“Rosato ti bruceremo vivo”. C’è chi l’ha definita “una battuta”, ma bisogna avere molto poco senso terminologico e anche espressivo per rubricare una frase del genere nella categoria delle freddure.
E qui, più che di freddo si parla di fuoco, di fiamme. Di scintille anche: quelle che la campagna elettorale per le regionali siciliane alimenta negli scontri tra gli schieramenti in campo.
Ma c’è davvero bisogno di anatemi e di odio così violentemente espresso con parole che, francamente, fanno pensare ad un linciaggio?
Si può essere anche terribilmente lontani dalle posizioni di Rosato, come è nel mio caso, ma non si può anche soltanto figurativamente evocare non una metafora ma una situazione in cui un avversario possa essere immaginato come oggetto di un attacco che fuoriesca dal contesto politico e sociale in cui viene a definirsi un determinato provvedimento legislativo che non ci piace.
Se vogliamo contribuire a spegnere l’odio come mezzo di (s)contro politico ed anche (anti)sociale, allora dobbiamo tutte e tutti evitare toni muscolari, frasi bellicose.
Meglio i mezzi termini a volte di certi termini.
(m.s.)
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