«Vorrei veramente essere un neurone che entra a vedere chi è che ha pensato le norme generali sull’istruzione come possono essere trasferite in maniera esclusiva alle regioni, perché il nome stesso della materia prefigurerebbe che se sono generali non dovrebbero essere oggetto di differenziazione». Centralismo bieco? No. È l’opinione di Calderoli, caterpillar delle autonomie, espressa in replica nell’audizione del 15 dicembre nella commissione affari costituzionali della Camera. Apprezziamo e condividiamo. Ma vogliamo segnalare al ministro almeno due profili che meriterebbero un approfondimento.
Il primo. La considerazione svolta sulle norme generali (art. 117.2, lett. n) è in realtà applicabile a non poche altre materie (117.3), che non richiamano un carattere di generalità, ma si mostrano analogamente incompatibili con la differenziazione. Il secondo. Il ministro afferma che non tocca a lui mettere o togliere materie dal menu dell’autonomia differenziata, fissato in Costituzione. Ma certo gli tocca indicare l’indirizzo del governo nella trattativa con le regioni. E sarebbe utile che tutti ne avessero consapevolezza.
Sapere, ad esempio, che non si tratta: sulla scuola, perché è un tema sensibile per l’identità stessa del paese; sull’energia, perché con la crisi in atto non sono pensabili risposte in chiave localistica; sulla sanità, avendo la pandemia dimostrato la necessità di un recupero almeno parziale verso lo stato; sui rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni e sul commercio con l’estero, per la necessità di rafforzare la capacità del paese di reagire ai mutati scenari geopolitici; sulla tutela e la sicurezza del lavoro, perché si indebolirebbe il contratto nazionale, presidio fondamentale di eguaglianza tra i lavoratori; su infrastrutture strategiche di livello nazionale come ferrovie, autostrade, porti e aeroporti, perché sono strumenti indispensabili di politiche volte a superare i divari territoriali; sull’ambiente, per l’incidenza sui temi della transizione ecologica.
In realtà, abbiamo un indirizzo non di governo, ma di Calderoli, inclusa una tempistica accelerata. Entro il 2022 la legge di attuazione dell’art. 116.3 in consiglio dei ministri, e a partire dal 1° gennaio 2024 i trasferimenti di funzioni. Ma su un tema che in prospettiva cambia il volto del paese è troppo chiedere subito un dibattito nelle aule parlamentari che si concluda con un atto di indirizzo per il governo?
Invece, arrivano l’art. 143 della legge di bilancio che tra cabina di regia, dpcm ed eventuale commissario disegna una emarginazione pressoché totale del parlamento. Cui segue per emendamento un art. 143 bis che introduce una segreteria tecnica della cabina di regia e non fa che rafforzare quel disegno originario.
Continuando nella finzione che i livelli essenziali delle prestazioni (Lep) siano questione tecnico-burocratica, e non un primario problema politico di definire quali materie, in quali ambiti di materia, con quali risorse e con quali tempi. I Lep presuppongono una idea del paese, soprattutto per il punto di quanto lo si voglia eguale, e di come si assicuri la massima efficienza di sistema concretamente possibile. Indiscutibilmente, scelte politiche.
Non accade per caso. Zucaro su queste pagine ha sottolineato che l’asse del sistema politico si è spostato dal centro e dalla classe dirigente nazionale verso la periferia e il ceto politico regionale e locale. È vero, e non da ora. Già nel 2005 in un libro scritto a quattro mani con Cesare Salvi (“Il costo della democrazia”) parlavo – con un temine volutamente dispregiativo – di «spaghetti federalism».
I partiti nazionali che erano struttura portante di una Costituzione ancora giovane non sono più. Non è un caso che per la rinascita del Pd il possibile futuro segretario Bonaccini pensi a un partito di amministratori regionali e locali.
In ogni caso, non vogliamo che il ministro-neurone vada in sofferenza per le carenze del Titolo V. Per correggerle, abbiamo presentato e stiamo raccogliendo le firme – con il sostegno dei maggiori sindacati della scuola, di soggetti rappresentativi della storia della Repubblica e della sinistra come l’Anpi, di associazioni e comitati di cittadini – su una proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare per la modifica degli art. 116.3 e 117, per l’eguaglianza dei diritti e l’unità del paese.
Saremmo lieti di ospitare la sua firma, con lo SPID, su www.coordinamentodemocraziacostituzionale.it.
MASSIMO VILLONE
Foto di Thiago Matos