Una combinata serie di circostanze, voluta tramite il mantenimento di una legge elettorale capestro per la rappresentanza democratica della delega parlamentare, ci vede oggi – ad oltre 40 giorni dal voto – con le Camere pressoché inattive, il governo in carica per gli affari correnti in “prorogatio” continuata e dieci “saggi” eletti a questo ruolo dal Quirinale per indovinare qualche punto di convergenza e uscire dall’impasse.
Ormai tutti abbiamo capito che la partita che si gioca è proprio quella del Colle per antonomasia. Il settennato fa gola per il ruolo non più meramente rappresentativo che aveva avuto sino a poco tempo fa e che, invece, alcuni presidenti recenti hanno trasformato in un potere dello Stato da figura di garanzia e rispetto della Costituzione quale era e dovrebbe continuare ad essere.
Dunque Bersani ha ragione a dire più e più volte in televisione che lui ben poco c’entra nella fossilizzazione attuale della politica italiana, nella stagnazione sulla designazione delle tanto citate commissioni parlamentari.
Una vicenda quest’ultima citata che ha dell’incredibile: è buona prassi, e quindi buona norma non scritta (all’inglese…), che le commissioni dei rispettivi rami del Parlamento italiano siano formate sulla base degli equilibri parlamentari. Ergo, siano formate in base al governo che le elezioni hanno consegnato al Paese, stabilendo chi stà in maggioranza e chi all’opposizione.
I grillini sbraitano, si agitano, urlano al colpo di Stato per bocca e tastiera del loro vate, perché a loro dire il Parlamento può funzionare anche senza il governo e, seguendo quindi questo tutto loro filo “logico”, le commissioni sarebbero dunque costituibili anche ora.
Peccato che la democrazia esiga che le regole vadano rispettate: anche e soprattutto quelle non scritte, perché quelle scritte possono cambiare, ma difficilmente le consuetudini dettate comunque dai regolamenti parlamentari e dell’espressione popolare possono essere oggetto di cambiamento e deviazione dal percorso ultracinquantennale varato dalla Costituente repubblicana.
Il comportamento di Beppe Grillo è un esempio di autoritarismo velato, che vorrebbe apparire iper rispettoso della Costituzione, delle norme più alte e sacre che regolano la vita del Paese e che invece, in un men che non si dica, le viola apertamente quando si comporta come il padre-padrone del suo movimento ed esige le dimissioni di Massimiliano Cardullo e lo caccia dal movimento per averlo criticato su Facebook. Vicende che si attorcigliano tra i “sentito dire” e i “forse”, i “se” e i “ma”. Nulla viene dato per certo, ma il tratto autoritario emerge e la pericolosa distanza da un valore veramente sacro come l’antifascismo fa il resto.
E’ dell’altro ieri la notizia che ad Empoli i Cinquestelle hanno proposto in un loro volantino di tagliare, dai costi della politica locale, anche i fondi per la visita ai lager (loro scrivono “lagher”… forse avrebbero bisogno di visitarli anche per sapere come si scrive correttamente la parola che sotto la quale sono morti milioni e milioni di persone per il solo fatto di essere ebrei, apolidi, zingari, omosessuali, testimoni di Geova, oppositori politici, eccetera… eccettera…) nazisti in territorio austriaco.
E’ un altro tassello che si aggiunge agli abboccamenti con i ragazzi di Casa Pound, alle critiche verso le politiche di tutela dei migranti, o alle stigme che Grillo ha riservato ai rom più volte… Per non parlare di altre “etnie”… da portare in caserma e fargli dare un po’ di botte dalla polizia. “Tanto fanno così…”, disse espressamente Grillo durante uno dei suoi spettacoli, allora ancora “paganti”.
Il disfacimento della consuetudine ha relegato in un angolo le norme e tutta la loro portata di tenuta del tessuto democratico: il Parlamento privo di un governo da incaricare di eseguire le leggi; un governo dimissionario che resta in carica con tanto di raccomandazione di Mario Draghi a Napolitano (i dieci saggi sono lì per caso?); un voto che non vale niente ormai e su cui, più che legittimamente, molti cittadini cominciano ad interrogarsi.
Dare forza ad un movimento che ottiene ben 9 milioni di consensi e il 25% quindi dell’elettorato che si è validamente espresso, e vedere poi questa forza fare ostruzionismo nella formazione di un qualsiasi esecutivo, anche standone in separata sede, senza avere alcuna responsabilità di gestione del Paese, senza dunque nemmeno vedere la nascita di una opposizione a quella che loro stessi hanno definito demagogicamente e per troppo tempo “la Casta”; ebbene, dare il proprio voto a Grillo e ai Cinquestelle e vedere questo voto congelato nella antidinamicità dei grillini è francamente disarmante.
La filosofia grillina, o forse sarebbe meglio dire: di Grillo, è questa: noi non ci mischiamo col resto della politica, del Parlamento. Non mischiandoci rimaniamo incontaminatamente puri. Una purezza che darà i suoi frutti solo se il PD cadrà nelle braccia di Renzi e nel tranello del governissimo col PDL.
Così Grillo potrà fare nuovamente la voce grossa nelle piazze e urlare che sono tutti uguali e che lui e i suoi “cittadini” onorevoli sono gli unici che non hanno bevuto alla fonte del potere e che quindi non conoscono l’avidità di chi ha assaporato la bevanda inebriante che allontana dagli interessi della collettività e porta a privilegiare esclusivamente quelli privati.
Gioco sporco, pericoloso quello di Grillo. In nome della moralizzazione e della democratizzazione dal basso della politica, usa proprio la politica non per cambiarla ma per aumentare solo i propri consensi.
Un gioco pericoloso due, tre, cento volte perché rischia di diventare un boomerang per la democrazia che morirebbe proprio – come le è già capitato del resto – per mano di chi dice di essere il portatore unico e vero di una rivolta popolare, di un risanamento democratico e di una cacciata del malcostume e dell’amministrazione dello Stato come se fosse un bordello.
Grillo usa il consenso che gli è stato dato per avere ancora più consenso senza preoccuparsi minimamente di ottenere nell’oggi condizioni di miglioramento della politica del Paese, avvicinando proprio oggi, nell’immediato, nel contingente quei Palazzi così distanti dalla vita quotidiana di tutte e tutti noi.
A giocar col nero perdi sempre… E tuttavia, diceva De Andrè, “Mussolini ha scritto anche poesie… I poeti che strane creature…”. Chiunque ci può ingannare, ma un vaccino democratico dovrebbe essere ancora oggi costituito proprio dall’antifascismo, dall’antiautoritarismo.
La sinistra ha e deve avere questo compito. Non è possibile e non dovrà essere possibile pensare alla costituente di un nuovo soggetto politico a sinistra senza mettere alla sua base l’antifascismo e qualunque rifiuto di ogni coazione, coercizione e limitazione dei diritti civili e sociali.
La Costituzione più lo slancio libertario del comunismo devono essere, senza alcuna demagogia ma con la naturale semplicità di chi parla senza troppi bizantinismi, le bussole per fondare e rifondare la Sinistra Italiana. Scrivo questo nome aggettivato a lettere maiuscole perché, come ho già avuto modo di scrivere mesi fa, vorrei che fosse il nome del nuovo soggetto politico formato dai comunisti, dagli ecologisti, dai progressisti in generale, da tutte e tutti coloro che hanno a cuore la difesa degli interessi degli sfruttati, dei lavoratori, dei più deboli e miseri della società. Di chi non si può difendere da Equitalia e si suicida perché l’alternativa resta solo la morte invece che la forza per lottare. Di chi si dice esausto per continuare a cercare un lavoro e finisce nella squallida, anonima categorizzazione della rassegnazione, calcolata con la freddezza matematica dell’Istat.
Ogni divisione su tutto questo, ogni particolarismo sarebbe il tradimento peggiore per chi oggi è senza sponda. E non solo politica, ma di vita. Se, come uomini e donne impegnati nella messa in pratica quotidiana della voglia di cambiare in meglio la società dalla parte dei più derelitti, possiamo muovere in chiave protettiva anche un solo millimetro l’asticella della disaffezione alla vita e al lavoro che oggi regna sovrana, noi abbiamo il dovere di perseguire questa via e di non lasciarci convincere alla migrazione, all’abbandono da nessuna motivazione. Qualunque essa sia.
E’ importante che questa linea politica sia autonoma, almeno in questa fase costituente, da ogni dipendenza o compromesso col centrosinistra. Noi dobbiamo recuperare un dialogo con le forze democratiche, col PD, con Sel. Ma non possiamo in un atto costituente essere condizionati dalla politica delle alleanze. Verrà in seguito la decisione su quale strategia adottare per dare forza ad una nuova Sinistra Italiana.
A parlarne e scriverne così, vi assicuro, sembra e forse è un cammino lontano… Facciamo in modo che la prospettiva si riduca e, con buona pace di mastro Giotto, torni davanti a noi una visuale piatta, senza profondità. Abbiamo bisogno di sbatterci la faccia, di essere messi direttamente a confronto con i pericoli antisociali che rischiamo di vivere, anche attraverso i populismi grillini o i ritorni di fiamma del delinquenziale berlusconismo mai veramente tramontato.
MARCO SFERINI
11 aprile 2013