Se anche fosse per uno strano disegno del destino politico di questo Paese, perché mai rifiutare a priori il sostegno di Massimo D’Alema nella lotta contro il referendum anticostituzionale sulla controriforma renziana?
L’ex presidente del Consiglio, l’uomo della bicamerale e della guerra in Kosovo, ha agitato le acque non solo del Partito Democratico ma del governo intero su questo tema: ha affermato che lo spirito politico renziano è molto simile a quello berlusconiano nell’occupazione politica della Rai, nella liquidazione di molti volti noti, dai Tg ai direttori di rete; poi ha continuato sulla riforma, incalzato dal direttore del Foglio, Cerasa, che gli chiedeva come mai era venuto alla Festa de l’Unità sotto il segno del potente slogan del “Sì”.
Con la sua vena ironica, con un forte senso personale del ruolo che si sta ritagliando nelle lotta per il NO al referendum, D’Alema ha risposto che lui alla festa è cinquant’anni che vi viene e che il “Sì” non lo spaventa.
E, a rivedere i video della serata svoltasi a Catania, sembra proprio che le ovazioni fossero tutte per lui e qualche applauso di gentile cortesia per Gentiloni.
Specifica D’Alema: lui vorrebbe andare anche nel 2018, lasciare scadere il mandato naturale del governo, ma fare una riforma costituzionale che non coinvolga i 44 articoli oggi interessati, bensì poche modifiche, giusto una paginetta di tre punti: uno per ridurre il numero dei parlamentari, un altro per “bloccare la navetta delle leggi senza rinunciare al bicameralismo perfetto così come avviene negli Stati Uniti” e, infine, l’assegnazione del voto di fiducia alla sola Camera dei Deputati.
Su questa minima base di contenuti alternativi alla controriforma di Renzi, D’Alema sta riunendo il fronte del NO del Partito democratico e anche quello esterno al PD: il 5 settembre sono invitati tutte e tutti coloro che si riconoscono soprattutto nella forma delle riforma, quindi nella personalizzazione della medesima e nell’attribuzione al governo di un ruolo che sovraintende tutti gli altri aspetti della formazione delle leggi ed elimina il ruolo parlamentare della Repubblica dalla Carta del 1948.
Una considerazione tattico – strategica, prima ancora che politica, forse, va fatta su questo quadro che si va formando: come porsi davanti a questo importante fronte avverso a Renzi e al “Sì” che s’è creato proprio dentro all’azionista politico di maggioranza del sostegno ad un piano di eversione politica spacciato come riforma costituzionale?
D’Alema rimane per noi un avversario di lunga data, un uomo comunque di una certa sinistra socialdemocratica che ha sostenuto e presieduto governi che hanno distrutto i diritti sociali lentamente e che hanno aiutato i poteri economici, i padroni e il mondo della finanza ad avere un ruolo sempre più dominante nello scenario di una politica italiana dove in qualche modo resisteva ancora l’argine dello Stato-sociale, della difesa sindacale, dei partiti di sinistra alternativa e comunisti che hanno tentato una opposizione in nome proprio di tutto ciò appena menzionato.
D’Alema non diviene il Salvatore della Patria dal renzismo anticostituzionale del governo oggi e soltanto perché prende posizione contro una riforma che deve essere bocciata.
Ma D’Alema si schiera dalla parte giusta, la sollecita a riunirsi, crea una contraddizione interna al PD che non va assolutamente sottovalutata e che, invece, va colta come segno di grande insofferenza verso la gestione oligarchica renziana, tutta protesa a dimenticare il passato e ad aprire le porte ad un futuro di incertezze per i più deboli e di certezze solo per banchieri, finanzieri e grandi possidenti.
D’Alema, quindi, rappresenta oggi quella che Marx avrebbe chiamato “la punta più avanzata dello schieramento democratico” ma non nell’intero schieramento delle forze democratiche: non è un comunista. E’ semplicemente un alleato in una lotta in cui c’è bisogno di tutti: anche dei peggiori avversari e nemici del passato e del presente.
Ciascuno gestirà le ragioni del NO a suo modo e nei suoi comitati, ma l’intento deve essere unico: portare la maggioranza assoluta degli italiani a votare e farla esprimere per il mantenimento della democrazia parlamentare, provando così a dare l’ultima spallata ad un governo che rappresenta solo il contrario degli interessi dei lavoratori e delle lavoratrici, dei precari, dei disoccupati e di tutti quelli che non hanno la benché minima speranza di guarda ad un orizzonte più lontano del domani appena dietro l’angolo del tempo quotidiano.
Benvenuto Massimo D’Alema dalla parte del NO. Facciamo la strada insieme e poi, dopo, torneremo a dividerci su altre importanti interpretazioni di fenomeni sociali e politici, su altre lotte. Ma, almeno, lo faremo con l’onestà e un certo “onore delle armi” e non trovandoci davanti la spregiudicata inaderenza alla realtà dei fatti che il presidente del Consiglio attuale ci espone ogni giorno quando si affaccia ad una tribuna e prende la parola.
MARCO SFERINI
31 agosto 2o16
foto tratta da Wikimedia Commons