L’appello è alle nostre istituzioni, parlamento e governo: fermiamo la partecipazione alle guerre, la produzione di armi, ridisegniamo le linee guida della nostra politica estera, ripartiamo dal dettato costituzionale.
Ambiente, salute, educazione, giustizia sociale, beni comuni, lavoro sicuro e con diritti per tutte e per tutti, difesa civile e nonviolenta, messa al bando delle armi nucleari. È solo a partire da queste scelte e con una politica ancorata, e non solo proclamata, ai nostri principi e valori universali che si costruisce la pace e si riparte con un’economia disarmata, con un commercio davvero equo dove il profitto non è bagnato di sangue e intriso di sfruttamento e di ingiustizie, ma diventa servizio e risorsa per il benessere dell’umanità.
A quante crisi, quante guerre, quanti lutti, quante ingiustizie dobbiamo ancora assistere prima di fermare questa folle rincorsa a sostenere un modello di sviluppo distruttivo, escludente, fonte di una concentrazione di ricchezza mai registrata nella storia dell’umanità e incapace di rispondere alla più elementare delle necessità, l’accesso universale alla salute, la protezione e la cura dell’umanità? Può questa società essere costruttrice di pace?
La risposta è no, dobbiamo cambiare modello economico, cultura, politica. Questa è l’impresa titanica che abbiamo di fronte, senza sviare le decisioni cruciali che abbiamo di fronte con supposti interessi superiori (siano essi le alleanze storiche, oppure i vantaggi nazionali o per ultimo la ripresa di vecchi sovranismi identitari).
Dobbiamo valutare appieno, anche nel cambio di forma dei conflitti, cosa siano stati questi vent’anni di guerra in Afghanistan così come tutte le altre guerre provocate o foraggiate tutt’attorno all’Europa, il ruolo di Israele nel contesto regionale e la paralisi del processo di pace con i palestinesi, la crisi del progetto politico europeo, la debolezza del sistema delle Nazioni unite, le migrazioni e le richieste di protezione che non sappiamo capire e gestire. E la crisi climatica sullo sfondo, acuita da quei grandi inquinatori che sono gli eserciti.
Il piano nazionale di Ripresa e Resilienza è la nostra opportunità. Come Rete Italiana Pace e Disarmo abbiamo trasmesso al governo le nostre proposte, frutto di un lavoro collettivo di riflessione, analisi e studio che indicano una strada diversa per una politica estera che guardi all’Europa come «potenza di pace»; la riconversione per un’economia disarmata e sostenibile; la difesa civile non armata e nonviolenta; il servizio civile universale; l’educazione alla pace dall’infanzia all’università, lo 0,7% per la cooperazione internazionale.
Proposte chiare che ancora oggi attendono risposte e che invieremo di nuovo a governo e parlamento nel corso della nostra prima Assemblea nazionale.
Insieme a una serie di domande che da tempo chiedono risposte urgenti: «Italia, ripensaci» per la ratifica del Trattato Onu per la messa al bando delle armi nucleari e la conseguente rimozione delle testate statunitensi presenti nel nostro Paese; il riconoscimento dello Stato di Palestina dando seguito alle dichiarazioni di sostegno alla soluzione «due Stati per due popoli» per porre fine all’occupazione e consentire la ripresa del dialogo tra pari e la costruzione della pace giusta in quella martoriata regione; pieno rispetto della Legge 185 del 1990 e del Trattato internazionale Att in materia di vendita di sistemi militari; il riconoscimento e il finanziamento della Difesa civile non armata e nonviolenta con l’approvazione del testo di legge che abbiamo presentato alla Camera e al Senato.
La nostra Rete, frutto della collaborazione e della fusione di Rete Disarmo e Rete Pace, ha le radici nell’impegno dal basso della società civile, riunisce più di 70 associazioni e sindacati che hanno fatto del loro impegno per la pace, il disarmo, la nonviolenza, l’ambiente, l’accoglienza, la cooperazione, il volontariato, il servizio civile e la solidarietà il proprio modo di vivere e di esser parte della comunità.
Questa prima Assemblea nazionale, che si realizza tra venerdì 17 e sabato 18 settembre a Roma, rinviata più volte a causa dell’emergenza sanitaria, sarà un momento di confronto e di dibattito per rilanciare le campagne in corso, per definire programma, azioni e mobilitazioni future. E servirà anche a dimostrare la vitalità del movimento pacifista italiano, molto più dinamico e capace di lavorare per obiettivi comuni di quanto usualmente venga dipinto.
Non c’è tempo da perdere: vogliamo costruire una politica per la pace, con campagne e obiettivi precisi da raggiungere.
SERGIO BASSOLI
Coordinatore Cabina di regia – Rete Italiana Pace e Disarmo
foto: screenshot, opera di William Monk