Il gioco del meno peggio, almeno per me, è finito da tempo. Sulla base di questo pseudo divertimento al ricatto permanente si è logorata la democrazia parlamentare e si è frustrato il Paese a morire di leaderismi e a dimenticare le idee, la connessione tra attualità del pragmatismo e prospettiva della trasformazione.
Chi già da anni e anni, da lustri, ha perso il gusto per la difesa dei diritti sociali e ha accettato trasformazioni politiche mostrandosi come ancora di sinistra e magari comunista, pensando di poterlo fare come se gli altri fossero dei servi sciocchi, ha sbagliato i conti. E i conti, come i nodi, vengono al pettine e alla tiratura della somma.
E la somma oggi è una sottrazione per quel 40% di ceto medio, di borghesia e di imprenditori uniti ad una piccola parte di popolo che si è fatto sedurre da promesse e banalità renziane, degne del peggiore berlusconismo d’antan.
Non mi spaventano gli avversari: ho sempre pensato che l’autonomia dei comunisti fosse tale solo in relazione alla diversità che rappresentano.
Il PD, i grillini, le destre storiche, sono tutti avversari miei. Non ne faccio motivo di orgoglio, ma ne faccio motivo di costruzione di una alternativa veramente di sinistra. E non un lento trascinarsi nella diatriba del governismo da ricercare a tutti i costi, dell’inseguimento di una idea di centrosinistra che è morta, più morta, cotta e stracotta di forze come Rifondazione Comunista che saranno anche marginali ma che sono ancora vive in qualche modo e che, nel loro piccolo, producono qualche azione in direzione di questa rinascita dell’alternativa.
(m.s.)
foto tratta da Pixabay