Attentato a Ankara, il governo di Erdogan punta il dito sul Pkk

Almeno 4 le vittime. La Nato esprime solidarietà alla Turchia

Ieri, mercoledì 23 ottobre, c’è stato un attentato presso la fabbrica militare Tusas (Società anonima dell’industria aeronautica turca) di Ankara, in Turchia. Verso le ore 15:30, durante il cambio turno, tre persone armate hanno aperto il fuoco. Gli attentatori, in possesso di esplosivi, si sono scontrati con il personale armato all’ingresso della fabbrica. Sono state inviate squadre speciali, vigili del fuoco e soccorsi. Il ministro dell’Interno, Ali Yerlikaya, ha annunciato che due attentatori sono stati uccisi, con quattro vittime e quattordici feriti, tre dei quali in gravi condizioni.

Dopo l’attacco, sono circolate immagini delle telecamere di sicurezza che mostravano chiaramente i volti degli attentatori mentre entravano nella fabbrica. Pochi minuti dopo, l’Autorità suprema per la radio e la televisione ha imposto il silenzio stampa, rendendo difficile l’accesso a social come X, Instagram e Facebook a causa della riduzione della banda.

La Tusas, fondata nel 1973, ha avviato nel 1984 una joint venture con gli Usa per la produzione di F-16. Nel 2005, unendosi a Tai, ha acquisito le azioni statunitensi, diventando «totalmente turca». Negli ultimi anni, l’azienda ha acquisito importanza grazie agli investimenti di Ankara nella produzione bellica, realizzando prodotti strategici come i droni armati Anka e gli elicotteri Atak, sviluppati dall’Agusta Westland AW129.

L’attentato di Ankara segue la storica dichiarazione di Devlet Bahçeli, leader del Partito del Movimento nazionalista (Mhp), che ha invitato Abdullah Öcalan, leader del Pkk, a parlare al gruppo parlamentare del Partito dell’uguaglianza e della democrazia del popolo (Dem), a patto che dichiari la fine della lotta armata e lo scioglimento del Pkk.

Öcalan è in isolamento in un penitenziario a Imrali, condannato all’ergastolo con l’accusa di terrorismo e senza contatti con familiari o avvocati da quattro anni. L’invito di Bahçeli ha sorpreso e sollevato domande su un possibile dialogo tra il Pkk (Partito dei lavoratori del Kurdistan) e lo Stato turco.

La tempistica dell’attentato ha suscitato sospetti tra i cittadini e nel mondo politico. Sezai Temelli, vicepresidente di Dem, ha dichiarato: «Il tempismo è significativo. La provocazione è evidente in ogni suo aspetto». Devlet Bahçeli, su X, ha scritto: «Nessun progetto sanguinoso e traditore potrà resistere alla nostra unità e fratellanza nazionale. Coloro che utilizzano il terrorismo come strumento oscuro non otterranno risultati e non potranno mai spezzare la nostra determinazione a combattere».

In serata è arrivato un messaggio da Selahattin Demirtas, detenuto politico condannato a 42 anni ed ex co-presidente del Dem: «Condanniamo l’attacco ad Ankara, offriamo condoglianze alle famiglie delle vittime e auguriamo pronta guarigione ai feriti. Non permetteremo che la voce di chi chiede la pace venga silenziata».

Il leader dell’opposizione, Özgür Özel, ha interrotto il tour che aveva organizzato nel sud-est della Turchia per attirare l’attenzione sui problemi delle popolazioni curdofone. Il suo partito, il Chp, ha convocato una seduta straordinaria del Comitato Esecutivo Centrale, e Özel ha condannato l’attentato con un messaggio su X.

Il Presidente della repubblica Erdogan, nel suo messaggio su X, ha affermato che l’attentato contro Tusas, una delle fabbriche militari più strategiche, è un attacco spregevole contro la sopravvivenza del Paese e le iniziative di difesa, simbolo dell’ideale di una Turchia indipendente.

I primi messaggi di solidarietà internazionale sono arrivati da Mark Rutte, segretario generale della Nato, dall’Ambasciata statunitense di Ankara, dal ministero degli Esteri armeno e da Olaf Scholz, cancelliere tedesco. Pochi minuti dopo, il ministro della Difesa nazionale, Yasar Güler, ha dichiarato che dietro l’attacco ci sono i militanti del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk). L’attentato non è stato, finora, rivendicato da nessuna organizzazione.

MURAT CINAR

da il manifesto.it

foto: screenshot tv

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EsteriTurchia e Kurdistan

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