Dopo tre giorni il candidato del centrosinistra in Basilicata, l’oculista Domenico Lacerenza, annuncia il ritiro. Evidentemente l’operazione di trapianto tentata dal Pd nazionale tra le contrarietà dei dem lucani, per sostituire il candidato in campo da mesi Angelo Chiorazzo con uno gradito a Conte, ha suscitato rigetto. E dopo tre giorni di passione l’oculista si è fatto da parte, decidendo di restare a fare il suo lavoro in ospedale e sottraendosi al vespaio in cui si era infilato.
La notizia è arrivata ieri pomeriggio dopo molte ore di summit tra Lacerenza e i vertici lucani dei partiti che lo avevano indicato. Ci sono state pressioni, in particolare da Conte, per convincerlo a restare in pista, ma non sono bastate. Troppo forte il malumore dei dem locali per una scelta calata dall’alto da Roma, troppo diffusi i dubbi su un civico che non si era mai occupato di politica, evidentemente poco avvezzo alla lotta nel fango che è spesso la politica sui territori.
«È una decisione – spiega Lacerenza in un comunicato – presa con assoluta serenità e anche nell’interesse delle forze politiche che hanno voluto propormi. Avevo dato la mia disponibilità, ma non posso non registrare le reazioni che ci sono state in seguito. In ogni caso voglio che lo spirito che ha portato alla proposta che ho ricevuto, cioè la ricerca dell’unità dei moderati e progressisti e l’offerta di una coalizione capace di battere il centro destra in Basilicata, sia preservato, e per questo faccio un passo indietro». «Lo devo anche alla mia storia professionale e per rispetto alla comunità dei lucani. Ringrazio – ha concluso – quanti hanno espresso fiducia nei miei confronti, e in particolare Elly Schlein, Giuseppe Conte e Angelo Chiorazzo».
La citazione di chiorazzo non è casuale: il re delle coop bianche aveva dato l’indispensabile via libera alla sua sostituzione dopo il pressing dei vertici nazionali di Pd e M5S. E tuttavia il passo indietro era stato tutt’altro che indolore, più subìto che frutto di una intima convinzione sulle migliori capacità di riuscita di Lacerenza. Chiorazzo non ha fatto nulla per sopire la rivolta del pezzo di Pd lucano (vicino all’ex ministro della Salute Speranza) che non si è arreso alle decisioni romane e ha continuato a insistere sulla sua candidatura, con documenti e petizioni online.
E non a caso oggi il suo nome resta in cima alla lista dei papabili: con o senza il sostegno del M5S. «Avanti tutta su Chiorazzo», scrive sui social il coordinatore lucano dei verdi, Giuseppe Digilio. L’agenzia Agi ieri ha scritto che i grillini, dopo la rottura col Pd in Piemonte, sarebbero pronti a correre da soli anche in Basilicata. La cosa certa è che il ritiro di Lacerenza è stato uno choc. E ora anche dalla sede nazionale di Campo Marzio non si esclude nessuna ipotesi, neppure quella di una corsa solitaria.
Il PD è stato confusionale. Per ore dal Nazareno non è filtrato neppure un commento sul clamoroso forfait del candidato lucano: i due emissari di Schlein, Igor Taruffi e Davide Baruffi, ieri erano impegnati a Torino per evitare spaccature nel partito sul candidato alla regione (si vota a giugno). Di colpo sono stati ricatapultati sul dossier Basilicata, per tentare almeno di tenere unita la coalizione con i 5S e trovare, in tempi rapidi, un nuovo candidato (le liste vanno presentate entro il 23 marzo). Nel frattempo in casa dem si è autocandidato a governatore l’ex presidente del consiglio regionale Piero Lacorazza.
Ma non è affatto scontato che i 5s restino della partita. Già circolano i nomi di due donne che Conte potrebbe schierare come candidate presidente, Alessia Araneo, consigliera comunale di Melfi, e Viviana Verri, consigliera a Pisticci e primo sindaco del movimento in Basilicata nel 2016. Conte, parlando agli attivisti a Napoli, definisce la situazione lucana «incandescente» e torna sul no a Chiorazzo: «L’ho detto a lui: rappresenta una realtà imprenditoriale importante che opera nel settore socio-sanitario, e noi vogliamo prevenire i conflitti d’’interesse».
Quanto a Lacerenza, il leader del M5S dice che «era la persona giusta ma hanno iniziato a impallinarlo, come è successo a me quando ero premier, è diventato il gioco di correnti locali». E a Calenda che in queste ore sta cannonneggiando contro l’ex premier (sostenendo che sia «un qualunquista che vuole distruggere il centrosinistra»), Conte risponde a muso duro: «A chi ci sta insultando in queste ore dico che noi non appoggeremo le famiglie che governano da 40 anni in Basilicata e non approviamo la politica sanitaria che si è sviluppata negli ultimi decenni». Il riferimento implicito è alla famiglia Pittella: Marcello, ex governatore, ora è il leader di Azione in quella regione.
Acclarato che Conte e Calenda non saranno alleati, il Pd si trova col cerino in mano. Può tentare di mantenere il fronte giallorosso trovando qualcuno disposto a immolarsi; oppure ritirare fuori la carta Chiorazzo, che potrebbe alla fine ottenere il via libera di Calenda-Pittella (che solo oggi diranno cosa intendono fare, compresa l’ipotesi di andare a destra). Mentre Renzi si è già accordato con la destra di Bardi per uno strapuntino nella futura giunta. Comunque vada, ormai, la sconfitta per il Pd è quasi certa.
ANDREA CARUGATI
foto: screenshot tv