“Se Bekaert non si smuove allora si muova il governo, che con un decreto ad hoc la obblighi a rimandare la chiusura di almeno un anno. Il decreto legge lo stiamo già scrivendo noi, Fiom, Fim e Uilm insieme”. Dalla voce del segretario fiorentino dei metalmeccanici Cgil, Daniele Calosi, la notizia dell’ennesima mossa per evitare la chiusura il 5 settembre prossimo della fabbrica di Figline Valdarno. Con il conseguente licenziamento di 318 addetti diretti, e a cascata di un altro centinaio di lavoratori dell’indotto.
A causa della decisione della multinazionale di delocalizzare in Romania la produzione dello steel-cord, l’anima in metallo dei pneumatici, del caso Bekaert si è discusso anche in Parlamento. Il ministro Di Maio ha assicurato: “Mi sto impegnando personalmente a sensibilizzare la proprietà a collaborare con il governo italiano. La settimana prossima, il 24 luglio, si aggiorna il tavolo generale presso il ministero dello Sviluppo economico”. Anche l’ambasciatrice italiana in Belgio, Elena Basile, è stata attivata, e incontrerà i vertici di Bekaert e il ministro belga dell’economia, Kris Peeters.
Nel frattempo la situazione a Figline è sempre più tesa: “Il clima in fabbrica è infuocato – spiega Alessandro Beccastrini della Fim – come sindacati abbiamo proposto, e i lavoratori hanno condiviso la scelta, di continuare a produrre per lo meno fino all’interruzione per ferie, il prossimo 8 agosto. A questo punto però il governo deve fare davvero la sua parte: ci servono ammortizzatori sociali, e ci servono tempi per trovare un possibile acquirente per iniziare a reindustrializzare l’area. Anche Pirelli, che è fortemente corresponsabile di questa situazione perché nel 2014 ha venduto lei a Bekaert, deve fare pressione commerciale sulla multinazionale, perché ci conceda il tempo che serve”. Agendo prima tutto sulle commesse, che al momento non sono state ridimensionate né tanto meno ritirate.
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RICCARDO CHIARI
foto tratta da Pixabay