Alcuni acuti analisti concordano nel definire la fase storica che stiamo attraversando comparabile con quella descritta da Karl Marx nel “18 Brumaio di Luigi Bonaparte”, scritto nel 1852 per analizzare il colpo di Stato del 2 Dicembre 1851 con il quale l’allora allora presidente della Repubblica francese sciolse l’Assemblea nazionale e organizzò un plebiscito che approvò il prolungamento a dieci anni del mandato presidenziale, e il 2 dicembre 1852 pose formalmente fine alla Seconda Repubblica proclamandosi imperatore dei Francesi con il nome di Napoleone III.
Nella Francia post monarchica, il colpo di Stato del 18 brumaio, anno VIII della Rivoluzione (9 novembre 1799), compiuto da Napoleone Bonaparte, segnò, invece. la fine del Direttorio – già fautore di un colpo di Stato il 18 fruttidoro dell’anno V (4 settembre 1797) – e della Rivoluzione stessa, dando inizio al Consolato guidato dalle personalità di Bonaparte, Sieyès e Ducos. Quella data fu assunta da Marx per il titolo del suo libro per segnalare il ripetersi della situazione dal punto di vista del colpo di Stato, nel ripetersi della storia : “Ogni 14 Luglio ha il suo 18 brumaio”.
Per motivare la comparazione tra il testo di Karl Marx che descrive e analizza il colpo di stato di Luigi Bonaparte e l’attualità (anche dal punto di vista del lessico) è il caso di riferirci però alla teoria dei corsi e ricorsi elaborata da Giovan Battista Vico, nel suo la “Scienza Nuova” scritto nel 1744 . In quell’opera il filosofo napoletano era convinto che la storia fosse caratterizzata dal continuo e incessante ripetersi di tre cicli distinti: l’età primitiva e divina, l’età poetica ed eroica, l’età civile e veramente umana. Il continuo ripetersi di questi cicli non avveniva per caso ma era predeterminato e regolamentato, se così si può dire, dalla provvidenza. Questa formulazione di pensiero è comunemente nota come “teoria dei corsi e dei ricorsi storici”.
In parole povere, il Vico sosteneva che alcuni accadimenti si ripetevano con le medesime modalità, anche a distanza di tanto tempo; e ciò avveniva non per puro caso ma in base ad un preciso disegno stilato della divina provvidenza.”
Tornando all’analisi marxiana del colpo di stato napoleonico è necessario ricordare che ad accantonarla , nel corso del tempo, ci hanno provato in tanti, da Croce ai profeti americani sulla fine della storia.
Sono però gli accadimenti reali a far scendere ogni volta Marx dagli ambienti polverosi in cui era stato sbrigativamente confinato. Le sue categorie si confermano essenziali per comprendere il moderno.
“Il 18 brumaio” è la prima opera classica sulla caduta dei regimi democratici e sull’insorgenza del fenomeno populista.
Marx nell’occasione analizza le basi sociali, le credenze, i simboli della soluzione carismatica alla crisi della rappresentanza. In un tempo di facili esaltazioni per la leadership e per la personalizzazione del potere, l’opera di Marx restituisce la complessità della vicenda politica, gli intrecci tra istituzioni, interessi, idee.
Proprio il tipo di analisi della complessità che oggi manca come base dell’organizzazione e dell’iniziativa politica.
Possiamo riflettere allora proprio sulla base dell’analisi contenuta nel 18 Brumaio in rapporto all’attualità, anche nella terminologia ( caduta dei regimi democratici, insorgenza del fenomeno populista, soluzione carismatica della crisi della rappresentanza) e sulla risposta che si verificò in allora, posta in particolare proprio in relazione all’assunto affermato da Marx del trattarsi di un passaggio della lotta di classe.
Riportiamo allora un passaggio della prefazione di Engels alla terza edizione:” Fu proprio Marx ad aver scoperto per primo la grande legge dell’evoluzione storica,la legge secondo la quale tutte le lotte della storia, si svolgano sul terreno politico, religioso, filosofico, o su un altro terreno ideologico,in realtà non sono altro che l’espressione più o meno chiara di lotte fra classi sociali; secondo la quale l’esistenza, e quindi anche le collisioni, di queste classi sono a loro volta condizionate dal grado di sviluppo della loro situazione economica, dal modo della loro produzione e dal modo di scambio che ne deriva”.
La risposta a quel passaggio storico così acutamente identificato fu quella dell’organizzazione politica, del proletariato che si fece portatore di un interesse universale, attraverso la costruzione del partito: quell’organizzazione che oggi manca per fornire una risposta adeguata ai fenomeni incombenti.
Certo sono cambiate completamente le condizioni di contesto e le esperienze storiche: però un pensiero a quanto accaduto in quel tempo, oltre alla ennesima verifica della straordinaria modernità del filosofo di Treviri, forse sarebbe il caso di svilupparlo non soltanto per rinfrescarci la memoria.
«Scegliere istintivamente ciò che è nocivo, lasciarsi sedurre da motivazioni non finalizzate: ecco la definizione di decadenza» (Nietzsche. Il crepuscolo degli idoli, Adelphi 1983)
FRANCO ASTENGO
redazionale
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