi ogni giorno, come tante compagne e tanti compagni, per non mollare, per non far scemare la passione comunista di tutta una vita.
MARCO SFERINI
15 dicembre 2018