A mezzogiorno di ieri, 21 agosto, sono state raggiunte le 500 mila firme necessarie a promuovere il referendum sull’autonomia differenziata, come prevede la Costituzione. Il mezzo milione raccolto sulla piattaforma digitale si aggiunge alle firme collezionate nei banchetti allestiti in tutta Italia da Cgil, Uil e dalle altre 32 organizzazioni che compongono il Comitato promotore: secondo le stime sono, fino a ora, almeno altre 300 mila circa, da autenticare.

«In sole tre settimane abbiamo raggiunto mezzo milione di firme digitali, un risultato straordinario e per certi versi inaspettato per la sua rapidità, peraltro conseguito in un mese per nulla favorevole a questo genere di iniziative», comunica il Comitato referendario per l’abrogazione della legge Calderoli. Il comitato annuncia anche di aver moltiplicato le iniziative previste a settembre, ultimo mese utile per la sottoscrizione, «per spiegare le ragioni della mobilitazione e i pericoli di una legge che aumenterà i divari territoriali e le diseguaglianze sociali, minerà alle fondamenta il welfare, compromettendo la coesione sociale e lo sviluppo».

La raccolta firme contro lo Spacca Italia era partita il 20 luglio scorso con i banchetti, una settimana dopo si è aperta la sottoscrizione sulla piattaforma digitale dello Stato. Soddisfazione è stata espressa da tutti i partiti di opposizione. Parla di «messaggio forte e alla destra e al governo», Nicola Fratoianni di Avs, con il collega Angelo Bonelli che si augura il superamento del milione di firme, “questa partecipazione – ha detto il verde – dimostra quanto sia sentito il tema della difesa della Costituzione».

Per il Pd si tratta di un «chiaro avviso di sfratto al governo Meloni», come ha dichiarato il deputato Marco Simiani. Mentre il leader del Movimento Cinque Stelle, Giuseppe Conte si è complimentato con la presidente della Regione Sardegna, Alessandra Todde, per la decisione di impugnare il disegno di legge sull’autonomia differenziata davanti alla Corte Costituzionale. «È un atto di grande coraggio e forza politica – ha detto Conte – la testimonianza che gli italiani non permetteranno che vengano compromesse l’unità e la coesione nazionale».

Parallelamente alla raccolta di firme per il referendum abrogativo di iniziativa popolare, si stanno muovendo, con la proposta di quesiti parziali, anche le cinque regioni governate dal centrosinistra. Dopo la giunta regionale pugliese e quella dell’Emilia Romagna, ieri anche quella toscana e la sarda, appunto (quest’ultima già regione a statuto speciale), hanno deliberato il ricorso contro il provvedimento simbolo della Lega.

La Sardegna ha chiesto l’annullamento totale o parziale del decreto Calderoli in quanto «viola l’articolo 116, comma 3 della Costituzione» e «il principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni, non prevedendo adeguate forme di coinvolgimento delle Regioni nel processo». La giunta guidata dal M5S sottolinea anche come delega al governo per la determinazione dei Lep (Livelli Essenziali delle Prestazioni) sia «carente di principi e criteri direttivi».

«Sono orgogliosa che la Sardegna sia capofila in questa battaglia in difesa di chi ha di meno e contro la volontà di questo governo di aumentare una disparità inaccettabile tra i territori – ha commentato la governatrice Todde – non possiamo tollerare una legge che favorisce le regioni più ricche, è nostro dovere opporci a scelte politiche che indeboliscono il nostro Paese, vorrebbero silenziare le regioni più povere e metterci gli uni contro gli altri».

Nelle prossime settimane anche la Campania si dovrebbe muovere in questo senso. Il presidente Vincenzo De Luca ha comunicato che gli avvocati della Regione sono al lavoro sul ricorso.

LUCIANA CIMINO

da il manifesto.it

foto: screenshot ed elaborazione propria