Nella sua ultima intervista rilasciata a “Repubblica”Bauman si era richiamato alla “fabbrica fordista” individuandola come sede del conflitto:” Quello era il luogo dei conflitti tra capitale e lavoro in una relazione, ostile, ma di «lungo termine». E questa caratteristica consentiva agli individui «di pensare e fare progetti per il futuro»”.
Un richiamo che possiamo a questo punto considerare come un oggettivo ritorno all’analisi della “contraddizione fordista”? Quel conflitto che consentiva di “pensare e fare progetti per il futuro”.
In quel modo Bauman si collocava ben oltre, almeno a giudizio dello scrivente, il concetto della “società liquida”. Un concetto quello della “società liquida” insufficiente a comprendere la molteplicità delle contraddizioni operanti nel concreto del presente.
Dalle affermazioni di Bauman sulla società fordista o meglio sulla “contraddizione fordista” si può allora intravedere l’avvio di una ricerca di uno schema logico adatto a disegnare un futuro? Un futuro per il quale paradossalmente varrebbe la pena di guardare indietro per ritrovare le ragioni storiche dei passaggi d’epoca che hanno segnato un ‘900 frettolosamente accantonato nelle analisi correnti per la maggiore? Questo interrogativo rappresenta un lascito importante.
Dalla paura analizzata in “Stranieri alle Porte” si può ancora pensare di recuperare l’idea della stabilità dell’organizzazione sociale e politica superando la “liquidità” e affrontando le contraddizioni all’interno di una “visione organica”.
Sicuramente varrà la pena di continuare ad approfondire nelle pieghe di un pensiero costantemente rivolto alla ricerca dell’originale della modernità: in tante occasioni riscontriamo però che l’originale, alla fine, si intreccia con il passato più di quanto non siamo portati a credere.
FRANCO ASTENGO
redazionale
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